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Allegoria dell'Immacolata Concezione

Giorgio Vasari (Arezzo 1511 - Firenze 1574)

Data
1541
Collezione
Pittura
Collocazione
D18. Studiolo della Controriforma
Tecnica
olio su tavola
Dimensioni
58x40 cm
Inventario
 1890 n. 1524
Iscrizioni

Quod Eva tristis abstulit, tu redis almo germine”

Questo piccolo dipinto è una preziosa derivazione ad uso privato della grande pala d’altare realizzata dal Vasari per la cappella della famiglia Altoviti nella chiesa fiorentina dei Santissimi Apostoli. Nelle sue Ricordanze, l’artista descrive dettagliatamente la pala svelandoci la sua complessa iconografia per la cui elaborazione egli ricorse alla collaborazione di vari studiosi tra cui Giovanni Lappoli, detto il Pollastra, canonico della cattedrale di Arezzo e suo precettore.

Il soggetto è frutto di una fusione tra un passo della Genesi (Gen 3,15) in cui si annuncia che la progenie di Eva schiaccerà la testa al serpente, e i versi dell’Apocalisse (Ap 12,1) in cui la Vergine appare come “una donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. La scena ruota intorno all’Albero del Bene e del Male avviluppato dalle spire del serpente-demone con il capo cornuto e le ali da pipistrello. La Vergine in gloria lo schiaccia con il piede, mentre un turbinio di cherubini le vola intorno mostrando i cartigli con i versi dell’inno O gloriosa domina. In basso Adamo ed Eva e i capostipiti del popolo d’Israele, in pose contorte e con i polsi legati, volgono al cielo uno sguardo sofferente, ma animato dalla speranza. Maria, unica fra tutte le creature mortali ad essere stata dispensata dal peccato originale nel momento stesso del suo concepimento, illumina di luce divina i figli di Eva, sciogliendo i lacci che li hanno incatenati all’albero del peccato e conducendoli verso la redenzione.

L’opera ebbe una notevole fortuna iconografica, tanto che l’artista ne realizzò più versioni, sia di grande formato che di dimensioni più piccole. Una di queste copie di piccolo formato era destinata allo scrittoio dello stesso Bindo Altoviti, committente della pala originale, ma la critica è oggi pressoché concorde nel ritenere che non sia quello degli Uffizi il quadretto commissionato dall’Altoviti, bensì quello conservato all’Ashmolean Museum di Oxford, copia più fedele al dipinto dei Santissimi Apostoli. 

Dal punto di vista stilistico la tavoletta presenta i caratteri formali tipici della produzione matura del pittore aretino. Pur nel piccolo formato egli mantiene intatta la monumentalità dell’impianto compositivo condotto però con una maggior raffinatezza e preziosità, come richiedeva la destinazione privata dell’opera riservata sicuramente ad un ricco e colto committente.

 

Testo di
Monica Alderotti
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