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Putto incatenato

Arte romana 

Data
metà del II secolo d.C.
Tecnica
Marmo greco a grana media
Dimensioni
72,5 cm (altezza)
Inventario
1914 n. 1059

L’opera rappresenta un bambino piangente incatenato ad un piede ed alla vita. L'insolita immagine, trasferita a Firenze da Villa Medici a Roma entro il 1625, non mancò di stimolare la curiosità e l'interesse antiquario degli studiosi fin dal XVIII secolo, quando fu interpretata come uno “schiavetto piangente”. In realtà la figuretta incarna una complessa allegoria, raffigurando Amore incatenato e privato delle ali. La motivazione della singolare punizione è suggerita dal confronto con diverse fonti, come alcuni epigrammi conservati nella grande raccolta nota come “Antologia palatina”, in cui il piccolo dio viene descritto come privato delle ali e punito dalla dea Nemesi, il cui ruolo di vendicatrice dei torti subiti non risparmia neppure Amore, abituato a tormentare gli amanti: “Chi ti legò le mani alla colonna con vincoli stretti?/ Chi oppose fuoco a fuoco, inganno ad inganno?/ Bimbo, le lacrime no! Non bagnarne quel viso soave!/Quando i giovani piangono tu godi” recita ad esempio un suggestivo componimento di Antipatro di Tessalonica. Il marmo si identifica con la replica di un originale da collocare verosimilmente nella tarda età ellenistica (I sec. a.C.). Se la presenza di una ghirlanda sul pilastrino di sostegno ed il cranio di bue posto alla base rinviano ad un contesto sacrale, è stato anche proposto di mettere in rapporto la figuretta, o meglio il prototipo originale - documentato, oltre che dalla replica fiorentina, anche da altri esemplari di età imperiale - alla decorazione di una palestra, o “ginnasio”: in questo senso risulta particolarmente rilevante l'acconciatura dell'amorino, con le ciocche mosse strette da nastri di cuoio, attestata anche in immagini di atleti. Tale dettaglio si inserisce nel contesto dell'opera in modo assai suggestivo e complesso, poiché le stesse gare atletiche erano poste sotto la protezione della dea Nemesi. Le integrazioni moderne in corrispondenza del naso, della nuca, del ventre, delle mani e del pube non sono tali da falsare quello che doveva essere l'aspetto originario dell'opera.

 

Bibliografia

V. Saladino in G. Capecchi, D. Heikamp, A. Fara,  V. Saladino, Palazzo Pitti. La reggia rivelata, Catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 7 dicembre 2003-31 maggio 2004), Firenze 2003, p. 520, n. 46

Testo di
Alessandro Muscillo
Ipervisioni
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