La Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti
La Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti
La decorazione affrescata tra Sette e Ottocento
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All'interno della reggia granducale di Palazzo Pitti, nel cuore di Firenze, si trova un ambiente che nelle sue vicende costruttive e decorative rispecchia la storia dei regnanti di Toscana. Si tratta della cosiddetta Palazzina della Meridiana, propaggine sud occidentale del palazzo, ad esso congiunta da un lungo corridoio e da alcune rampe di scale. La palazzina ad un solo piano distende i suoi ambienti affacciandosi sul parco della reggia, il Giardino di Boboli, in una relazione privilegiata con il verde che la circonda, e in posizione appartata rispetto all'imponente ufficialità del palazzo di rappresentanza.
Le vicende che riguardano la realizzazione della palazzina si intrecciano con la storia delle famiglie succedute ai Medici dopo l’estinzione della loro dinastia. L'ultima Medici, Anna Maria Luisa, abitò a Palazzo Pitti fino al 1743, dopo che nel 1737 era morto l’ultimo granduca, suo fratello Gian Gastone, senza lasciare eredi. Il granducato fu assegnato quindi agli Asburgo Lorena che regnarono fino al 1859 (anno dell'autoannessione della Toscana all'Italia unita), con l'eccezione della breve parentesi napoleonica (1799-1814) durante la quale le sorti del granducato per volontà dell'imperatore Bonaparte furono rette prima da un ramo della famiglia Borbone e poi da sua sorella Elisa Baciocchi. Dopo la definitiva cacciata dei granduchi da Firenze nel 1859 e l'annessione al Regno d'Italia, tra 1865 e 1871 Firenze fu capitale del regno e Vittorio Emanuele II venne a stabilirsi a Palazzo Pitti, prediligendo proprio gli ambienti della palazzina come sua residenza privata.
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L’aspetto dell’edificio nel primo Ottocento e il suo rapporto con il Giardino è ben documentato in questo acquerello, datato 1819 e conservato presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi (inv. 1890 n. 10791). Si tratta di una veduta eseguita dal paesaggista e incisore austriaco Thomas Ender (Vienna 1793 – Vienna 1875), fratello gemello del ritrattista Johann. Fin dai loro esordi i due fratelli mostrarono attitudine per la pittura ed il disegno e frequentarono entrambi l’Accademia di Belle Arti di Vienna. Ben presto le loro strade si divisero, ciascuno diretto a seguire la propria personale inclinazione: mentre Johann si ispirava agli antichi classici della storia orientandosi verso la ritrattistica e registrando ben presto un grande successo nella società, Thomas di sentiva invece inspirato dalla realtà della natura, inizialmente nei liberi paesaggi dei dintorni di Vienna.
Nel 1819 l’imperatore austriaco Francesco I gli concesse di recarsi in Italia accompagnando il cancelliere di stato Klemens von Metternich; rimase sulla penisola per i quattro anni previsti dal pensionato artistico a Roma. Durante il suo primo anno di permanenza dovette sostare a Firenze, soffermandosi a ritrarre il celebre Giardino di Boboli e la Palazzina della Meridiana.
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Questa sorta di “buen retiro” dei sovrani di Toscana, vide la realizzazione del suo primo ambiente alla fine del XVII secolo.
Durante il periodo mediceo la sala che ospita ancora oggi la meridiana da cui la palazzina prende il nome, faceva parte dell’appartamento del gran principe Ferdinando de’Medici. La decorazione ad affresco della volta, eseguita da Anton Domenico Gabbiani tra 1692 e 1693, rappresenta l’esaltazione di Galileo Galilei e delle sue scoperte scientifiche. La denominazione della sala deriva dalla meridiana costruita da Vincenzo Viviani, allievo di Galileo Galilei, nel 1696: l'orologio solare consiste in una lamina di ottone che si estende per 4,27 metri in verticale lungo lo spigolo destro della sala e prosegue per pari lunghezza a segnare la diagonale sul pavimento. Pur trovandosi ancora in loco, lo strumento oggi non è più funzionante, a causa dei mutamenti architettonici avvenuti in seguito nell’edificio.
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Fu il granduca Pietro Leopoldo Asburgo-Lorena a decidere di avviare, nel 1776, la costruzione ex novo di una sorta di estensione dell’ala meridionale di Palazzo Pitti, a partire dalla preesistente sala d’angolo già allora detta “della meridiana”. Per suo volere, l’architetto Gasparo Maria Paoletti costruì le prime sei stanze della palazzina, dotandole di una facciata neoclassica. La nuova aggiunta divenne dunque presto nota come Palazzina della Meridiana.
I lavori ripresero in epoca napoleonica sotto Elisa Baciocchi, che incaricò Giuseppe Cacialli di ampliare e ammodernare la palazzina, ma fu Leopoldo II, granduca lorenese, a conferirle la sua facies definitiva, affidando il progetto a Pasquale Poccianti. A partire dal 1826, Poccianti costruì la sala da ballo e la galleria attigua, ed entro il 1827 dotò la Palazzina di una facciata laterale rivolta ad ovest. Terminati i lavori strutturali, lo stesso architetto seguì in prima persona la decorazione ad affresco delle sale e anche l’arredamento degli interni.
Queste continue trasformazioni sono la testimonianza del crescente interesse dei vari sovrani che hanno risieduto a Pitti, nei confronti della Palazzina della Meridiana. Sotto il dominio napoleonico, tra 1801 e 1807, la regina d’Etruria Maria Luisa di Borbone scelse per prima di stabilirvi la sua abitazione privata, in alternativa al quartiere del piano nobile del palazzo, dove avevano vissuto i Medici fino al 1743. In seguito, la stessa scelta fu compiuta da Elisa Baciocchi, da Leopoldo II dopo il ritorno dei Lorena, e da Vittorio Emanuele II all'atto dell'annessione della Toscana al Regno d'Italia. Col mutare dei tempi, infatti, lo stile di vita dei regnanti si era fatto più borghese, e il carattere modesto e appartato della Meridiana era preferito alle sontuose ma poco accoglienti sale del piano nobile.
- 5/34Intro/05 - La decorazione degli ambienti
Come altre aree del Palazzo, anche la Palazzina della Meridiana è decorata da un prestigioso ciclo di affreschi, realizzato in tre fasi differenti. La prima è oggi testimoniata da un’unica sala, affrescata da Luigi Sabatelli con il Sogno di Salomone, su commissione di Maria Luisa di Borbone nel 1807, in epoca napoleonica. Con il ritorno dei Lorena in Toscana, l’impresa venne proseguita negli anni Trenta dell’Ottocento sotto Leopoldo II, che fece affrescare gran parte degli ambienti, sia di destinazione pubblica che privata, con soggetti tratti dalla storia biblica e dalla letteratura non solo antica, ma anche contemporanea. Infine, un’ultima campagna decorativa prese avvio a partire dal 1860, quando si cominciò a programmare l’arrivo di Vittorio Emanuele II a Firenze, proclamata capitale del Regno d’Italia nel 1865. Gli affreschi di quest’ultima fase sono orientati su due toni diversi: le sale prospicienti il giardino di Boboli, destinate a funzioni pubbliche, si caratterizzano per il tono solenne delle figurazioni, con scene allegoriche che celebrano il Regno d’Italia; le sale rivolte all’interno, di destinazione privata, presentano uno stile meno aulico, con scene storiche che omaggiano la città di Firenze e i suoi più illustri personaggi.
- 6/341. Vestibolo
1860 circa
Questo ambiente era l’entrata nobile della palazzina, cui si accedeva direttamente dal Giardino di Boboli. La decorazione, risalente all’età sabauda, è interamente monocroma ed è costituita da un soffitto a cassettoni e da un fregio che corre su tre lati della sala.
- 7/341. Vestibolo
Nelle pareti laterali si fronteggiano due cortei di putti, recanti nell’uno cappelli da bersagliere, carabine e un fusto di cannone e nell’altro, rami di quercia e alloro.
- 8/341. Vestibolo
Nella parete centrale i putti reggono lo stemma Savoia.
- 9/342. Storie di Salomone
Luigi Sabatelli
Firenze 1772 - Milano 1850
Il sogno di Salomone
1807
La prima sovrana a scegliere la Palazzina della Meridiana come sua abitazione privata fu la reggente d’Etruria Maria Luisa di Borbone. Questa sala, scelta come sua camera da letto, fu dunque la prima in tutta la palazzina a ricevere una decorazione pittorica. Il medaglione centrale, affrescato da Luigi Sabatelli, presenta una raffigurazione onirica in cui il giovane re Salomone, addormentato, sogna che Dio gli doni la saggezza necessaria per governare il suo popolo. Il tema è chiaramente un’allusione alle speranze che Maria Luisa, dopo la morte del marito Lodovico di Borbone, nutriva per il futuro del figlio Carlo Ludovico, all’epoca dodicenne. Gli arredi in stile impero dipinti da Sabatelli, conformi a quelli che Maria Luisa commissionò per arredare la palazzina, contribuiscono a rafforzare il riferimento all’attualità. Il dettaglio della corona, posata in bilico sul tavolino in primo piano, sembra però alludere alle basi precarie su cui si fondava il Regno d’Etruria, che infatti ebbe presto termine.
Scheda operaIl sogno di SalomoneMuseo della Moda e del Costume | Palazzo Pitti - 10/342. Storie di Salomone
Ferdinando Folchi
Firenze 1822 - 1883
Quattro episodi della vita di Salomone
1860-62
I quattro riquadri minori furono eseguiti da Ferdinando Folchi, con episodi della vita del re Salomone.
- 11/343. Storie di donne romane
Antonio Marini
Prato 1788 - Firenze 1861
Cornelia che mostra i figli alla matrona capuana
1833-35
Questa sala, destinata alle udienze della granduchessa Maria Antonietta di Borbone, moglie di Leopoldo II d’Asburgo Lorena, è interamente dedicata alla celebrazione delle virtù femminili, attraverso episodi tratti dalla storia romana. Il riquadro centrale, opera di Antonio Marini, è dedicato alla matrona Cornelia, madre dei Gracchi, figura che ricevette molte interpretazioni pittoriche in epoca neoclassica. Rimasta vedova ancora giovane, Cornelia rifiutò la proposta di matrimonio del re d’Egitto per consacrarsi interamente all’educazione dei suoi dodici figli. Di questi però soltanto tre sopravvissero fino all’età adulta: Tiberio e Gaio Gracco, che si dedicarono in seguito alla carriera politica, e la sorella Sempronia. L’affresco raffigura un celebre episodio narrato da Valerio Massimo, in cui Cornelia, di fronte a un’amica che ostenta le sue pietre preziose, le risponde, indicando i suoi figli, “ecco i miei gioielli”.
- 12/343. Storie di donne romane
Ferdinando Folchi
Firenze 1822 - 1883
Fatti celebri di donne romane
1833-35
I quattro riquadri minori furono realizzati da Ferdinando Folchi, allora allievo di Marini, e raffigurano altre celebri imprese compiute da donne romane, tra le quali si riconosce l’episodio delle Sabine che arrestano il combattimento tra Sabini e Romani.
- 13/344. Storie di Tobia
Gaspero Martellini
Firenze 1785 - 1857
Ovale centrale | Il ritorno al cielo dell’Arcangelo Raffaele
Lunette | L’educazione di Tobia; L’esempio domestico; La partenza; Un provvido compagno; La sposa; Le nozze; Il ritorno; La guarigione1833 - 36
Questa stanza era la camera da letto della granduchessa Maria Antonietta. La decorazione pittorica della volta fu affidata a Gaspero Martellini ed è incentrata sulla vicenda biblica di Tobia e l’angelo, molto nota a Firenze fin dal Rinascimento. In questo caso, vengono messe in particolare risalto le scene di ambientazione domestica, in riferimento all’importanza dell’educazione dei figli e al ruolo della famiglia.
La storia viene narrata in otto lunette. Tobia, cresciuto amorevolmente dal padre, divenuto cieco, e dalla madre Anna, viene inviato in un’altra città per riscuotere una somma di denaro prestata tempo prima, ma ha bisogno di una guida che lo protegga in questa missione. Si presenta Azaria, che conosce bene la strada e si offre di accompagnarlo. Con il suo aiuto, Tobia porta a termine il suo compito e sposa Sara. Tornato a casa, su suggerimento di Azaria, spalma sugli occhi del padre il fiele di un pesce catturato durante il viaggio, facendogli riacquisire la vista. Nell’ovale centrale viene raffigurato l’epilogo della vicenda, in cui Azaria rivela la sua vera identità: egli è infatti l’arcangelo Raffaele, inviato da Dio per esaudire le preghiere di Tobia e della sua famiglia.
La commissione iniziale prevedeva solo queste scene, ma in un secondo momento si decise di far aggiungere, sempre al Martellini, quattro virtù (Umiltà, Fede, Carità, Fedeltà coniugale), dando ancora più rilievo alle qualità ritenute fondamentali nel matrimonio e nella famiglia.
La ricca decorazione della sala è completata da stucchi con angeli in volo e fregi dorati.
- 14/345. Storie di Ester
Gaspero Martellini
Firenze 1785 - 1857
Riquadro centrale | Ester che sviene al cospetto di Assuero
Riquadri laterali | Ester che riceve il decreto di sterminio degli ebrei; Il merito sconosciuto (Assuero che in tempo di notte si fa leggere gli Annali nei quali trova la fedeltà di Mardocheo); Il trionfo di Mardocheo; Assuero al convito di Ester
1834 - 36
Questa sala fungeva da salotto privato della granduchessa Maria Antonietta. Il tema degli affreschi celebra una eroina biblica simbolo di fedeltà coniugale e di dedizione al proprio popolo, ma potrebbe anche essere un’allusione alla provenienza straniera della nuova sovrana, nata principessa del Regno delle Due Sicilie.
La decorazione iniziò prima che fosse terminata quella dell’adiacente camera da letto della granduchessa e venne affidata allo stesso pittore, Gaspero Martellini.
La complessa vicenda della Regina Ester è stata riassunta in un episodio centrale corredato da quattro riquadri minori a finto bassorilievo.Ester, di stirpe ebrea, è sposata col re persiano Assuero ed è nipote di Mardocheo, che in passato ha sventato una congiura contro il re, salvandogli la vita. Assuero non è al corrente del gesto, che però viene registrato negli Annali del regno. Aman, primo consigliere del re, ordina che tutti si inchinino al suo cospetto, ma di fronte al rifiuto di Mardocheo emana un decreto di sterminio rivolto a tutti gli ebrei del regno. Messa al corrente del decreto, Ester dovrà intercedere presso il marito per salvare il suo popolo, ma per farlo deve violare un esplicito divieto di presentarsi al cospetto del re senza invito. L’incontro, decisivo per la svolta positiva della vicenda, è narrato nel riquadro centrale della volta. In seguito, Assuero scopre dagli Annali la fedeltà di Mardocheo e lo copre di onori, ritira il decreto contro gli ebrei e condanna Aman al patibolo.
- 15/346. Storie da "I Promessi Sposi"
Niccolò Cianfanelli
Mosca 1793 - Firenze 1848
Riquadro centrale | Incontro di don Rodrigo con Lucia
1834-1837
Il tema degli affreschi di questa sala, di destinazione privata, soddisfa un desiderio personale di Leopoldo II, che già da tempo progettava di omaggiare il romanzo ormai famoso di Manzoni, pubblicato nel 1827.
La passione del granduca per i Promessi Sposi era emersa fin da quando, per il suo compleanno del 1828, aveva organizzato un ricevimento nella villa di Poggio a Caiano con la rappresentazione di tableaux vivants basati sul romanzo. Nello stesso anno, durante una visita a Milano, aveva incontrato personalmente Alessandro Manzoni. L’incontro impressionò profondamente Leopoldo, che commissionò a Francesco Sabatelli, figlio di Luigi, un ritratto dello scrittore. Il dipinto però non fu realizzato a causa della malattia che portò il pittore ad una morte prematura nel 1829.Nel 1832 Leopoldo perse la prima moglie, Maria Carolina di Sassonia, cui era molto legato: questo lutto lo spinse a recuperare l’idea di celebrare i Promessi Sposi in un ciclo decorativo. In una lettera indirizzata al Manzoni, il granduca affermava di trovare un grande conforto nella lettura del libro, grazie al quale recuperava la fiducia nel ruolo della Divina Provvidenza nella vita degli uomini.
Questa volta Leopoldo inviò a Milano il pittore Nicola Cianfanelli, sia per eseguire finalmente il ritratto di Manzoni, rimasto in sospeso, che per studiare dal vero i luoghi in cui ambientare le scene del ciclo di affreschi, cui venne destinata una sala della Meridiana.Si tratta di uno dei primi cicli iconografici dedicati al romanzo, che ebbe fin da subito una grande risonanza tra i pittori toscani.
- 16/346. Storie da "I Promessi Sposi"
Sopra | Lucia pronta per le nozze; Fra Cristoforo; Renzo che impreca Don Rodrigo
Sotto | Il finto mendico (il Griso alla casa di Lucia); Federico Borromeo; L’arrivo dopo la fugaIl racconto inizia nel riquadro centrale, che raffigura il primo incontro tra Lucia e Don Rodrigo. La scelta degli episodi si concentra sulle vicende personali di Renzo e Lucia, mettendo in risalto i principi morali espressi nel romanzo. Il pittore ha interpretato le scene con un gusto neosecentesco, affidandosi a colori squillanti per conferire alla figurazione un tono vivacemente narrativo.
- 17/346. Storie da "I Promessi Sposi"
Sopra | Renzo che fa l’elemosina; Lucia e l’Innominato; Il perdono di Ludovico
Sotto | Renzo, Lucia e fra Cristoforo al lazzeretto; Alessandro Manzoni; Lo sposalizio di Renzo e Lucia - 18/347. Le imprese di Cesare
Giuseppe Bezzuoli
Firenze 1784 - 1855
Riquadro centrale | Cesare abbandona Cleopatra
Riquadri | Cesare a Rodi; Cesare piange sull’immagine di Alessandro; Il triumvirato di Cesare, Pompeo e Crasso; Cesare getta un ponte sul Reno; Cesare al fiume Rubicone; Cesare sul fiume Anio; Cesare alla battaglia di Farsalo; Cesare salva i suoi Commentarii; Cesare dittatore perpetuo; Cesare perdona Ligario
1833-36
Il carattere solenne e la qualità degli affreschi di questa sala testimoniano ancora oggi l’importante funzione di rappresentanza che questo ambiente rivestiva per Leopoldo II. Il granduca non a caso ne affidò l’esecuzione a un Giuseppe Bezzuoli ormai pienamente affermato come protagonista della pittura romantica.
Anche la scelta del soggetto della decorazione non potrebbe essere più eloquente: si tratta di un complesso ciclo che narra, in undici episodi salienti, le storie di Giulio Cesare, modello di valore militare e attaccamento alla patria, cui ogni sovrano deve tendere.
La disposizione degli episodi non segue un ordine cronologico, ma piuttosto un criterio estetico, alternando concitate scene di battaglia a riquadri più riflessivi e popolati da pochi personaggi. Accenti di blu squillante attentamente disseminati guidano l’occhio attraverso la folla di figure.
L’attenzione dello spettatore viene però catalizzata dal riquadro centrale, in cui vediamo Cesare partire dall’Egitto per tornare a Roma e ai suoi doveri, abbandonando la regina Cleopatra, che sviene per il dolore. Il condottiero le getta un ultimo sguardo mentre si allontana, sancendo la preminenza dell’interesse pubblico su quello personale e il trionfo dell’intelletto sui sensi.Con l’arrivo di Vittorio Emanuele II, le sale di rappresentanza vennero spostate sul lato della Meridiana prospiciente il giardino e questa sala fu scelta come camera da letto personale del re.
- 19/347. Le imprese di Cesare
Riquadri laterali.
- 20/348. Mosè e le Tavole della Legge. Figure dell’Antico Testamento
Niccola Monti
Pistoia 1781 - Cortona 1864
Riquadro centrale | Mosè che riceve le tavole della legge
Riquadri laterali | Le Quattro Virtù Cardinali
Lunette | Figure dell’Antico Testamento
1833 - 35
Il tema affidato a Niccola Monti per gli affreschi di questa sala riprende il filone ispirato all’Antico Testamento. Nella scena centrale, le figure emergono da una coltre di gonfie nubi. Mosè, inginocchiato sulla cresta del monte Sinai riceve le tavole con i comandamenti da un angelo e, per suo tramite, direttamente da Dio Padre.
Nelle lunette trovano posto le figure dell’Antico Testamento, mentre le quattro Virtù Cardinali sono raffigurate a monocromo negli esagoni laterali.
I richiami alla pittura cinquecentesca sono evidenti nella solidità delle figure e nelle pose articolate dei nudi, di michelangiolesca ispirazione.Nato come sala delle udienze di Leopoldo II, questo ambiente venne trasformato da Vittorio Emanuele II in una “Sala d’Armi”, come testimonia un inventario del 1878.
- 21/349. Storie di Francesco Ferrucci
Antonio Puccinelli
Castelfranco di Sotto, Pisa 1822 – Firenze 1897
Riquadro centrale | Ferruccio pone Empoli in stato di difesa
Riquadri laterali | Ferruccio espone il suo piano; Ferruccio sospetta di un messo di Maramaldo; Ferruccio prende Volterra; Ferruccio costretto a Pisa; Morte di Ferruccio a Gavinana; Ferruccio riprende San Miniato ribellata
1862 circa
Il soggetto di questa sala è l’unico in tutto il ciclo della Meridiana a porre delle incertezze riguardo la sua corretta interpretazione. L’identificazione più probabile, sulla base delle scene raffigurate, riconduce alle vicende del condottiero fiorentino Francesco Ferrucci. Nel 1530, durante l’assedio di Firenze, il Ferrucci comandò la Repubblica Fiorentina nella battaglia di Gavinana contro l’esercito dell’imperatore Carlo V, ma perse la vita durante lo scontro. Il suo sacrificio fu celebrato in periodo risorgimentale e dunque si inserisce bene nel programma iconografico voluto da Vittorio Emanuele II per le stanze della Meridiana. La scelta del pittore cui affidare l’esecuzione degli affreschi ricadde su Antonio Puccinelli, un artista più aperto alle novità provenienti dall’ambito macchiaiolo, rispetto ad autori come Annibale Gatti e Cesare Mussini, scelti per le altre sale.
La decorazione fu forse l’ultima ad essere eseguita per il ciclo di affreschi commissionato da Vittorio Emanuele II, che aveva adibito questo piccolo ambiente a “sala da fumare”.
- 22/3410. Il Genio militare vittorioso e Storie di Firenze
Annibale Gatti
Forlì 1828 - Firenze 1909
Al centro | Il genio militare vittorioso; Putto con stemma dei Savoia; Putto con stemma di Firenze
1860-62
Questa fastosa galleria, destinata a sala da pranzo all’epoca di Vittorio Emanuele II, suggella il legame tra la casa dei Savoia e Firenze. Nella volta a botte campeggiano tra rosoni dorati Il genio militare vittorioso e due genietti che sorreggono l’uno lo stemma di Firenze e l’altro quello dei Savoia. Le lunette invece illustrano due scene della vita di Michelangelo. Questa decorazione, dovuta ad Annibale Gatti, era completata da due tende dipinte ad olio da Nicola Sanesi, raffiguranti La Disfida di Barletta e Ferruccio a Gavinana, due episodi dell’assedio di Firenze del 1530 descritti nel romanzo storico di Francesco Domenico Guerrazzi.
- 23/3410. Il Genio militare vittorioso e Storie di Firenze
Lunetta | Michelangelo sovrintende ai lavori di fortificazione delle mura di Firenze
- 24/3411. Storie di Torquato Tasso
Antonio Marini
Prato 1788 - Firenze 1861
Riaquadro centrale | La Poesia regge un cartiglio con scritto Gerusalemme Liberata
1860-61
Gli affreschi di questa sala furono commissionati da Vittorio Emanuele a un pittore che aveva già lavorato nella palazzina all’epoca di Leopoldo II, Antonio Marini. Caso unico in tutto il ciclo della Meridiana, a Marini venne lasciata libera scelta sul soggetto da raffigurare. In perfetta consonanza con i temi trattati nelle altre sale eseguite per Vittorio Emanuele, Marini scelse di celebrare la figura di Torquato Tasso.
- 25/3411. Storie di Torquato Tasso
Lunette | L’incontro del Tasso con l’architetto Buontalenti a Firenze; La visita di Aldo Manuzio, del padre Angiolo Grillo e del pittore Terzi al Tasso all’ospedale di Sant’Anna; Il Tasso accompagnato dal cardinale Cinzio Aldobrandini a Sant’Onofrio pochi giorni avanti la morte; Il Tasso presentato dal cardinale Luigi d’Este alla sorella Eleonora
Le quattro lunette illustrano episodi della vita del poeta, mentre il tondo centrale ospita una figurazione allegorica che celebra la Gerusalemme Liberata. Il pittore tuttavia morì prima di portare a termine la lunetta con Il Tasso presentato dal cardinale Luigi d’Este alla sorella Eleonora, che fu pertanto completata dal suo allievo Pietro Pezzati.
- 26/3412. La congiura dei Pazzi
Cesare Mussini
Berlino 1804 - Barga, Lucca 1879
1861 circa
Il soggetto di questa sala è tratto dalla tragedia La congiura dei Pazzi di Vittorio Alfieri, che narra il celebre episodio di storia fiorentina. La composizione replica un quadro realizzato dallo stesso Cesare Mussini nel 1835, ma esposto a Firenze alla Prima Esposizione Italiana del 1861. Raimondo de’ Pazzi, deciso a contrastare lo strapotere dei Medici che dominano Firenze, prende commiato dalla moglie Bianca de’ Medici, la quale però presagisce l’epilogo tragico della sua missione. Raimondo infatti si recherà nel duomo di Santa Maria del Fiore, dove ucciderà Giuliano de’ Medici, ma morirà lui stesso per una ferita. La scena è incorniciata da fregi con putti che sorreggono lo stemma mediceo e quello dei Pazzi e i medaglioni coi ritratti di Lorenzo il Magnifico, fratello di Giuliano, e papa Sisto IV.
- 27/3413. Storie di Ulisse
Francesco Nenci
Anghiari, Arezzo 1781 - Siena 1850
Riquadro centrale | Il banchetto di Ulisse nella reggia di Alcinoo
1834-35
Interrompe l’infilata di sale decorate nel periodo sabaudo questa, che era la sala da pranzo di Leopoldo II di Lorena. Prima di Vittorio Emanuele II infatti, anch’egli aveva destinato il quartiere della Meridiana a sua abitazione privata. Per decorare la sala da pranzo sembrò appropriato un tema classico, tratto dall’Odissea e incentrato sulla raffigurazione di un sontuoso banchetto. Ulisse viene ospitato da Alcinoo, re dei Feaci, nella sua reggia. Quando un aedo comincia a declamare le vicende della guerra di Troia, Ulisse non riesce a trattenere le lacrime, rivelando così la sua vera identità, fino allora celata. Nell’interpretazione del soggetto data dal pittore Francesco Nenci, il fulcro drammatico della scena è proprio la figura di Ulisse in primo piano che, mentre gli altri commensali ascoltano lietamente il poeta, si copre il volto con la mano nel momento di massima commozione.
La scena è incorniciata da quattro riquadri minori, con episodi delle vicende di Ulisse, realizzati a monocromo ad imitazione di fregi classici.
- 28/3414. Dante ambasciatore dei Fiorentini presso Papa Bonifacio VIII
Giorgio Berti
Firenze 1794 - 1868
1860 circa
Questa sala conclude il nucleo decorato in occasione dell’arrivo di Vittorio Emanuele II a Firenze, ma il tono della decorazione è totalmente diverso da quello delle sale rivolte verso il giardino, probabilmente perché non si trattava di un ambiente di rappresentanza, ma solo di una piccola camera di servizio. In questo caso la celebrazione della Nazione italiana passa attraverso l’illustrazione di un episodio storico, in omaggio a Firenze e a uno dei suoi cittadini più illustri. Il pittore Giorgio Berti eseguì l’affresco centrale con un episodio poco noto della vita di Dante, avvenuto nel 1300, quando il poeta si sarebbe recato presso il papa per convincerlo a revocare l’invio di Carlo di Valois a Firenze, formalmente paciere ma in realtà conquistatore. La sua spedizione avrebbe però avuto il nefasto esito di condurre Dante all’esilio, a causa della sua ostilità verso il papa.
Non manca la celebrazione di casa Savoia, il cui stemma è raffigurato negli angoli del fregio a monocromo che incornicia la scena.
- 29/3415. Sala da ballo
Ulisse Cambi
Firenze 1807 - 1895
Apollo che dà l’arco a Ercole; Apollo che dà la verga a Mercurio in cambio della zampognaAristodemo Costoli
Firenze 1803 - 1871
Il monte Parnaso; Apollo con Amore e Bacco appoggiato ad Ampelo; Due baccantiLuigi Pampaloni
Firenze 1791 - 1847
Ercole che toglie il tripode ad Apollo; Apollo che dà a Ercole la tazza d’oro; Una baccanteEmilio Santarelli
Firenze 1801 - 1886
Apollo che accorda a Cassandra la facoltà di vaticinare; La contesa di Marsia e Apollo; Una baccante1831-37 circa
In questo ambiente, destinato ai ricevimenti, si esprime compiutamente la concezione artistica di Pasquale Poccianti, che lo progettò nei più minimi dettagli.
Diversamente dalle altre sale della Palazzina, questa non ospita decorazioni ad affresco, ma un’ornamentazione monocromatica di impronta neoclassica, che ottiene l’effetto ottico di dilatare lo spazio della sala. La cupola presenta una decorazione a cassettoni contenenti rosoni, motivo ricorrente negli ambienti progettati dal Poccianti, che riprende un elemento tipico del repertorio del suo maestro, Giuseppe Cacialli.Attorno ad essa, si sviluppa una decorazione a stucco su tematiche pagane, con riferimento alla musica e alla danza. Le quattro baccanti nei pennacchi e i sei bassorilievi nei sottarchi furono affidati a quattro artisti diversi, ma la rigorosa supervisione del Poccianti fu tale da garantire la più grande omogeneità stilistica tra i loro interventi.
- 30/3415. Sala da ballo
Particolari delle decorazioni in stucco.
- 31/3416. L’Italia che prende il posto in mezzo alle Nazioni guidata dal genio di casa Savoia
Annibale Gatti
Forlì 1828 - Firenze 1909
1860 circa
L’Italia incede solenne sventolando il tricolore, per raggiungere il posto che le spetta tra le altre Nazioni. Ai lati, due riquadri a monocromo presentano lo stemma dei Savoia sorretto da due leoni, mentre tutt’intorno una cornice in stucco dorato alterna il motto sabaudo FERT ai nomi di ventiquattro città italiane che si distinsero durante i moti risorgimentali. Le iniziali del re Vittorio Emanuele campeggiano ai quattro angoli del soffitto.
In procinto di trasferirsi a Firenze, nuova capitale del Regno d’Italia, il re Vittorio Emanuele scelse come residenza privata proprio la Palazzina della Meridiana, preferita ad altre ali di Palazzo Pitti per il carattere appartato e accogliente dei suoi ambienti. Le sale prospicienti il giardino, fino allora prive di una degna decorazione pittorica, furono destinate a funzioni di rappresentanza e si dovette concepire ex novo una decorazione adeguatamente sontuosa, contraddistinta da stucchi in bianco e oro. Per stabilire i soggetti degli affreschi da eseguire, con scene celebrative del Regno d’Italia, fu nominata un’apposita commissione, che affidò questa sala al pittore Annibale Gatti.
- 32/3416. L’Italia che prende il posto in mezzo alle Nazioni guidata dal genio di casa Savoia
Particolare della decorazione.
- 33/3417. L'Italia che incorona le Belle Arti e le attività produttive
Cesare Mussini
Berlino 1804 – Barga, Lucca 1879
Al centro | Italia che incorona le Belle Arti e le attività produttive
Riquadri laterali | La Scienza; Il Fiume Arno; L’Industria: L’Agricoltura1862
Al pittore Cesare Mussini fu affidata la decorazione di due diverse sale della palazzina, di cui questa fu eseguita per seconda. Nel riquadro centrale sono ben visibili la data di esecuzione e la firma dell’artista. In quanto sala destinata al ricevimento, il soggetto prescelto per la decorazione consiste in una solenne celebrazione del nuovo Regno d’Italia come protettore delle Arti. Nella scena principale, l’Italia incorona Pittura, Scultura e Architettura, sedute ai suoi piedi su un podio che si erge tra le nuvole, mentre nei quattro riquadri minori si celebrano le attività produttive che dovranno sostenere lo sviluppo della Nazione.
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Nel riquadro dedicato all’Agricoltura, il pittore inserì un omaggio al coltro Digny, un’innovazione messa a punto nella fabbrica di strumenti rurali del senatore toscano Guglielmo Cambray Digny, che era stata presentata all’Esposizione Italiana del 1861.
La Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti
Credits
Coordinamento scientifico: Elena Marconi
Supervisione per la Palazzina della Meridiana: Vanessa Gavioli
Testi di: Arianna Borga
Coordinamento organizzativo: Francesca Sborgi
Revisione dei testi: Chiara Ulivi
Editing web: Andrea Biotti, con la collaborazione di Arianna Maiello
Crediti fotografici: Roberto Palermo (foto degli affreschi), Andrea Biotti (foto degli esterni), Franca Belvisi (foto dall'alto)
Traduzioni: Way2Global
Si ringraziano Susanna Sordi, Claudia Luciano e tutto il personale del museo per la collaborazione prestata alla realizzazione di questo percorso virtuale.
Data di pubblicazione: Maggio 2022