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La Sala di Saturno a Palazzo Pitti

  • La Sala di Saturno a Palazzo Pitti

    La storia degli allestimenti della Sala di Saturno dal XVI secolo ai giorni nostri.

    La Sala di Saturno a Palazzo Pitti
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    La conformazione originaria di Palazzo Pitti

    Palazzo Pitti è frutto di non meno di tre secoli di trasformazioni e ampliamenti confluiti nella spettacolare e scenografica facciata che oggi accoglie i visitatori facendoli sentire al centro di una enorme scena teatrale non appena accedono alla piazza dalle strade laterali o dagli sdrucioli che si aprono di fronte ad esso. Com'era, invece, l'assetto iniziale di Palazzo Pitti? Lo possiamo scoprire dalla Veduta di Palazzo Pitti di Giusto Utens, eseguita sul finire del Cinquecento, appartenente a una serie di 17 tele che registravano, come una carta geografica, la magnificenza e la consistenza dei possedimenti granducali. Nel dipinto di Utens possiamo osservare il prospetto dell’antico palazzo quattrocentesco, appartenente al ricco banchiere fiorentino Luca Pitti, suo primo proprietario. Desideroso di avere un nuovo edificio che spiccasse dentro il contesto urbano di Firenze, ordinò la costruzione della monumentale facciata in bugnato rustico, scandita in tre ordini perfettamente uguali: su quello inferiore si aprivano tre grandi porte, due delle quali saranno successivamente chiuse e ridotte a finestroni, come ancora oggi vediamo; il primo e il secondo piano erano perfettamente simmetrici e presentavano ciascuno sette finestre. Il palazzo di Luca Pitti aveva quindi una forma non dissimile da tipici modelli fiorentini quattrocenteschi, come Palazzo Medici, Palazzo Strozzi o Palazzo Rucellai. 

    La breve fortuna di Luca Pitti, determinò anche la sospensione della costruzione, di cui rimaneva poco più che la facciata e alcuni ambienti. Bisognerà aspettare il 1549 quando Eleonora di Toledo moglie del granduca Cosimo I, l'acquistò per realizzarvi una residenza signorile circondata dal verde, più ampia e ariosa rispetto alla residenza di  Palazzo Vecchio, ormai troppo piccolo per poter soddisfare tutte le necessità della corte.

    I rinnovamenti furono avviati tra il 1551 e il 1559, ad opera di Giorgio Vasari e Bernardo Buontalenti; tuttavia la trasformazione più consistente del palazzo si deve a Bartolomeo Ammannati a partire dal 1561. L'architetto e scultore ampliò l'antica struttura quattrocentesca verso la collina di Boboli, realizzando due grandi ali posteriori, così che l'intera costruzione appariva a ferro di cavallo, e creando successivamente un monumentale cortile a tre piani, con logge aperte su lato centrale. E' questa l'immagine tramandata dalla lunetta di Utens.

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    Palazzo Pitti oggi

    A partire dal 1618 le esigenze di corte indussero Cosimo II ad affidare all’architetto Giulio Parigi, nipote dell’Ammannati, e a suo figlio Alfonso, un nuovo ampliamento del palazzo. Il pianterreno e il primo piano furono allungati a destra e a sinistra aggiungendovi otto finestre per lato, corrispondenti alle grandi sale di rappresentanza aperte verso la piazza. Al pianterreno si aprivano gli appartamenti destinati al soggiorno estivo, che oggi ospitano il Tesoro dei Granduchi. Al primo piano, si distendeva invece il complesso degli appartamenti invernali, assegnati al granduca e alla sua famiglia. Il palazzo andava progressivamente assumendo la sua forma definitiva. 

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    Le Sale dei Pianeti

    All’epoca della loro realizzazione, le sale si percorrevano in senso inverso rispetto ad oggi, iniziando dalla Sala di Venere, immediatamente dopo la Sala delle Nicchie. Ogni ambiente aveva una funzione ben precisa all’interno dell’appartamento del Granduca Ferdinando II, e le pareti rivestite con stoffe o arazzi ospitavano un numero selezionato di dipinti, oltre ad altri oggetti.
    Quanto agli affreschi, le scene principali sono corredate da riquadri laterali che illustrano episodi tratti dalle favole mitologiche e dalla storia antica, ritratti di personaggi illustri della famiglia Medici, figure allegoriche che alludono alle virtù del principe e iscrizioni che accompagnano e commentano il tema generale.
    Ogni sala, insieme al suo gruppo di decorazioni pittoriche, corrisponde a una delle età della vita del principe sovrano, dalla giovinezza fino alla maturità: la rinuncia ai piaceri offerti da Venere per affrontare la via della virtù (Sala di Venere); la formazione intellettuale alle arti e alle lettere (Sala di Apollo), la conquista delle virtù eroiche della guerra (Sala di Marte); il trionfo delle virtù legate al buon governo (Sala di Giove); infine la vecchiaia valorosa, incoronata dalla gloria e dalla fama raggiunte dal monarca (Sala di Saturno).

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    Ferdinando II de' Medici e la decorazione delle nuove sale di facciata (1640-1655)

    Ferdinando II de’ Medici, che vediamo qui raffigurato nel ritratto di Suttermans, commissionò a Pietro da Cortona l’incarico di affrescare le nuove sale di rappresentanza al primo piano. Ognuno di questi ambienti veniva designato con il nome di un pianeta del sistema solare: Venere, Apollo, Marte, Giove e Saturno.

    Questi ambienti costituivano una novità assoluta, perché la struttura architettonica delle volte veniva modellata da una complessa e articolata partizione di stucchi che, insieme alla parti dipinte, doveva creare l’effetto sorprendente di uno spazio aperto e senza limiti, come mai si era visto prima a Firenze.

    Il ciclo, eseguito in diverse fasi tra il 1640 e il 1665, è tutto incentrato su due attori principali: Ercole, figura mitologica cara ai Medici, e il Principe Ferdinando II.  Quest’ultimo, sala dopo sala, percorre un cammino di formazione e di crescita umana e spirituale sotto l’occhio vigile di Ercole, per conquistare infine gloria e fama eterni, come gli dei e come gli eroi, ricevendo la corona dalle mani di Giove. La scelta di temi astronomici era anche un omaggio a Galileo Galilei, che aveva scoperto i satelliti di Giove e aveva deciso di chiamarli “astri medicei” in onore del granduca Cosimo II, padre di Ferdinando II.

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    Gli affreschi della Sala di Saturno

    La Sala di Saturno, interamente realizzata da Ciro Ferri, allievo di Pietro da Cortona, era detta anche Sala dell’Udienza. E' l’ultima della serie dei Pianeti, e la prima degli appartamenti privati del Granduca.
    L’affresco centrale conclude la parabola della vita terrena del principe: ormai giunto alla vecchiaia, ha compiuto il percorso di immedesimazione nell'eroe mediceo Ercole, e come essere immortale viene condotto nell’empireo dalla Prudenza e da Marte. Qui lo attende  Kronos/Saturno, la divinità simbolo del Tempo, per farlo incoronare dalla Fama mentre la Perfezione gli indica la via del cielo e dunque dell’eternità.

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    L'inventario del 1638

    Al tempo della decorazione del ciclo dei Pianeti, le sale di facciata non contenevano ancora la quadreria, così come la ammiriamo ora. I dipinti infatti erano solo uno degli elementi di arredo, insieme a mobili, suppellettili e stoffe. Dall’inventario del 1638 sappiamo infatti che la stanza ospitava tavoli di pietre dure, paramenti di velluto, studioli (cioè piccoli armadi con cassetti muniti di tavolini per scrivere), e alcuni quadri che ancora oggi fanno parte delle collezioni della Galleria Palatina, come la Vocazione di San Pietro e Sant’ Andrea di Ludovico Cardi detto il Cigoli, che vediamo nell'immagine a fianco
    Tra il 1663 e il 1664, la sala era in fase di completamento, e poco dopo vi risultano collocati sei arazzi con le Storie di Cosimo, eseguiti dalla bottega di Pietro Fèvere su disegno di Giacinto Gimignani, Vincenzo Dandini e altri, e un baldacchino di velluto rosso e grandi frange dorate.
    In epoca lorenese, con il trasferimento dell’appartamento del granduca nell’ala opposta, il quartiere di Pietro da Cortona divenne sede stabile della Quadreria che si avviava all'apertura pubblica. Nella sala di Saturno erano esposti tra gli altri il Rabbino di Rembrandt, la Madonna del Baldacchino di Raffaello, e il Concerto di Tiziano.

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    La guida di Inghirami del 1828

    La parete sud

    La sovrana clemenza del Granduca Leopoldo II permette agli amatori di Belle Arti di vedere la Galleria nei giorni feriali dalle ore 9 del mattino alle 3 pomeridiane

    L’immagine che si schiudeva agli occhi del visitatore della Galleria Palatina, al tempo della sua apertura nel 1828, era piuttosto simile a quella che vediamo oggi. I dipinti erano allestiti su file sovrapposte, secondo l’uso delle quadrerie nobiliari del Seicento e del Settecento. I fotomontaggi ricostruiscono la posizione dei quadri che occupavano tre pareti lasciando vuota quella di facciata.

    Alcuni accorgimenti tecnici, introdotti dal conservatore Antonio Ramirez Montalvo ed ancora oggi in uso, permettevano un maggiore godimento delle opere: tra questi il sistema della bilicatura, ossia l’ancoraggio alla parete tramite perni infissi sul fianco della cornice, in modo da farla ruotare per mostrarne il retro, oppure per sistemarla in favore di luce.

    Nel fotomontaggio si possono notare alcune opere oggi esposte altrove, come la Stregoneria di Dosso Dossi, oggi agli Uffizi, collocata sulla sovrapporta, la Ninfa ed il Satiro dello stesso maestro ferrarese nell'angolo destro, la copia tizianesca del Ritratto di Giulio II di Raffaello a sinistra della porta, la Maddalena del Domenichino ora nell'adiacente Sala dell'Iliade o le due Madonne con il Bambino di Domenico Puligo.

    Sono rimasti invece nella stessa posizione la grande tela con Caino e Abele dello Schiavone ed i due piccoli dipinti sottostanti di Carlo Dolci.

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    La guida di Inghirami del 1828

    La parete est

    Sulla parete principale l’alternanza di grandi tavole e dipinti di piccole dimensioni, sistemati a modo di predella, creava un effetto di simmetria, ben visibile ancora oggi.

    Le tre grandi pale che caratterizzano la parete sono rimaste nella posizione indicata dall'Inghirami nella sua guida del 1828, mentre altre opere sono state collocate altrove, come Apollo e le Muse di Baldassarre Peruzzi, spostata nella Sala di Prometeo, e l’Annunciazione Scali di Andrea del Sarto, ora sulla sovrapporta della parete sud della stessa Sala di Saturno.
     

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    La guida di Inghirami del 1828

    La parete nord

    Anche su questa parete la guida del 1828 attesta la presenza di opere successivamente trasferite in altri ambienti; tra queste la Cleopatra di Guido Reni e il Ritratto di Carlo I d'Inghilterra ed Enrichetta Maria di Francia di Antoon Van Dyck, entrambe visibili oggi nella Sala di Apollo, I diecimila martiri di Pontormo, Le tre età dell'uomo di Giorgione, spostato nella Sala di Giove, e il Ritratto del Cardinale Bibbiena, ora nell'angolo sinistro della parete Sud della stessa Sala di Saturno.

    Hanno invece mantenuto l'ubicazione indicata nell'Ottocento il Martirio di Sant'Agata di Sebastiano del Piombo sulla sopra porta, il Ritratto di Fedra Inghirami di Raffaello nell'angolo destro e la grande tavola con la Disputa sulla Trinità di Andrea del Sarto. Con l'ultima modifica effettuata all'allestimento, la piccola e preziosissima tavoletta con la Visione di Ezechiele di Raffaello è stata ricollocata nell'originaria posizione su questa parete, sfruttando le antiche cerniere ancora presenti e ripristinando dunque il sistema della bilicatura di epoca lorenese.

    La Sala di Saturno, con la Madonna del Baldacchino, i ritratti di Fedra Inghirami e del Cardinale Bibbiena, e la Visione di Ezechiele, acquista dunque, fin dall'allestimento lorenese, il ruolo di ambiente riservato a Raffaello.

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    Allestimento tra fine Ottocento e inizio Novecento

    La foto, scattata a cavallo tra Otto e Novecento, è un documento prezioso per ricostruire l’aspetto della sala di Saturno in quegli anni. Si possono notare alcuni cambiamenti rispetto all’allestimento iniziale, il più vistoso dei quali è la sostituzione della copia tizianesca del Ritratto di Giulio II con la Madonna della Seggiola, spostata dalla vicina sala di Giove, che va ad arricchire il numero di quadri raffaelleschi qui riuniti.

    Even infidels would worship”, scriveva Thomas Watkins nel 1794 a proposito di quest’opera, che costituiva un po’ l’immagine simbolo delle collezioni di Pitti.

    Accanto al tondo di Raffaello si distinguono un seggiolone da copista e il cavalletto con una copia del dipinto. La Madonna della Seggiola era infatti uno dei quadri più riprodotti dai giovani artisti in via di formazione, al fine di imparare i segreti del disegno e del colore, ma era prediletto anche dai pittori più esperti e in carriera, che alimentavano un fiorente commercio di copie assai ricercate da viaggiatori stranieri in visita a Firenze e desiderosi di portarsi il souvenir di uno dei maggiori miti delle collezioni fiorentine.

    Data la grande richiesta di permessi, non facili da ottenere, i copisti dovevano rispettare norme assai rigorose e impiegare tempi brevi per il loro lavoro, al fine di non privare il pubblico della vista di uno dei maggiori capolavori del museo.

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    Allestimento della sala nella prima metà del Novecento

    La fotografia d'epoca testimonia quale aspetto doveva avere la sala negli anni immediatamente precedenti il secondo conflitto mondiale.

    Nella stanza si era venuto a concentrare la maggior parte delle opere raffaellesche di Galleria, sistemate in modo da creare raffinate concordanze tematiche: in questa foto si riconoscono sulla parte destra la Madonna della Seggiola a lato della porta ed il Ritratto del Cardinale Bibbiena nell'angolo sinistro. Nell'immagine successiva, databile allo stesso periodo, si intravede anche la parete opposta con la Madonna del Granduca e il Ritratto di Fedra Inghirami disposti in perfetta simmetria, in modo da creare un dialogo tra le opere del pittore urbinate mantenuto fino ai giorni nostri.

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    Allestimento della sala nella prima metà del Novecento

    La fotografia, coeva alla precedente, testimonia come sulla parete principale, sotto la Madonna del Baldacchino, avessero preso posto fin dalla fine del secolo precedente i Ritratti di Agnolo e Maddalena Doni, acquistati da Leopoldo II nel 1826 e inizialmente collocati nella sala di Apollo. I due ritratti, posti ai lati della Visione di Ezechiele, erano “bilicati”, cioè agganciati alla parete mediante perni laterali, per permettere ai visitatori di ammirarli nelle migliori condizioni di luce.

    A destra, sotto la grande tela con il Salvator Mundi di Fra' Bartolomeo, è possibile riconoscere la Maddalena di Perugino tornata oggi nella Sala di Sarturno, dopo un lungo periodo nel quale è stata esposta nella Sala di Flora.

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    Allestimento della sala fino a ieri

    I dipinti di Raffaello non hanno subito ulteriori spostamenti fino al 2018, con i Ritratti dei coniugi Doni esposti sotto la Madonna del Baldacchino insieme alla Visione di Ezechiele.

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    Lo spostamento dei ritratti dei coniugi Doni

    Dal 4 giugno 2018 i Ritratti di Agnolo e Maddalena Doni hanno subito un cambiamento di collocazione, voluto dal Direttore Eike Schmidt, e sono ora esposti  nella Sala di Michelangelo e Raffaello (Sala n. 41) agli Uffizi, accanto al famoso Tondo Doni da loro commissionato a Michelangelo all'inizio del XVI secolo. 

    I due dipinti si trovano all'interno di teche trasparenti che rendono visibili le allegorie dipinte sul retro delle due tavole, raffiguranti rispettivamente Il Diluvio e il mito di Deucalione e Pirra, eseguiti da un anonimo pittore fiorentino denominato Maestro di Serumido.

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    Spostamento di opere di Raffaello provenienti dagli Uffizi

    Con le recenti movimentazioni, oggi la Sala di Saturno ospita nove dipinti del pittore urbinate. Possiamo qui osservare il nuovo allestimento con l'arrivo dei due Ritratti virili di Raffaello provenienti dagli Uffizi, insieme alla Maddalena di Perugino che ritorna nella collocazione della prima metà del Novecento.

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    Spostamento di opere di Raffaello provenienti dagli Uffizi

    La Sala è stata arricchita anche dal Ritratto di Giulio II, che ritorna alla Galleria Palatina dopo il suo trasferimento agli Uffizi nella metà del secolo scorso. I visitatori potranno così ammirare e confrontare da vicino l'opera con la copia illustre realizzata da Tiziano esposta nella Sala di Venere.

     

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    La Sala di Saturno oggi

    Possiamo osservare nell'immagine la panoramica della Sala di Saturno con le recenti modifiche di allestimento.

    La piccola tavola con la Visione di Ezechiele di Raffello è stata ricollocata nell'originaria posizione sulla parete nord, recuperando le antiche cerniere di epoca lorenese.

    Dopo il completamento del restauro, sulla parete opposta rispetto al Ritratto di Giulio II, troverà posto un altro capolavoro del pittore urbinate, il Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi, che ritornerà alla Galleria Palatina dopo il trasferimento agli Uffizi, risalente agli anni Cinquanta del secolo scorso.

La Sala di Saturno a Palazzo Pitti

La storia degli allestimenti della Sala di Saturno dal XVI secolo ai giorni nostri.

CREDITS

Coordinamento scientifico: Anna Bisceglia

Testi: Fulvia Andreoni, Anna Bisceglia, Arianna Ingrassia

Elaborazione grafica testi e immagini: Arianna Ingrassia, Omar Nappini

Pubblicazione 6 aprile 2020

 

Nota: Ogni immagine della mostra virtuale può essere ingrandita per una visione più dettagliata.

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