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Approfondimenti | 27/06/2019

La stoffa di un popolo

Tutti i colori dell’Italia ebraica

La storia degli ebrei italiani osservata da una prospettiva inedita, quella dell’arte del tessuto.

Il rapporto tra il mondo ebraico e l’arte tessile ha origini millenarie e attraverso i secoli è stato alimentato da suggestioni bibliche, vocazioni cultuali e culturali, necessità contingenti e opportunità imprenditoriali. Lo riassume bene il titolo di questa mostra, a lungo progettata dai curatori e dal comitato scientifico, come ricorda nella sua introduzione Alessandra Di Castro.

Sacro e profano, storia di un popolo e cronaca familiare si intrecciano a disegnare trame – il gioco di parole è d’obbligo – che trovano il filo conduttore nella predilezione per questi manufatti, rivelandoci inoltre le ragioni per cui spesso gli ebrei ne furono e ne sono collezionisti esperti e studiosi competenti.

Sia in mostra che in catalogo le curatrici Dora Liscia Bemporad e Olga Melasecchi ci guidano alla scoperta del ruolo che i tessuti hanno avuto nella civiltà ebraica, tanto da essere protagonisti nei codici miniati medievali e rinascimentali, esaminati da Andreina Contessa, e nella liturgia, obbligatoriamente aniconica e viceversa portata a esaltare ogni dettaglio decorativo, astratto o naturalistico. Tra questi spicca la melagrana, simbolo di fertilità e abbondanza: il frutto portato a Mosè dagli esploratori di ritorno dalla Terra Promessa divenne motivo ornamentale comune su ogni sponda del Mediterraneo, crocevia di rotte commerciali, bacino di scambi e di legami familiari. Così avviene che tessuti esotici e tappeti mediorientali, studiati da Alberto Boralevi, compaiano di frequente negli arredi delle sinagoghe, annullando i confini e ampliando l’orizzonte a contaminazioni stilistiche dense di conseguenze.

Anche la parola scritta è forma e decorazione, ce lo ricorda Amedeo Spagnoletto, ed è protagonista di bordure o interi ricami. Un’arte intima, privata e silenziosa quest’ultima, alla quale si applicarono le donne delle comunità e i “modellari” – di cui scrive Doretta Davanzo Poli – specie dopo che la bolla papale del 1555 legò gli ebrei al mestiere di straccivendoli, precludendo loro altre attività produttive.

Ma dopo secoli d’interdizione e separazione, questo percorso cronologico, la cui partenza è descritta in catalogo da Sergio Amedeo Terracina e Baruch Lampronti, nell’Ottocento cambia rotta.

I saggi di Mario Toscano, Daniela Degl’Innocenti, Giorgia Calò e Caterina Chiarelli ci raccontano una storia di orgogliosa emancipazione, di talento imprenditoriale e d’impegno civile. Per citare un esempio, ricordo la “città-fabbrica” che la famiglia ebraica Forti creò nella località La Briglia, a Vaiano di Prato: un modello di fusione sociale illuminato, che includeva una chiesa, un presidio medico, botteghe e perfino un teatro.

La mostra si spinge fino alla storia recente del design e della moda – in questo caso con due nomi che hanno fatto storia nel Novecento: Roberta di Camerino, al secolo Giuliana Coen, e Gigliola Curiel – mostrando risposte immediate e tecnicamente interessantissime alle tendenze avanguardiste.

Siamo dunque di fronte a una rassegna di amplissimo respiro su un tema mai affrontato prima in una grande mostra e che già da tempo meditavo di realizzare, finché gli Uffizi e un gruppo di specialisti d’eccezione lo hanno reso possibile. Il visitatore avrà un’occasione di conoscenza rara e rimarrà sorpreso dalla varietà e ricchezza degli oggetti esposti, spesso mai visti prima, che spaziano dai solenni parati liturgici ai doni diplomatici, dagli abiti ai ricami, dai ritratti al prêt-à-porter e molto altro: sono le fitte, preziose trame del popolo ebraico in Italia.

Per maggiori informazioni sulla mostra "Tutti i colori dell'Italia ebraica" clicca qui

 

 

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