Nicolas Froment - Il restauro della Resurrezione di Lazzaro
Si tratta di una delle opere più considerevoli della collezione di pittura straniera delle Gallerie degli Uffizi del XV secolo, oltre che di un' importante testimonianza dell’interesse della committenza italiana per la pittura del nord Europa.
Il trittico illustra la storia di Lazzaro e delle sue sorelle Marta e Maria: nell'anta sinistra, Marta va incontro a Gesù per informarlo della morte del fratello; al centro, Gesù resuscita Lazzaro fra la commozione di Marta, Maria e degli apostoli; nell'anta destra la narrazione si conclude con la Cena in casa del fariseo, dove Maria onora il Salvatore ungendogli i piedi. Sul verso delle ante, il committente del dipinto Francesco Coppini, accompagnato da altri due personaggi non identificati, è effigiato, a destra, mentre prega davanti alla Vergine con il Bambino, raffigurata sull’anta sinistra. In basso, un’iscrizione reca la firma di Nicolas Froment e la data 1461. L'opera è pervenuta alle Gallerie fiorentine dal convento francescano di Bosco ai Frati in Mugello in seguito alle soppressioni degli istituti religiosi di epoca napoleonica.
Fu dipinta da Nicolas Froment, maestro originario della Piccardia del quale rimangono oggi pochissime opere e conosciuto soprattutto per l’attività che almeno dal 1465 svolse in Provenza, dove lavorò anche per il sovrano Renato d’Angiò. Il trittico con la Resurrezione di Lazzaro, l’opera più antica oggi nota di Froment, fu eseguito per un prelato originario di Prato, Francesco Coppini, che dal 1459 al 1462 visse fra Fiandre, Inghilterra e Francia svolgendo incarichi per conto di papa Pio II. Il veristico ritratto presente sul verso dell'anta destra del trittico ci restituisce l’aspetto di questo intraprendente, colto e ambizioso prelato.
Nato a Prato nel 1402, di umili origini, Francesco intraprese la carriera ecclesiastica divenendo un abile giurista e distinguendosi per le capacità diplomatiche. Nominato vescovo di Terni nel 1458, l’anno seguente fu inviato da papa Pio II come collettore delle decime nelle Fiandre e in Francia, per poi trasferirsi in Inghilterra con la missione di pacificare le lotte per la corona fra Lancaster e York. L’appoggio offerto da Coppini a Edoardo IV di York, re dal 1461 dopo aver deposto Enrico VI di Lancaster, fu disapprovato dal papa che richiamò Francesco a Roma e lo privò, nel 1463, della carica di vescovo e dei suoi beni. Il prelato vestì quindi l’abito benedettino e trascorse gli ultimi mesi della sua vita nel monastero romano di San Paolo fuori le Mura, dove morì nel 1464. Non ci è noto quale fosse l’originale destinazione del trittico, che pervenne a Pisa nelle mani di una compagnia mercantile. Dal XVI secolo è documentato nel convento di San Bonaventura di Bosco ai Frati in Mugello, dove giunse forse come dono dei Medici.
«La scelta di Nicolas Froment, un pittore ancora giovane, portatore di un espressionismo a tratti impietoso, ironico, tutto spigoli – un artista che, trasferitosi poco dopo nel sud della Francia, avrà tra i suoi patroni l’intellettuale re Renato d’Angiò – ci parla del gusto “forte” e quasi temerario di Coppini, e solletica la nostra immaginazione su come sarebbe stata quella cappella che il presule probabilmente non vide mai compiuta. La Sala del Camino degli Uffizi, dove è esposto ora in mostra il trittico di Froment, può idealmente sostituire lo spazio raccolto e sicuramente prezioso che il suo committente aveva di certo in mente.» (Eike D. Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi)
Il restauro recentemente concluso ha restituito brillantezza alla cromia squillante della stesura pittorica, migliorando la leggibilità di particolari minuti e curiosi. E’ stata inoltre accertata l’originalità della maggior parte degli elementi che lo costituiscono secondo caratteristiche costruttive ascrivibili alla tradizione fiamminga. Realizzato interamente con legno di quercia, è composto da tre pannelli che, prima di essere dipinti, furono alloggiati nelle cornici, incastrati nell’incavo ricavato nello spessore. I trafori in legno dorato della tavola centrale, simili alle arcate di una cattedrale gotica, furono invece applicati dopo la stesura pittorica. Il perimetro del pannello centrale è stato alterato nel corso di un vecchio restauro e le cerniere che collegano le ante laterali non sono originali, come pure il meccanismo di chiusura degli sportelli.
Prima di procedere con la pittura, sulle tavole erano stati stesi due strati di preparazione, il primo a base di carbonato di calcio e il secondo con bianco di piombo. La riflettografia, di cui in mostra si proiettano le immagini, ha rivelato l’esistenza di un disegno preparatorio realizzato in gran parte a mano libera. Il legante della stesura pittorica di tipo oleoso e tra i pigmenti adoperati figurano il carminio e la lacca di robbia per i toni di rosso, il resinato di rame per il verde e l’indaco, presente nella delicata ombreggiatura delle nicchie che accolgono la Vergine col Bambino e il committente nel verso delle ante.
In occasione della conclusione e presentazione del restauro del trittico Daniela Parenti ha curato il volume Il restauro del trittico con la Resurrezione di Lazzaro di Nicolas Froment, edito da Silvana Editoriale