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Confidenze

Armando Spadini (Poggio a Caiano, Firenze 1883-Roma 1925)

Data
1919-1920 c.
Tecnica
olio su tela
Dimensioni
cm 107x100,5
Inventario
1890 n. 9808; Giornale n. 4684
Iscrizioni

In basso a sinistra: "Spadini"

Pittore complesso e al centro di accesi dibattiti tra critici, Armando Spadini fu visto da alcuni come epigono degli Impressionisti (il “Renoir italiano”), da altri come interprete di un recupero della pittura italiana del Cinque e del Seicento e potenziale innovatore del linguaggio pittorico del primo Novecento. Morì troppo presto per conoscere gli esiti della sua pittura che è però stata oggetto di un’importante rivalutazione negli ultimi decenni.

Si formò in un contesto culturale molto vivace, quale quello della Firenze dei primi anni del Novecento, frequentando l’Accademia come allievo di Giovanni Fattori, e lo stimolante ambiente di intellettuali della rivista “Leonardo”, tra i quali Giovanni Papini e Ardengo Soffici, a cavallo tra tradizione, sguardo sulla realtà di stampo macchiaiolo, fermenti simbolisti e stimoli pienamente novecenteschi.

Studiò l’arte del Rinascimento italiano e la pittura spagnola, Goya in particolare. La pittura del Seicento sedusse lui come molti pittori della sua generazione, tanto che Alberto Savinio scriveva nel 1922: «l’arte di Spadini non costituisce un semplice esempio di mimetismo dai francesi, poiché nel suo lato più interessante e vitale, rimane pur sempre italiana e tende a ritrovare la corposità dei volumi, i turbamenti coloristici, l’immaginoso giuoco delle luci e delle ombre del Seicento caravaggesco». Ecco che la pennellata morbida e le figure ampie che troviamo anche in questo dipinto, non sembrano più dipendere solo dalla pittura impressionista (da Renoir in particolare) a cui Spadini guardava, ma anche dalla pittura italiana del XVII secolo in cui trovavano importante rilievo anche le scene domestiche “di genere”.

Spadini sposò un’allieva di Fattori, Pasqualina Cervone, che divenne, insieme ai figli, la protagonista di un racconto familiare che si snoda attraverso una lunga sequenza di ritratti e di scene d’interno e all’aperto: in questo dipinto Adolfo Venturi ritrovava “una sfumatura di abbandono idilliaco … dove nei bianchi soffici e nebulosi, nei volti mossi da un aliar di luci e d’ombre, Armando Spadini esprime il suo gusto sensuale di morbidezze pittoriche”.

Testo di
Chiara Ulivi
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