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Dipingere e disegnare "da gran maestro" il talento di Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665)

  • Dipingere e disegnare "da gran maestro" il talento di Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665)

    L'ipervisione è dedicata alla memoria di Davide Astori

    In memoria di Davide Astori. Il talento di Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665).
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    Allegoria della Pittura (autoritratto?)

    1658

    Olio su tela

    Mosca, The Pushkin State Museum of Fine Arts, inv. Ж-70

    © The Pushkin State Museum of Fine Arts, Moscow

     

    Le straordinarie doti artistiche unite a una stupefacente produttività permisero a Elisabetta di raggiungere in pochi anni un grande successo professionale. Come attestano le fonti coeve, già all’inizio degli anni Sessanta era ritenuta un’affermata “maestra”. La Sirani stessa era, peraltro, pienamente consapevole delle proprie capacità: nella Nota delle Pitture appuntò con orgoglio le opere richieste da committenti illustri, soffermandosi sull’originalità delle sue invenzioni e sui riconoscimenti ricevuti. Questo prezioso documento, concepito senza alcuna preoccupazione utilitaristica, testimonia insieme ai diversi autoritratti la volontà di Elisabetta di affermare la propria personale identità e autonomia artistica. Nell’Allegoria della Pittura (autoritratto?) la Sirani potrebbe essersi rappresentata intenta al lavoro e circondata da oggetti (libri, penna e calamaio, una scultura antica) che ne denotano la cultura umanistica.

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    La fortuna di Elisabetta Sirani a Bologna e a Firenze

    L’arte di Elisabetta fu apprezzata da un vasto pubblico, dalle più importanti personalità degli ambienti intellettuale, politico ed ecclesiastico bolognese, a diplomatici e regnanti di tutta Europa. Assiduo frequentatore della casa-studio dei Sirani e principale estimatore della giovane, Carlo Cesare Malvasia celebrò la pittrice nella sua opera storiografica sugli artisti bolognesi, la Felsina Pittrice (1678), contribuendo a crearne il mito poco dopo la prematura scomparsa.

    Altre figure di spicco del milieu culturale locale in stretti rapporti con la famiglia Sirani furono il frate minore Bonaventura Bisi, il marchese Ferdinando Cospi e il conte Annibale Ranuzzi. Questi personaggi, insieme a Giovanni Andrea, agivano sul mercato artistico locale come corrispondenti e agenti per conto dei Medici. In virtù di tali legami, il talento di Elisabetta fu presentato alla corte fiorentina. Nel 1658 Bisi la introdusse come una “putta molto valente […] [che] dipinge da homo con molta prontezza et invenzione” al cardinale Leopoldo, il quale mostrò di apprezzare, come altri membri della dinastia granducale, le sue doti artistiche.

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    La Vergine (B. XIX, 151, 1)

    Acquaforte

    Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna - Gabinetto Disegni e Stampe, inv. 23105

     

    Nell’acquaforte Elisabetta rielaborò un’opera del padre, l’Immacolata Concezione dipinta da Giovanni Andrea Sirani per la chiesa di San Paolo in Monte a Bologna. Il soggetto fu molto amato da Malvasia il quale, come scrisse la stessa Sirani nella sua Nota delle Pitture, le richiese nel 1662 una copia della tela. La pittrice ricorda inoltre di aver eseguito per l’erudito bolognese, nello stesso anno, una “Madonna in rame”, non identificabile con certezza con la stampa qui presentata.

     

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    Madonna col Bambino e San Giovannino (B. XIX, 154, 6)

    Acquaforte

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 106338 st. sc.

     

    Come recita l’iscrizione presente sulla stampa, l’opera venne dedicata dalla Sirani al frate Bonaventura Bisi. L’ecclesiastico, miniatore e agente d’arte per importanti corti come quella dei Medici a Firenze e degli Este a Modena, introdusse in una lettera del 1658 la giovane pittrice a Leopoldo de’ Medici, tessendone le lodi.

    Il soggetto dell’incisione è tratto da un disegno realizzato da Bisi stesso a imitazione di un dipinto ritenuto all’epoca autografo di Raffaello e in possesso del duca di Modena (oggi conservato alla Gemäldegalerie di Dresda). L’incisione, con la sua ampia gamma di gradazioni chiaroscurali, è una splendida prova dell’abilità di Elisabetta come acquafortista.

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    Galatea

    1664

    Olio su tela

    Modena, Museo Civico d'Arte, inv. Ser. 8

    Modena, Archivio fotografico del Museo Civico d'Arte (foto Paolo Pugnaghi)

     

    Il marchese Ferdinando Cospi, che vantava una parentela con la famiglia Medici, era in stretti rapporti con la corte fiorentina, ove visse una parte della giovinezza e alla quale prestò i suoi servigi di ambasciatore e corrispondente artistico. Erudito, committente e collezionista di opere d’arte, medaglie, maioliche e curiosità naturalistiche, Cospi fu, insieme al genero Annibale Ranuzzi, uno dei principali artefici della fortuna della Sirani presso il casato mediceo. Il marchese richiese inoltre alla pittrice sei quadri: l’ultimo in ordine di tempo è la Galatea, firmata e datata a lettere dorate sulla passamaneria del cuscino, tela che rende omaggio nel tema marino agli interessi naturalistici del mecenate. Elisabetta, celebre per le sue originali invenzioni, non dipinse la ninfa secondo l’iconografia più diffusa – ovvero in compagnia dell’amante Acis e del rivale in amore di quest’ultimo, il gigante Polifemo –, ma la raffigurò semplicemente come una Nereide, nell’atto di veleggiare in mare al di sopra di una conchiglia in compagnia di due amorini.

     

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    Ritratto del conte Annibale Ranuzzi

    Pietra rossa, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 15568 F

    Il foglio, firmato dall’artista sul verso (“io elisabetta sirani fato di me”), ritrae Annibale Ranuzzi, uno degli agenti bolognesi più attivi al servizio di Leopoldo de’ Medici. In stretto contatto con la famiglia Sirani, il conte si avvalse spesso della consulenza di Giovanni Andrea per valutare la qualità e i prezzi di disegni destinati al cardinale. Ranuzzi svolse, inoltre, un ruolo primario nel tessere e mantenere i rapporti tra Elisabetta e Leopoldo.

    Lo studio, quasi certamente un ritratto autonomo, testimonia la maestria raggiunta dall’artista nell’uso della pietra, una tecnica da lei non usata di frequente. Con pochi mezzi e attraverso una resa sommaria, la Sirani restituisce la personalità dell’effigiato cogliendone l’espressione scaltra e “rapace”, perfettamente rispondente al carattere tagliente che emerge dalle lettere di sua mano.

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    Amorino trionfante in mare (Amorino Medici)

    1661

    Olio su tela

    Bologna, collezione privata

    Realizzata per Margherita Luisa d’Orléans in occasione del suo matrimonio con il futuro granduca Cosimo III de’ Medici, la piccola tela è un esempio di pittura cortigiana, ricca di raffinate allusioni e riferimenti allegorici.

    Dono di nozze, il dipinto celebra il tema dell’amore e al tempo stesso l’unione dei due coniugi. Le sei perle (in latino margaritae) contenute nell’ostrica in mano a Cupido evocano il nome della sposa e ricreano nella loro disposizione lo stemma mediceo. La morbida e ricca pennellata di stampo neoveneto contribuisce a creare un’immagine gioiosa e sensuale. L’amorino a cavallo di un delfino visibile in secondo piano simboleggia, secondo il trattato iconografico di Cesare Ripa, “l’animo piacevole, trattabile e amorevole”: un auspicio di concordia coniugale che, purtroppo, non si avverò. Nel 1675 infatti Margherita ottenne di lasciare Firenze per ritirarsi nella nativa Francia, dove visse fino alla morte.

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    Decollazione di San Giovanni Battista

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 6300 F

    Lo studio, insieme a quello raffigurante un Ritratto di giovane, venne inviato da Ferdinando Cospi, per conto di Giovani Andrea Sirani, a Leopoldo de’ Medici. Dalla missiva del 19 agosto 1662, che accompagnò le due opere, si evince come esse fossero degli omaggi realizzati dalla pittrice per il cardinale.

    La Decollazione mostra evidenti affinità con una stampa dal medesimo soggetto eseguita dall’artista nel 1657. Vi sono, tuttavia, sostanziali differenze nell’impostazione della scena. Rispetto all’acquaforte, nel disegno la composizione appare decisamente più dinamica e impostata su una linea diagonale; la drammaticità dell’azione risulta, inoltre, maggiormente enfatizzata dalla collocazione della testa del Battista tra la figura del boia e gli astanti.

     

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    Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665) e Anonimo XVIII sec. (?) Ritratto di giovane

    1662 circa

    Pietra nera e rossa, interventi successivi a pastelli policromi, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 6299 F

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    La Giustizia, la Carità e la Prudenza

    1664

    Olio su tela

    Vignola, Comune di Vignola, inv. 8887

     

    L’attenta strategia attuata da Giovanni Andrea Sirani e dagli agenti bolognesi al fine di promuovere Elisabetta presso la corte medicea culminò, nel 1663, con la commissione da parte di Leopoldo di un dipinto allegorico raffigurante La Giustizia, la Carità e la Prudenza, soggetto scelto per rappresentare le virtù del casato toscano.

    Si trattava di un incarico importante per la Sirani che lavorò lungamente al quadro. Ferdinando Cospi e Annibale Ranuzzi ragguagliarono costantemente il cardinale sul progresso dei lavori: Ranuzzi inviò a Firenze anche uno studio compositivo, identificabile con un disegno ora in collezione privata.

    Elisabetta, che firmò gran parte delle sue opere, siglò la tela in un punto nascosto. Adottando un escamotage sicuramente apprezzato da un raffinato mecenate come Leopoldo, inserì in ogni bottone della veste della Giustizia una lettera del suo nome. Il dipinto, ultimato nel 1664, fu ricompensato con una croce con 56 diamanti che la pittrice espose, insieme ad altri preziosi doni, in un armadio del suo studio. I gioielli erano un segno tangibile del prestigio raggiunto dalla Sirani, la quale riceveva illustri personalità e intellettuali di tutta Europa che si recavano nella sua abitazione per vederla dipingere. In presenza di Cosimo III de’ Medici, Elisabetta realizzò uno dei bambini allattati dalla Carità; affascinato dalla destrezza e velocità esecutiva, il futuro granduca le ordinò una Madonna col Bambino, oggi non identificata.

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    Incisore emiliano (Lorenzo Tinti?) da Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665) Ritratto di Luigi Magni

    post 1664

    Bulino

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 12057 st. sc.

     

    Il ritratto di Luigi Magni di mano di Elisabetta giunse a Firenze accompagnato da due lettere datate 4 marzo 1664, una scritta da Ferdinando Cospi e l’altra da Giovanni Andrea Sirani. In base alle missive sappiamo che la pittrice immortalò le fattezze del giovane prodigio, diventato dottore in Filosofia e Medicina presso lo Studio di Bologna a soli dieci anni, durante le lezioni che egli impartiva a lei e al fratello Antonio Maria. Conoscendo la stima di cui godeva Magni anche presso la corte medicea, Elisabetta decise di inviare quest’opera a Leopoldo de’ Medici per ringraziarlo della commissione della tela con La Carità, la Giustizia e la Prudenza. Il ritratto, molto apprezzato dal cardinale, è a noi noto solo tramite un’incisione successiva. Grazie a essa sappiamo che Elisabetta scelse di rappresentare Magni come dotto professore, circondato da libri di Aristotele e Ippocrate, mentre si accinge a tenere una lezione.

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    “Prontezza” e “facilità” del segno

    Lodata dai contemporanei per la “leggiadria senza stento, e la grazia senza affettazione” delle sue creazioni, la Sirani fu inoltre celebrata per qualità ritenute all’epoca tipicamente virili come la “prontezza”, la “facilità” e la sicurezza della mano. Il riconoscimento di queste doti è prova dell’eccezionalità dell’artista, che fu non solo una rinomata pittrice ma anche un’abile disegnatrice. Elisabetta privilegiò la tecnica a inchiostro diluito, steso con pennellate rapide e sintetiche al di sopra di brevi cenni preliminari a pietra nera. Il procedimento grafico da lei adottato, definito da Malvasia da “gran maestro”, permetteva di creare, con efficace sintesi espressiva, gli effetti luministici e la tridimensionalità delle forme.

    La pratica dell’acquaforte, caratterizzata da una libertà di segno che consentiva di ottenere variati effetti chiaroscurali, ben si accordava alla spontanea maniera disegnativa della Sirani. L’artista realizzò stampe di suo concetto, a volte tratte anche da propri dipinti; in altri casi tradusse invenzioni del padre o di altri autori, come per la stampa dedicata a Bonaventura Bisi, presentata all’inizio del percorso.

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    Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Gioacchino

    1662 circa

    Pietra nera, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 20255 F

     

    Come i disegni a pennello e inchiostro e diluito, anche i fogli realizzati esclusivamente a pietra nera o rossa mostrano la “sprezzatura” e l’incisiva invenzione che contraddistinguevano la maniera di Elisabetta.

    Nello studio compositivo per la Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Gioacchino (il dipinto che segue nel percorso) una linea lieve e sciolta costruisce con efficacia la scena e descrive l’interazione tra i personaggi. L’opera su carta, tradizionalmente attribuita a Domenico Maria Canuti, è stata di recente riferita alla Sirani e viene qui esposta per la prima volta come autografa dell’artista.

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    Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Gioacchino (Sacra Famiglia delle ciliegie)

    1662 circa

    Olio su tela

    Milano, collezione privata

     

    Il dipinto riprende una composizione realizzata nel 1660 per il gioielliere bolognese Orazio Cecchi, oggi conservata al Museo Borgogna di Vercelli. Rispetto a quest’ultima, la tela in collezione privata presenta alcune varianti iconografiche – come l’introduzione di San Gioacchino al posto dell’angelo – e una diversa cifra stilistica. La pittrice enfatizza in modo sapiente la gestualità dei personaggi, sottolineando la dimensione intima e giocosa della sacra conversazione qui raffigurata. Nel quadro si rintraccia un linguaggio ormai maturo, dove i modelli della sua formazione (Sirani padre, Guido Reni in primis) risultano completamente assimilati e a un tempo superati.

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    Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665), attribuito Sacra Famiglia

    Pietra nera, carta cerulea sbiadita

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 12462 F

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    Sant'Agnese

    1656

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 20237 F

     

    Il piccolo studio corrisponde, nel soggetto e nel formato ottagonale, alla descrizione di un’opera dipinta nel 1656 per lo scultore toscano Francesco Agnesini: “Per l’Agnesino scoltore un otto faccie da mezza figura, ove gli è una S. Agnese”. In esso le campiture di inchiostro diluito creano uno sfondo scuro e costruiscono la figura tramite i contrasti chiaroscurali.

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    San Girolamo

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna - Gabinetto Disegni e Stampe, inv. 1736

     

    Realizzato a pennello e inchiostro diluito, il foglio esemplifica lo stile “macchiato” di Elisabetta, già apprezzato dai suoi contemporanei. La sua maestria tecnica viene così illustrata da Malvasia: “presa ben tosto la matite, e giù postone speditamente in duo’ segni su carta bianca il pensiero (era questo il suo solito modo di disegnare da gran maestro appunto, e da pochi praticato, né meno dal Padre istesso, che non me ne lascerà mentire) intinto picciol pennello in acquerella d’inchiostro, ne faceva apparire ben presto la spiritosa invenzione, che si poteva dire senza segni disegnata, ombrata, ed insiem lumeggiata tutto in un tempo”. 

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    Madonna col Bambino

    1664

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 31245

     

    Le diverse variazioni del tema della Madonna col Bambino, spesso affiancati da San Giovannino o da San Giuseppe, furono tra i soggetti più apprezzati e richiesti alla Sirani. Il disegno è uno studio preparatorio per la Madonna della Rosa (ubicazione ignota), dipinta dall’artista nel 1664 “per un Cavalier Fiorentino” e puntualmente descritta nella Nota delle Pitture.

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    Sacra Famiglia

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 4534 S

     

    La tecnica e lo stile di questo studio, entrato nella collezione grafica degli Uffizi verso la fine dell’Ottocento come autografo del bolognese Marcantonio Franceschini, appaiono decisamente affini ai modi di Elisabetta Sirani. L’attribuzione alla pittrice, inizialmente suggerita da una nota manoscritta apposta sul montaggio da Catherine Johnston, è stata ripresa e pubblicata da Ilaria Rossi e da Claudia Cattani nel 2013. Il disegno, non riconducibile a nessun dipinto della Sirani, affronta con una pennellata veloce uno dei temi più cari all’artista, qui risolto con forme ampie e monumentali.

     

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    Madonna col Bambino e San Giovannino

    1664

    Olio su tela

    Pesaro, Comune di Pesaro, Musei Civici – Palazzo Mosca, inv. 3931

     

    Negli anni Sessanta la maniera della Sirani si apre al linguaggio barocco, caratterizzandosi per una pennellata materica e pastosa e marcati contrasti chiaroscurali vicini al Guercino.

    Dipinta nel 1664 per il banchiere Andrea Cattalani, collezionista appassionato di arte bolognese che commissionò cinque opere a Elisabetta, la tela è un perfetto esempio della capacità della pittrice di declinare il soggetto della Madonna col Bambino e San Giovannino in chiave di intima e spontanea affettività. Le rose, riferimento al culto della Madonna del Rosario, diventano qui il pretesto per descrivere un battibecco infantile tra Gesù Bambino e il Battista, come illustra la stessa Sirani nella Nota delle Pitture: “Una B[eata] V[ergine] mezza figura dal naturale, con il Bambino, e s. Giovannino, quale sta in atto di chiedere a N[ostro] Sig[nore] alcune rose, ch’esso si tiene care, stringendole al seno”.

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    Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665), attribuito La Morte disarma la Virtù

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 20242 F

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    Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665), attribuito La Morte strappa la corona e il manto alla Poesia

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, penna e inchiostro, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 20243 F

  • 23/38
    Riposo in Egitto (B. XIX, 153, 4)

    Acquaforte

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 20681 st. sc.

     

    Elisabetta si misurò con l’acquaforte nella bottega del padre che, allievo di Guido Reni, padroneggiava quella tecnica e aveva allestito un laboratorio dedicato alla produzione di stampe.

    Le incisioni del primo periodo, in parte tratte da disegni di Giovanni Andrea, mostrano legami con i modelli reniani; allo stesso tempo, il tratto libero e abbozzato e la ricerca luministica rivelano una riflessione sulle acqueforti di Simone Cantarini, artista molto amato dalla Sirani.

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    Riposo in Egitto (B. XIX, 154, 5)

    Acquaforte

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 106339 st. sc.

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    Sacra Famiglia con Santa Elisabetta e San Giovannino (B. XIX, 156, 8-II)

    Acquaforte

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 17713 st. sc.

     

    Questa scena di intimità domestica è costruita con un tratto libero e spontaneo che gonfia i panneggi delle vesti e delinea una scena solo apparentemente equilibrata: la figura di Giuseppe e il muretto alle sue spalle sbilanciano infatti la composizione. Elisabetta immerse più volte la lastra nell’acido per ottenere effetti luministici articolati e potenti: ad esempio, il volto del Bambino appare per metà invaso dalla luce, per metà in ombra. La ricerca di dinamismo, di espressività e di un chiaroscuro contrastato deriva dallo studio delle acqueforti di Cantarini, che la Sirani intrepreta secondo la propria cifra personale.

     

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    Decollazione di San Giovanni Battista (B. XIX, 157, 9)

    1657

    Acquaforte

    Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna - Gabinetto Disegni e Stampe, inv. 2074

  • 27/38
    Madre dolorosa con i simboli della Passione

    1657

    Olio su rame

    Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna, inv. 372

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    Madre dolorosa con i simboli della Passione (B. XIX, 155, 7)

    1657

    Acquaforte

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 2985 st. sc.

     

    Come ricorda nella Nota delle Pitture, Elisabetta realizzò acqueforti tratte da sue opere pittoriche: la Madre dolorosa con i simboli della Passione, che riproduce nel medesimo senso un olio su rame richiesto da Ettore Ghisilieri, e il Sant’Eustachio (illustrato più avanti nel percorso) erano stampe di presentazione da offrire in dono ai committenti dei dipinti. Risalenti entrambe all’inizio della carriera della pittrice, furono concepite in segno di riconoscenza nei confronti dei mecenati ma, soprattutto, come strumento di autopromozione di una giovane artista consapevole del proprio talento.

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    Sant'Eustachio (B. XIX, 157, 10-II)

    1658

    Acquaforte

    Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna - Gabinetto Disegni e Stampe, inv. 23676

     

    La stampa è copia autografa in controparte di una tela commissionata a Elisabetta dal conte Paolo Parisetti di Reggio Emilia, oggi in collezione privata.

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    La bottega dei Sirani

    Un gruppo di opere databili alla fine degli anni Cinquanta che raffigurano, con alcune varianti, il tema della Madonna col Bambino e San Giovannino mostrano la condivisione di modelli figurativi e alcune affinità di stile all’interno della bottega dei Sirani. Nella casa-studio di via Urbana, oltre a Elisabetta, vennero avviate alla pittura anche le due sorelle minori, Barbara e Anna Maria, i cui profili artistici non appaiono ancora ben delineati.

    Fa parte di tale nucleo di lavori dalle caratteristiche analoghe un foglio di Giovanni Andrea, realizzato con la tecnica a inchiostro diluito tipica anche di Elisabetta e in passato riferito sia a lei che a Barbara. L’impianto compositivo del disegno è ripreso in un’acquaforte della figlia maggiore. Corrisponde a questa stampa un olio su rame la cui autografia oscilla tra Elisabetta e Barbara. Lo stesso soggetto è declinato inoltre in una tela oggi a Cesena, di formato ovale come gli altri esemplari esposti, talvolta attribuita a Giovanni Andrea.

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    Giovanni Andrea Sirani (Bologna, 1610-1670) Madonna col Bambino, San Giovannino e l'agnellino

    Pietra nera, pennello e inchiostro diluito, carta

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 1651 F

  • 32/38
    Sacra Famiglia con San Giovannino (B. XIX, 152, 3)

    Acquaforte

    Firenze, Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 20684 st. sc.

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    Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665) (?) Sacra Famiglia con San Giovannino

    Olio su rame

    Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna, inv. 374

     

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    Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1665) o Giovanni Andrea Sirani (Bologna, 1610-1670) Madonna col Bambino e San Giovannino

    Olio su tela

    Cesena, proprietà della Cassa di Risparmio di Cesena, Crédit Agricole Italia, inv. 582

    Foto Carlo Vannini, Reggio Emilia

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    Le allegorie e le eroine di Elisabetta

    Nonostante la fama della Sirani fosse prevalentemente legata a opere devozionali, l’artista si specializzò anche in dipinti a carattere profano. La libertà d’invenzione che contraddistingue i quadri allegorici si ritrova nelle composizioni dedicate a eroine tratte dalla letteratura, dalla storia antica o dalla Bibbia, spesso rappresentate con iconografie non comuni. L’attitudine per tali generi, solitamente non coltivati dalle donne, rimarca ulteriormente la peculiarità della figura della pittrice.

    Istituendo una consuetudine poco diffusa al tempo, Elisabetta firmò un numero assai considerevole di dipinti, al fine di certificare l’autografia delle opere, di promuovere il suo lavoro e di affermare il proprio valore artistico. Nei lavori destinati a privati nascondeva il nome in punti inusuali, come schienali delle sedie, polsini, bottoni e passamanerie. Questi stratagemmi, che richiedevano uno sguardo acuto e una visione ravvicinata, vennero concepiti per i committenti più sofisticati.

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    Porzia che si ferisce alla coscia

    1664

    Olio su tela

    Bologna, Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, inv. M32228

     

    La Porzia, firmata e datata 1664 sulla base dello schienale della sedia, venne realizzata per il mercante di seta Simone Tassi, che commissionò a Elisabetta anche altre due opere. L’artista non dipinse, come era usuale, il momento del suicidio della donna ma la ritrasse mentre si ferisce alla coscia per mostrare allo sposo Bruto di avere la forza di condividerne le scelte politiche, ovvero la cospirazione che porterà all’assassinio di Giulio Cesare. L’episodio è narrato nelle Vite di Plutarco, testo classico conservato nella biblioteca paterna, a cui la pittrice attinse per arricchire la sua formazione umanistica e il suo immaginario visivo. La Sirani volle rivendicare il ruolo attivo di Porzia che, mostrando coraggio e fermezza, si affranca dalla dimensione domestica riservata alla donna, simboleggiata nel dipinto dalle ancelle sullo sfondo.

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    Anna Maria Ranuzzi ritratta come la Carità

    1665

    Olio su tela

    Bologna, Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, inv. M3085

     

    Oltre ad allegorie vere proprie, come la Carità, la Giustizia e la Prudenza, Elisabetta coltivò il genere dei ritratti allegorici, al tempo molto di moda soprattutto tra le dame dell’aristocrazia. Anna Maria Ranuzzi ritratta come la Carità è uno degli esempi più significativi di tale tipologia.

    La nobildonna venne effigiata con i due figli, a cui la pittrice aggiunse un terzo bambino appoggiato alla spalla di Anna Maria, al fine di rispettare l’iconografia tradizionale della Carità raccomandata da Cesare Ripa. Il merito dell’invenzione fu rivendicato con vanto dalla stessa artista nella Nota delle Pitture. La tela è tra gli ultimi lavori eseguiti prima della morte della Sirani, avvenuta nell’agosto del 1665, ed è espressione della sua piena maturità stilistica. Caratteristiche dell’ultimo periodo sono la calda cromia e la sicurezza formale. La firma tracciata a minuscole lettere d’oro sul polsino nero della donna fu sicuramente gradita da Annibale Ranuzzi, colto committente del dipinto e fratello dell’effigiata.

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    Bibliografia ragionata

    G. Albricci, Donne incisori nei secoli XVI e XVII. Notizie su Properzia de’ Rossi, Annamaria Vaiani, Veronica Fontana, Teresa del Po, Diana Scultori, Elisabetta Sirani, in “I Quaderni del Conoscitore di Stampe”, 19, novembre-dicembre 1973, pp. 20-25

     

    F. Baldassari, Per Elisabetta e Giovanni Andrea Sirani, in Scritti per Eugenio. 27 testi per Eugenio Riccòmini, a cura di Marco Riccòmini, Modigliana (FC), Tipografia Fabbri, 2017, pp. 170-176

     

    P. Bellini, Elisabetta Sirani, in “Nouvelles de l’Estampe”, 30, 1976,  pp. 7-12

     

    D. Benati, Elisabetta Sirani, in Disegni emiliani del Sei-Settecento. Come nascono i dipinti, a cura di D. Benati, Cinisello Balsamo (Milano), Carimonte Banca Spa- Amilcare Pizzi Editore, 1991, pp. 178-183

     

    B. Bohn, The antique heroines of Elisabetta Sirani, in “Renaissance Studies”, XVI, 1, 2002, pp. 52-79

     

    B. Bohn, Elisabetta Sirani and Drawing Practices in Early Modern Bologna, in “Master Drawings”, XLII, 3, 2004, pp. 207- 236

     

    B. Bohn, Female self – portraiture in early modern Bologna, in “Renaissance Studies”, XVIII, 2, 2004, pp. 239-286

     

    B. Bohn, The construction of artistic reputation in Seicento Bologna: Guido Reni and the Sirani, in “Renaissance Studies”, 25, 2011, 4, pp. 511-537

     

    B. Bohn, Elisabetta Sirani and the Marchese Ferdinando Cospi: Humanism, Natural History, and Art Collecting in Early Modern Bologna, in Renaissance Studies in Honor of Joseph Connors, a cura di M. Israël, L. A. Waldam, 2 voll., Milano, Officina Libraria, 2013, vol. I, pp. 577-582

     

    C. Cattani, I. Rossi, Lo scultore Emilio Santarelli (1801-1886) e il gusto per i bolognesi del Settecento, in Crocevia e capitale della migrazione artistica, a cura di S. Frommel, Bologna, Bononia University Press, pp. 413-426

     

    Elisabetta Sirani “pittrice eroina” 1638-1665, a cura di J. Bentini, V. Fortunati, catalogo della mostra (Bologna, Museo Civico Archeologico, 2004 –  2005), Bologna, Editrice Compositori, 2004

     

    A. Emiliani, Giovanni Andrea ed Elisabetta Sirani, in Maestri della pittura del Seicento emiliano, catalogo della mostra (Bologna, Palazzo dell'Archiginnasio, 1959) a cura di F. Arcangeli, C. Gnudi, Bologna, Alfa, 1959, pp. 140-145

     

    M. Faietti, I grandi disegni della Pinacoteca Nazionale di Bologna, Milano, Silvana Editoriale, 2002

     

    F. Frisoni, La vera Sirani, in “Paragone”, XXIX, 335, 1978, pp. 3-18

     

    F. Frisoni, Elisabetta Sirani, in La scuola di Guido Reni, a cura di E. Negro, M. Pirondini, Modena, Artioli Editore, 1992, pp. 365-381

     

    G. Gaeta Bertelà, Catalogo generale della raccolta di stampe antiche della Pinacoteca Nazionale di Bologna, Gabinetto delle Stampe. II. Incisori bolognesi ed emiliani del sec. XVII, Bologna, Editrice Compositori, 1973

     

    E. L. Goldberg, Patterns in Late Medici Patronage, Princeton, New Jersey, 1983, in particolare pp. 34-53, 262-272

     

    Italian Etchers of the Renaissance and Baroque, catalogo della mostra (Boston, Museum of Fine Arts; The Cleveland Museum of Art; Washington, National gallery of Art, 1989) a cura di S. Welsh Reed, R. Wallace, Boston, Museum of Fine Arts, 1989, in particolare pp. 131-132

     

    Italian Women Artists from Renaissance to Baroque, catalogo della mostra (Washington, National Museum of Women in the Arts, 2007) a cura di V. Fortunati, J. Pomeroy, C. Strinati, Milano, Skira, 2007

     

    C. Loisel, Musée du Louvre. Département des Arts graphiques. Inventaire général des dessins italiens. Tome X. Dessins bolonais du XVIIe siècle, tome II, Paris-Milano, Musée du Louvre-Officina Libraria, 2013, in particolare pp. 508-523

     

    C. C. Malvasia, Felsina Pittrice. Vite de pittori bolognesi, Bologna, Per l'Erede di Domenico Barbieri, 1678

     

    A. Mazza, La Galleria dei dipinti antichi della Cassa di Risparmio di Cesena, Milano, Electa, 2001, pp. 306-311

     

    A. Modesti, Elisabetta Sirani, in Dictionary of Women Artists, a cura di D. Gaze, tomo II, London, Fitzroy Dearborne, 1997, pp. 1272-1275

     

    A. Modesti, The Making of a Cultural Heroine. Elisabetta Sirani ‘Pittrice Celebrissima’ di Bologna (1638-1665), in Per l’Arte. Da Venezia all’Europa. Studi in onore di Giuseppe Maria Pilo, a cura di M. Piantoni, L. De Rossi, Monfalcone- Gorizia, Edizioni della Laguna, 2001, II, pp. 399-404

     

    A. Modesti, Alcune riflessioni sulle opere grafiche della pittrice Elisabetta Sirani nelle raccolte dell’Archiginnasio, in “L’Archiginnasio”, XCVI, 2001, 2003 pp. 151-215

     

    A. Modesti, Elisabetta Sirani: una virtuosa del Seicento bolognese, Bologna, Editrice Compositori, 2004

     

    A. Modesti, “A casa con i Sirani”: A successful Family Business and Household in Early Modern Bologna, in The early modern Italian Domestic interior, 1400-1700. Obejcts, Spaces, Domesticities, a cura di E. J. Campbell, S. R. Miller, E. Carroll Consavari, Burlington, Ashgate, 2013, pp. 47-64

     

    A. Modesti, Elisabetta Sirani “Virtuosa”: women’s cultural production in early modern Bologna, Tunhout, Brepols, 2014

     

    Mostra di disegni bolognesi dal XVI al XVIII secolo, catalogo della mostra (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, 1973) a cura di C. Johnston, Firenze, Leo S. Olschki, 1973

     

    Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo generale. 3. Guido Reni e il Seicento, a cura di J. Bentini et al., Venezia, Marsilio, 2008, in particolare pp. 373-375, 387-389, 437-449

     

    r'accolte }. Il Barocco emiliano. Arte delle Fondazioni on-line, catalogo della mostra (Bologna, sede della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, 2012-2013) a cura di A. Mazza, Roma, 2012

     

    M. Riccòmini, Elisabetta Sirani a Firenze, in Studi di storia dell'arte in onore di Fabrizio Lemme, a cura di F. Baldassari, A. Agresti, Roma-Foligno, Egraphiae -Cartograf, 2017, p. 185

     

    Il segno dell'arte. Disegni di figura nella collezione Certani alla Fondazione Giorgio Cini (1500-1750), catalogo della mostra (Bologna, Casa saraceni, 2007) a cura di V. Mancini, G. Pavanello, Bologna, Bononia University Press, 2007, in particolare pp. 126-127, n. 28

     

    Le “Stanze” di Guido Reni. Disegni del maestro e della scuola, catalogo della mostra (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffiz, 2008) a cura di B. Bohn, Firenze, Leo S. Olschki, 2008

     

    A. Sutherland Harris, Artemisia Gentileschi and Elisabetta Sirani: Rivals or Strangers?, in “Woman's Art Journal”, XXXI, 1, 2010, pp. 3-12

Dipingere e disegnare "da gran maestro" il talento di Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665)

L'ipervisione è dedicata alla memoria di Davide Astori

Il percorso virtuale su Elisabetta Sirani, giovane e talentuosa artista scomparsa a soli 27 anni, è dedicata a Davide Astori, capitano della AC Fiorentina, scomparso improvvisamente il 4 marzo in giovanissima età, lasciando nello sgomento i suoi cari, la città tutta e l'intero mondo dello sport.

La vita di Elisabetta Sirani si svolse interamente a Bologna. La sua educazione artistica si deve al padre Giovanni Andrea (Bologna 1610-1670), uno dei principali collaboratori di Guido Reni che, alla morte del maestro (nel 1642), aprì una fiorente bottega. Presidente di un’ Accademia di nudo, grande conoscitore di disegni e perito, Giovanni Andrea faceva parte di un’élite di nobili ed eruditi che insieme a lui esercitarono un ruolo determinante nell’affermazione della pittrice anche al di fuori dei confini della città felsinea.

La carriera della Sirani è racchiusa nell’arco di un decennio. Nata l’8 gennaio del 1638, esordì diciassettenne nel 1655, quando iniziò a registrare i dipinti a lei commissionati in un taccuino intitolato Nota delle Pitture fatte da me Elisabetta Sirani, pubblicato postumo dal biografo Carlo Cesare Malvasia. Nel 1662 subentrò al padre, infermo a causa della gotta, nella conduzione della bottega di famiglia. Pochi anni dopo, il 28 agosto del 1665, la giovane artista si spense all’improvviso nella sua casa di via Urbana, tra voci di avvelenamento ma, verosimilmente, a seguito di una peritonite causata da ulcera perforante.

CREDITS

Realizzazione del percorso virtuale a cura del Dipartimento di Informatica, Strategie Digitali e Promozione Culturale, in concomitanza con la mostra "Dipingere e disegnare da gran maestro: il talento di Elisabetta Sirani (Bologna, 1638-1655)", allestita presso le Sale Detti e del Camino delle Gallerie degli Uffizi (6 marzo - 10 giugno 2018). Montaggio a cura di Patrizia Naldini. Pubblicazione marzo 2018

Direzione  tecnico- scientifica della mostra

Marzia Faietti

Ideazione e cura della mostra

Roberta Aliventi

Laura Da Rin Bettina

Coordinamento scientifico di: Marzia Faietti

Redazione dei testi esplicativi

(Introduzione alla Mostra e alle Sezioni, approfondimenti sulle opere)

Roberta Aliventi

Laura Da Rin Bettina

Crediti fotografici

Cesena, Cassa di Risparmio di Cesena, Crédit Agricole Italia, foto Carlo Vannini, Reggio Emilia

Bologna, Collezioni d'Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna

Bologna, Polo Museale Emilia Romagna - Pinacoteca Nazionale di Bologna

Firenze, Gabinetto Fotografico delle Gallerie degli Uffizi, Roberto Palermo

Modena, Archivio fotografico del Museo Civico d'Arte, foto Paolo Pugnaghi

Mosca, The Pushkin State Museum of Fine Arts

Pesaro, Comune di Pesaro, Musei Civici – Palazzo Mosca

Venezia, Fondazione Giorgio Cini

Vignola, Comune di Vignola

 

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