Il restauro di un'opera giovanile di Sandro Botticelli rivela le modalità di lavoro del maestro da giovane
Un grande dipinto giovanile di Sandro Botticelli torna al suo posto agli Uffizi dopo un restauro che ha svelato importanti dettagli sulla complessa redazione dell’opera
La Pala di Sant'Ambrogio, raffigurante la Madonna con Bambino e Santi, dipinta intorno al 1470, quando l’artista era appena venticinquenne, risulta rimaneggiata in maniera importante dall’artista stesso, fino alle fasi più avanzate di realizzazione, con interventi che in alcuni casi sono ancora visibili ad occhio nudo, testimoniando l’intenso tormento creativo del giovane maestro, durante la realizzazione della sua prima commissione di rilievo.
La tavola si trovava all’ Opificio delle Pietre Dure dal 2018 dove, prima del restauro, è stata sottoposta ad un'ampia campagna diagnostica curata da Roberto Bellucci, alla quale hanno collaborato, oltre al Laboratorio scientifico dell’OPD, CNR INO, INFN - sezione di Firenze, il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali, e il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Cagliari.
“Il risultato di gran lunga più importante ottenuto da questa campagna di analisi, come sempre dovrebbe essere in occasione dei restauri, è stato l’ampliamento della conoscenza sul modus operandi di Botticelli, che dovrà adesso essere adeguatamente ricollegato ad altre opere dello stesso artista”, commenta il Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti.
Dal confronto tra le immagini ricavate dalle indagini riflettografiche, le radiografie e la stesura definitiva, è emerso appunto un numero sorprendente di ripensamenti sostanziali, sia nella fase della pianificazione del disegno, sia nella stesura pittorica, fatto questo, assai insolito per il periodo. È stato possibile visualizzare ad esempio come Botticelli avesse cancellato un pavimento già strutturato tramite incisioni, e dipinto nei dettagli, per sostituirne la parte centrale con una pedana per innalzare la figura della Vergine Maria. Ma non solo: il Bambino, in braccio alla Madonna, durante il processo pittorico, ha cambiato drasticamente posizione, come risulta visibile, grazie all'individuazione in riflettografia, della prima impostazione degli occhi, collocati in posizione diversa e ruotata rispetto a quella definitiva, e ad una gamba che muta postura. San Cosma, uno dei santi raffigurati, in origine guardava verso l'alto, come è evidente dallo spostamento dell'occhio, differentemente orientato in origine. Con un ulteriore ripensamento, Botticelli decise successivamente di dare a questo personaggio un altro tipo di atteggiamento e dunque, nella versione ultimata, San Cosma, invece di essere rivolto verso la Vergine, tiene la testa più in basso e guarda verso lo spettatore.
Ci sono infine cambiamenti talmente tardivi, da essere stati eseguiti durante la fase di completamento del dipinto, e quindi impossibili da mascherare del tutto: sono quelli che risultano oggi visibili anche ad occhio nudo. È di nuovo San Cosma a non convincere il dubbioso Botticelli. La sua veste, nella versione precedente, lo collocava spostato all'indietro, verso sinistra, e l'alone del suo diverso collocamento, non del tutto cancellato, è visibile ancora oggi all'osservatore attento. Ancora più macroscopici sono gli interventi sulla Santa Caterina d'Alessandria, raffigurata in piedi all’estrema destra della pala: in questo caso Botticelli le cancella letteralmente un pollice (facendolo scomparire sotto un lembo del manto), ma, come per la veste di San Cosma, la traccia del dito è ancora oggi percepibile. Lo stesso avviene per la punta del mignolo della stessa mano, che il pittore fiorentino decise di rimpicciolire a dipinto pressoché finito.
Infine, l'elemento senz'altro più curioso: un paio di occhi misteriosi, incisi sulla tavola, individuati a metà altezza della figura di Santa Caterina, nell'area centrale della sua veste. Perché si trovano lì? Risposte certe al momento non ci sono, ma una delle ipotesi è che Botticelli avesse inizialmente immaginato la santa in posizione inginocchiata, ripensandoci però quasi subito e stabilendo di rappresentarla in piedi. Gli occhi potrebbero dunque essere il lascito di questa iniziale impostazione. A dimostrarlo, c’è anche la perfetta sovrapponibilità tra la sagoma degli occhi sotto la veste con quella degli occhi della santa nella versione finale, verificata concretamente sull’opera dagli stessi specialisti dell’Opificio.
Secondo la storica dell’arte dell’Opificio delle Pietre Dure, Cecilia Frosinini “È probabile che questa inusuale caratteristica metodologia di Botticelli, improntata ad un ripensamento continuo nella genesi dell’opera, gli derivi dall’apprendistato alla bottega di Filippo Lippi, il quale già prima di lui manifestava questa tendenza, assolutamente inusuale per gli artisti del tempo. Ed è importante osservare inoltre, come alcuni dei nuovi dettagli emersi dalle indagini, relativi alla realizzazione della Pala di Sant’Ambrogio, potrebbero offrire elementi per un riesame complessivo della committenza dell’opera”.
E il Direttore Schmidt commenta: “Dopo le rivelazioni emerse con lo spettacolare restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo e con le indagini sul disegno 8P dell’artista, dopo le scoperte fatte sulla Santa Caterina di Artemisia Gentileschi, e molto altro, l’Opificio delle Pietre dure ci offre un altro esempio degli altissimi livelli raggiunti dalla ricerca scientifica sulle opere d’arte. Anche quelle più famose, sulle quali sembra che ormai si sappia tutto, possono offrirci informazioni prima insospettate, perfino su artisti studiati da secoli come Botticelli. Questo deve insegnarci che un buon restauro deve anche essere un’occasione di ricerca e non mirare solo ad effetti spettacolari. Per questo sono grato agli Amici degli Uffizi e ai Friends of the Uffizi Galleries, che sempre ci sostengono con generosità in questo nostro impegno per la tutela e la migliore conoscenza del nostro patrimonio”.
La pala, che torna nella sala della Primavera agli Uffizi, si trovava nella sede dell’OPDda alcuni mesi. Aveva problemi al supporto ligneo e in tre zone il colore era sollevato e parzialmente danneggiato. L'intervento, sostenuto economicamente dagli Amici degli Uffizi, e condotto per la parte pittorica da Luisa Gusmeroli e Patrizia Riitano, e per la parte lignea da Ciro Castelli e Andrea Santacesaria, ha risolto i problemi di tensione del supporto e posto rimedio alle alterazioni cromatiche.
La Presidente degli Amici degli Uffizi e dei Friends of the Uffizi Galleries, Maria Vittoria Rimbotti, ringrazia il donatore che ha sostenuto generosamente l’operazione di restauro: "Dobbiamo il sostegno a questo importante restauro alla generosità dell'amico Joseph Raskauskas, componente dei Friends of the Uffizi Galleries americani che abbiamo fondato nel 2006. Ed è sempre un grande piacere per noi vedere la passione con cui i Friends si impegnano per tutelare i capolavori della cultura, riconoscendo così le nostre comuni radici".