Galileo Chini e Il Dittatore folle (1938) per la Notte dei Ponti 2019
L' ultima acquisizione del MIBAC per le Gallerie degli Uffizi
Quando il “sonno della ragione” genera mostri, l’unico risveglio possibile è quello dell’arte.
Un risveglio brusco e violento attraverso immagini poco rassicuranti, che portano con sé gli incubi di una notte di sofferenze e tormenti: gli anni della vigilia del secondo conflitto bellico. Il Dittatore Folle, ultima acquisizione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali per le Gallerie degli Uffizi, opera del 1938, dell’artista fiorentino Galileo Chini (1873-1956), traduce le inquietudini di un particolare momento storico: la visita trionfale a Firenze di Adolf Hitler, avvenuta il 9 maggio dello stesso anno. Si tratta di un cartone di grandi dimensioni a tecnica mista, preparatorio all’opera in olio su tela dello stesso autore del 1939, già presente nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Le circostanze dell'opera, come spiega Giuseppe Rizzo nella scheda di rifermento, si inseriscono nei programmi di celebrazione dell'arrivo del Führer a Firenze. Per mostrare all’ospite d’onore, atteso in città, tutta l’eccellenza della cultura italiana e in particolare toscana, dal Medioevo dei liberi comuni alla fioritura del Rinascimento, già nei mesi precedenti Firenze si era trasformata in un colossale cantiere con allestimenti di apparati effimeri volti a creare un’ambiziosa scenografia cittadina. Lo sfarzo del progetto fu considerato eccessivo da parte dell’artista fiorentino, che pur iscritto al Comitato fascista, si rifiutò di prender parte ai festeggiamenti esprimendo con coraggio il proprio personale dissenso. Occasione che gli costò la revoca dell’incarico di professore accademico e il rischio di una condanna al confino. Davanti al Tribunale di Firenze, il pittore si difese sostenendo “che non si trattava né di ingiurie né di oltraggio, ma di apprezzamenti di carattere artistico”. Assolto dalle accuse, Chini continuò ad esprimere apertamente il suo pensiero, dichiarandosi contrario alle atrocità prodotte da una cieca politica dittatoriale e ai suoi effetti devastanti, come testimonia l’opera in questione, dal fortissimo impatto visivo e simbolico, esemplare della crudeltà e dell’umana follia. Il cartone sarà esposto in occasione della ricorrenza della Notte dei Ponti domenica 4 agosto nella sala degli Staffieri della Galleria d'Arte Moderna, dove resterà tutto il mese.
Tra i massimi protagonisti della stagione del Modernismo europeo di inizio Novecento, Galileo Chini rappresenta l’anello di congiunzione tra la grande tradizione artistica toscana e le aperture internazionali promosse dall’Art Nouveau, grazie alla sua abilità di ceramista e alla passione verso un ‘saper fare’ squisitamente artigianale. La sua poetica, in genere ispirata ad una dimensione onirica degli aspetti più sereni e gradevoli dell’esistenza, nell’opera del ’38 si tramuta nel suo contrario, manifestando il profondo turbamento interiore che portò l’artista a creare un’opera antitetica rispetto alla ‘joie de vivre’ che aveva da sempre caratterizzato la sua produzione artistica. Le distruzioni perpetuate dalle dittature e dalle guerre avevano infatti generato un’inevitabile trasformazione delle modalità espressive dell’artista verso una forma più scarna e povera, legata al disfacimento fisico e al preludio alla morte.
Colto e raffinato conoscitore del simbolismo italiano ed europeo, da Previati a Sartorio, da Von Stuck a Klinger, nel Dittatore folle, Chini si confronta con i precedenti illustri dell’arte visionaria di Goya e gli esempi più alti della pittura del Rinascimento, con evidente riferimento alla figura di Minosse dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina. Il risultato, di una brutalità unica nella pittura italiana di quegli anni, diventa denuncia aperta della follia umana e degli orrori della dittatura.