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Vergine annunziata

Francesco Morone (Verona c. 1471 – 1529)

Data
1495 - 1496
Collezione
Pittura
Collocazione
B4. Giovanni Bellini
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
208 x 94 cm
Inventario
Contini Bonacossi n. 11

La tela è la parte destra di un insieme raffigurante l’Annunciazione. Maria china umilmente la testa e, a mani giunte, esprime l’accoglimento della volontà divina. È inginocchiata davanti a una sorta di altare sul quale è appoggiato un libro. Altri libri sono sullo sfondo, oggetti preziosi, esclusivi delle classi più agiate e degli ecclesiastici, oggetti che connotano Maria come una donna colta.

L’ambiente in cui Maria riceve l’annuncio del concepimento del figlio di Dio recato dall’angelo Gabriele ha l’aspetto di una fantasiosa scenografia, un loggiato reso più raccolto e protetto dal tendaggio che chiude il fondo. Fra le colonne sono appesi festoni vegetali carichi di frutta, simbolo di prosperità derivato dall’arte di età greca e romana in gran voga in epoca rinascimentale. Insieme al pendant che raffigura l’arcangelo Gabriele (Inventario Contini Bonacossi n. 12), era forse l’anta destra di un organo chiesastico.

L’opera è riconducibile alla fase giovanile del pittore veronese Francesco Morone, contrassegnata dalla collaborazione con il padre Domenico, al fianco del quale realizzò pale d’altare e affreschi. Dal padre raccolse la solida impostazione prospettica e disegnativa, elaborando poi progressivamente un linguaggio individuale aperto all’influenza di maestri provenienti da diversi ambiti culturali. Particolarmente rilevante fu l’apporto di Andrea Mantegna, a cui Moroni guardò come a un maestro e la cui pala d’altare della chiesa di San Zeno a Verona costituì il modello di riferimento anche per l’impostazione architettonica delle due tele con l’Annunciazione degli Uffizi.

L’ambientazione è maestosa, con colonne, architravi e travi del soffitto che creano una curiosa alternanza di spazi esterni e interni. La solennità degli ambienti è tuttavia smorzata dalla pacata gestualità delle figure, che evocano un’atmosfera contemplativa e intima.

Le due tele appartennero al collezionista veronese Andrea Monga (1794-1861) e vennero vendute intorno al 1913 dagli eredi ad Alessandro Contini Bonacossi.

Testo di
Daniela Parenti
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