Il Corridoio Vasariano e la liberazione di Firenze nel 1944
Valdo Spini
Nell’agosto 1944 gli Alleati avanzano verso Firenze. Hitler intanto ha deciso che l’occupazione tedesca vada difesa strenuamente. L’Arno divide in due la città: a sud Alleati e CLN che hanno liberato l’Oltrarno, a nord i tedeschi in fuga. Notte tra 3 e 4 agosto i nazisti fanno saltare tutti i ponti sul fiume, risparmiando il solo Ponte Vecchio e con esso il Corridoio Vasariano, che diventa dunque fondamentale per garantire il passaggio clandestino di uomini e informazioni tra le due rive del fiume.Nato per volere di Cosimo I come meraviglioso collegamento tra Palazzo Vecchio, sede del governo, e la residenza di Palazzo Pitti, protagonista nel Novecento di una delle pagine più affascinanti della lotta contro l’occupazione nazifascista, il Corridoio Vasariano si appresta oggi a vivere una nuova importante stagione con la sua prossima riapertura al pubblico.
La 'tabuletta nostre domine' di Antonio Casini
Angela Dillon Bussi
La recente mostra dedicata alla Madonna del solletico di Masaccio, tenutasi a Siena nel 2021, ha riportato l’attenzione su un quadro sparito per secoli e riemerso grazie a Rodolfo Siviero a Firenze nel 1947. Antonio Casini (1378-1439), cardinale di San Marcello, ne fu il probabile committente. La tavoletta reca infatti sul retro il suo stemma sormontato dal cappello cardinalizio, che fornisce un elemento di datazione post quem: il titolo gli fu conferito nel 1426. Il quadretto è a lungo rimasto ignoto. Se ne propone il riconoscimento in un regesto dell'archivio dell'Opera del Duomo di Firenze, datato 19 giugno 1441, in cui si dispone per una "tabuletta nostre domine, olim cardinalis sancti Marcelli". La notizia del suo ritrovamento, già brevemente pubblicata nel 1997, ma sfuggita alla critica, viene qui riproposta e ampliata per sostenere l’interpretazione del regesto allora avanzata e per chiarirne il significato. Si ipotizza che la tavoletta, alla morte di Casini, passasse all’Opera del Duomo in parte come bene ereditario, in parte per acquisto.
Venceslao Wehrlin ritrattista nelle corti italiane del secondo Settecento
Fabio Sottili
Il presente articolo ripercorre la vicenda artistica del pittore torinese Venceslao Wehrlin (1745-1780). I suoi quadri, caratterizzati dal piccolo formato e dal carattere privato, definirono raffinate conversation pieces, scene di genere o ritratti ripresi all’interno di ambientazioni domestiche, con uno stile neofiammingo caro al periodo di passaggio dalle eleganze rocaille al classicismo di fine Settecento. Finora noto principalmente grazie ai due dipinti realizzati per il granduca Pietro Leopoldo, Wehrlin fu protagonista anche nella corte sabauda, e di questo artista è adesso emerso un consistente numero di opere, specchio della cultura illuminista e antiquariale che si stava diffondendo fra gli eruditi e gli aristocratici italiani nella seconda parte del XVIII secolo.
Corrado Ricci e le origini della “Raccolta iconografica” del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi
Carla Basagni
La “Raccolta iconografica” conservata presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi è un interessante archivio formato esclusivamente da ritratti e dotato di inventari propri. L’origine della Raccolta si può far risalire all’opera di Corrado Ricci, nel periodo in cui fu a Firenze come direttore dei musei della città (1903-1906). Giunto agli Uffizi, Ricci non si limitò a riproporre l’idea dell’eterogeneo “ricetto fotografico” della Pinacoteca di Brera, da cui proveniva, ma intese valorizzare la peculiarità del museo, dando vita a una raccolta di ritratti di personaggi, in fotografia e in incisione, che completasse la serie Gioviana degli uomini illustri, primo nucleo di dipinti a essere esposto lungo i corridoi della Galleria fiorentina dal granduca Cosimo I dei Medici.
Alle origini del Gabinetto restauri. Il complesso vasariano tra Galleria degli Uffizi, Archivio di Stato, Biblioteca nazionale, Kunsthistorisches Institut e Gabinetto restauri.
Maria Vittoria Thau
Nota per il prezioso lavoro di restauro delle opere d’arte condotto sotto la direzione di Ugo Procacci, l’origine dell’istituzione del Gabinetto restauri della Soprintendenza all’Arte Medievale e Moderna per la Toscana era rimasta pressoché ignota sino a oggi. Questo studio ha permesso di ricostruirla con puntualità, nei tempi, nei modi e, soprattutto, nei protagonisti. Quello che è emerso è un quadro ben più ampio di quello immaginato, rappresentato dalle istituzioni e, ancor più, dalle figure direttive coinvolte, così da far luce sui primi anni Trenta del Novecento relativamente alla conservazione e al restauro e, ancor più, sul legame quanto mai serrato tra il Gabinetto di restauro – anticipatore di realtà analoghe - e il complesso vasariano in cui questo ebbe sede, destinato a diventare il museo dei musei sul modello del Louvre secondo il programma di Corrado Ricci.
Una mostra per riaprire la Galleria degli Uffizi nel secondo dopoguerra
Elena Romanelli
Il presente studio è una ricostruzione della storia della Galleria degli Uffizi negli anni 1944-1947 attraverso l’organizzazione di una mostra d’arte dei suoi più prestigiosi capolavori da tenersi al Musée d’art et d’histoire di Ginevra. Il fine di questa iniziativa – portata avanti dal soprintendente Giovanni Poggi – era quello di sancire la riapertura immediata del noto museo fiorentino attraverso i proventi ottenuti, considerate le drammatiche condizioni in cui versava dal 1944. Il progetto fu a più riprese osteggiato dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti che si appellava al vincolo di esportazione di opere d’arte di proprietà dello Stato, generando un dibattito di portata nazionale, espressione sia del valore del museo fiorentino sia dell’importanza delle mostre d’arte quale mezzo per favorire la rinascita di città d’arte.