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Il Santo che battezzò Cristo

  • Il Santo che battezzò Cristo

    Scene dalla vita di San Giovanni Battista nei capolavori delle Gallerie degli Uffizi

    Il Santo che battezzò Cristo
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    'Profeta', ‘luce ardente’, ‘amico dello sposo’, ‘araldo del giudizio’, ‘Precursore’: questi i titoli con cui il racconto evangelico qualifica di volta in volta la figura di Giovanni detto il Battista. È il santo al quale, più di ogni altro, l’arte occidentale ha riservato attenzione e spazio, sviluppando di secolo in secolo, secondo le necessità liturgiche, i passaggi della sua vicenda biografica. Nel percorso che segue si propone un viaggio nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi con l’obiettivo di fornire al visitatore un viatico per comprendere l’enorme fortuna visuale che il Precursore raccoglie dal Medio Evo fino al Novecento. Uomo dalla personalità prorompente, carismatica e al tempo stesso ruvida e intransigente, Giovanni Battista costituiva l’anello di congiunzione tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, fra l’antica tradizione ebraica e il messaggio rivoluzionario di Gesù, in un momento storico in cui le terre medio orientali erano pervase da sommovimenti, inquietudini sociali, dall’attesa fervente di quel rinnovamento dei costumi e delle coscienze cui alludevano gli antichi profeti.  

    Il cristianesimo assegna al Battista una posizione di comprimario, accanto a Cristo e alla Madre, sulla scorta di puntuali testimonianze evangeliche relative alla sua nascita da stirpe sacerdotale, alla vita caratterizzata prima dall’eremitaggio e poi dalla predicazione, e infine alla morte avvenuta per decapitazione su ordine di Erode Antipa. È una narrazione calibrata, su cui domina il momento del Battesimo, rito di origini antichissime e dal valore purificatorio e simbolico. È il ministero più importante impartito da Giovanni, che per questo viene detto “il Battista cioè il Battezzatore”, e trova codificazione in un canone iconografico che rimane sostanzialmente inalterato nei secoli, perché incentrato sul gesto dell’infusione dell’acqua, il momento fatidico che segna il vero passaggio di testimone tra i due protagonisti. Saranno invece le fonti agiografiche successive, fin dai primi secoli cristiani e via via dall’alto medioevo in poi, a corredare la biografia giovannea di nuovi episodi, riempiendo gli spazi lasciati vuoti dagli evangelisti con narrazioni di fantasia, come l’infanzia precocemente toccata dalla consapevolezza della propria missione, la ricerca della solitudine e l’incontro con il soprannaturale, oppure sviluppando oltre i limiti del dettato evangelico il rapporto con Gesù. Su questa ricca messe di episodi, ma anche per effetto della straordinaria diffusione di reliquie ritenute autentiche, fonda lo sviluppo di un’iconografia che si adatta progressivamente ai contesti architettonici e decorativi delle chiese, nonché alle esigenze di culto e alle interpretazioni dottrinali. Ne nasce una ininterrotta catena di effigi, talvolta più simboliche- come nel caso delle Deesis ortodosse e bizantine, del San Giovanni Battista Angelo, o negli impressionanti ‘piatti’ con la testa del Battista (Joahannessschussel) – in altri casi più costruite a fini didattici, come nell’episodio della ‘Predica alle folle’.

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    Esiste poi un filone che dal XV secolo si concentra sull’immagine di san Giovanni fanciullo, vestito di pelo di cammello, che ostenta la magrezza impressionante dei ripetuti soggiorni nel deserto inaugurati fin dalla tenera età. Gli scrittori fiorentini di cose d’arte denominarono questo soggetto ‘San Giovannino’, per indicarne specificamente l’età sotto i dieci anni, ed è così che lo scolpiscono Donatello, Desiderio e poi Michelangelo, e in pittura da Filippo Lippi a Rosso fiorentino fino a Carlo Dolci e oltre.

    Il nostro viatico si apre con il San Giovann Battista più celebre degli Uffizi, quello che Raffaello eseguì a Roma circa il 1518, che s’impone per la bellezza acerba e po’ sfrontata di un corpo perfetto, nel quale l’intero bagaglio di conoscenze e di studio sull’antico, condotto nella Roma di Leone X, diviene materia palpitante di vita e tenerezza. Questo tema ci ricollega anche ad un’altra occasione importante per la nostra città. Il 24 giugno è infatti la festa della nascita del Battista, principale protettore di Firenze, simbolo di una identità affermatasi fin dalle origini non solo nella sua valenza religiosa ma anche in quella più orgogliosamente civica e politica. Lo raccontano bene gli innumerevoli diari, cronache e storie di Firenze che fin dal XIII secolo ci hanno trasmesso la memoria di quel che accadeva in quella solennità, dalle messe in Duomo agli apparati di festa, dalle processioni di clero e laici alle brigate di popolo e alla cerimonia dei ceri in Battistero, delle corse dei palii ai mercati cittadini. Una vera e propria scena teatrale, che si rinnovava negli anni e che qui vogliamo rievocare attraverso le parole del cronista trecentesco Goro Dati:

    “quando ne viene il tempo della primavera, che tutto il mondo rallegra, ogni fiorentino comincia a pensare di fare bella festa di San Giovanni; e di vestimenti e d’adornamenti e di gioie ciascuno si mette in ordine a buon’otta…e tutta la città si vede in faccenda per l’apparecchiamento della festa”.

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    Raffaello Sanzio

    San Giovanni Battista nel deserto

    1517-1518 c.
    Olio su tela
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 1446

     

    Seduto su una roccia, avvolto da una luce tiepida che stacca le forme dall’ombra bruna del fondale roccioso, così come insegnavano i precetti leonardeschi, il giovane stabilisce un silenzioso dialogo con lo spettatore invitandolo a osservare, uno ad uno, tutti i segni che accompagnano il suo eremitaggio nel deserto. La mano è sollevata a indicare una crocellina radiante alta e sottile, legata al tronco di quercia, che prefigura il destino di Gesù crocifisso sul Golgota. La fonte d’acqua zampillante sulla sinistra, raccolta in uno specchio d’acqua trasparente, allude invece alla purezza di Cristo e al Battesimo che riceve dallo stesso Giovanni. Il cartiglio stretto nella mano destra reca la parola DEI, parte finale della formula, ECCE AGNUS DEI, che secondo il racconto dei vangeli Giovanni Battista rivolge a Cristo al momento del Battesimo riconoscendolo come il Messia, salvatore degli uomini. Sulla destra il paesaggio digrada verso un lago bordato da un bosco per poi terminare nelle più lontane cime montuose: è un riferimento all’eremitaggio del Battista, avvenuto in età adulta come vogliono i vangeli canonici, ma che le fonti agiografiche medievali e rinascimentali fanno arretrare fino agli anni dell’infanzia e dell’adolescenza per dare maggiore enfasi alla sua precoce vocazione.

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    Raffaello Sanzio

    Nonostante la complessa rete di simboli e rimandi alla storia sacra, Raffaello interpreta con più libertà alcuni passaggi come l’abbigliamento del ragazzo, non più poveramente coperto di pelo di cammello come recitano le Scritture, ma avvolto in una pelle di prezioso leopardo. Un dettaglio lussuoso, che Raffaello aveva già adottato per il San Giovannino della Madonna dell’Impannata, assegnandogli il compito di testimone esterno, e in dialogo con lo spettatore, del formidabile nodo amoroso che stringe le tre figure femminili intorno al Bambino. E così anche la posa del giovane, ispirata nel contrapposto di gambe e braccia al celebre Laocoonte, o il dettaglio del piede destro portato in avanti, come nel Giove Ciampolini, riconducono allo studio di quel mondo classico che Raffaello si proponeva di attualizzare e calare nella sua umanissima poetica di affetti e verità di sentimento. Proprio quel senso di fusione e continuità tra cultura antica e moderna segnò gli anni sfolgoranti del pontificato di Leone X, quelli in cui l’Urbinate realizzò le ultime due Stanze Vaticane, le Logge, la serie di Arazzi per la Cappella Sistina. In questa sequenza impressionante, che avrebbe segnato il corso della pittura per l’intero secolo, s’inserisce anche il San Giovanni degli Uffizi, ordinato dal cardinale Pompeo Colonna probabilmente a seguito della sua nomina avvenuta nel 1517, e successivamente acquisito alle collezioni medicee.

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    I. San Giovanni Battista, icona di fede

    Giovanni del Biondo

    San Giovanni Battista e storie della sua vita

    1365-1370 c.
    Tempera su tavola, fondo oro
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, Coll. Contini Bonacossi inv. 27

     

    Giovanni Battista è raffigurato con la barba e i capelli lunghi e incolti, il volto segnato da rughe, in riferimento alla vita di penitenza dedicata a Dio condotta dal santo fin da bambino. Era forse un nazareo, cioè un membro del popolo ebraico consacrato a Dio in giovane età e tenuto a seguire alcuni specifici precetti, come non tagliarsi i capelli e non bere bevande ottenute dall’uva.

    Sotto l’himation, il manto che in età classica connotata i retori e caratteristico poi dell’iconografia degli apostoli, indossa una rude tunica di peli di cammello stretta da una pelle di animale, secondo il racconto dei Vangeli, (Matteo 3,4; Marco 1, 6). Tale veste connota Giovanni come profeta, sulla base di alcuni passi della Bibbia, (Re, II, 1,8; Zaccaria 13,4) e divenne una costante dell’iconografia di Giovanni Battista e in genere degli eremiti. Nel dipinto di Giovanni del Biondo il Battista tiene un cartiglio con scritto EGO VOX CLAMANTIS IN DESERTO (Io sono la voce di colui che grida nel deserto; Giovanni 1,23), un passo dei Vangeli che, insieme all’asta crociata che il santo sorregge con l’altra mano, designa il Battista come il Precursore, colui che è stato mandato per annunciare l’avvento del Regno dei Cieli e preparare la venuta di Cristo. Costituisce invece una rarità iconografica la raffigurazione di Giovanni trionfante su re Erode Antipa, il suo carnefice. Il sovrano mostra un cartiglio nel quale esprime il pentimento per la scellerata e crudele vita condotta, usando le parole pronunciate dagli empi davanti al Giudizio: NON INSENSATI VITA ILLORUM EXTIMABAMUS INSANIAM ET FINEM ILLORUM SINE HONORE ECCE QUOMODO COMPUTATI SUNT INTER FILIOS DOMINI ET INTER SANCTOS SORS ILLORUM EST (Insensibili, noi giudicavamo una pazzia la loro [dei giusti] vita e disonorevole la loro morte. Ecco come sono annoverati tra i figli del Signore e tra i santi è il loro destino; Sapienza, 5, 4-5).

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    I. San Giovanni Battista, icona di fede

    Giovanni del Biondo

    La figura del santo è circondata da scene che narrano la storia di Giovanni, dal prodigioso concepimento da parte degli anziani genitori Elisabetta e e Zaccaria, al periodo trascorso pregando, predicando e battezzando nel deserto, fino all’epilogo con la detenzione e la decapitazione ordinata da Erode per esaudire la richiesta della giovane Salomè e di sua madre Erodiade. La narrazione si conclude con la scena della discesa di Cristo risorto agli inferi (Anastasis) per liberare i giusti, fra i quali è Giovanni. È questo l’unico episodio non derivato dai Vangeli, ma molto diffuso soprattutto nella tradizione iconografica dell’oriente cristiano, basata sulle predizioni del profeta David commentate poi negli Atti degli Apostoli (2, 29-32).

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    I. San Giovanni Battista, icona di fede

    Russia centrale

    San Giovanni Battista angelo del deserto

    1725-1740 c.
    Tempera su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, depositi, inv. 1890 n. 9366

     

    Giovanni Battista, vestito con la consueta tunica di pelo di cammello consona ai profeti e agli asceti, e dall’himation di colore rosso scuro, è raffigurato mentre benedice e reca un bacile con la testa mozzata, simbolo del martirio e evocazione della reliquia del cranio di Giovanni assai venerata nel mondo ortodosso, dopo la traslazione solenne a Costantinopoli nel IX secolo. L’iscrizione С(ВЯ)ТЫ ИОАНЪ ПР(Е)ДТЕЧА lo identifica come San Giovanni il Precursore. Il santo si erge a piedi nudi sulla nuda terra ed è caratterizzato dalle ampie ali variopinte che lo connotano come “angelo del deserto”. Si tratta di un modello iconografico diffuso nell’oriente cristiano fin dal XIII secolo (l’esempio più antico si trova nella decorazione parietale della chiesa di Sant’Achiello a Arilje in Serbia) che celebra Giovanni quale messaggero celeste, colui che prepara l’avvento di Cristo (dal greco ἄγγελος, messaggero, da cui deriva la parola angelo). L’iconografia fa riferimento alle profezie dei profeti Isaia e Malachia citate nei Vangeli a proposito di Giovanni «Ecco io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà la via davanti a te» (Matteo 3,1; 11,10; Marco 1,2; Luca 7,27). L’immagine celebra dunque Giovanni come il più grande dei profeti.

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    I. San Giovanni Battista, icona di fede

    Russia centrale

    In basso sono raffigurati due degli episodi più noti della leggenda del Battista, la nascita, festeggiata il 24 giugno, e la decollazione, celebrata il 29 agosto. Nella prima scena, Giovanni riposa accanto alla madre Elisabetta, mentre il padre Zaccaria siede in disparte. A destra, il giustiziere sta per colpire con la spada Giovanni, chino e con le mani incrociate sul petto, in segno di accettazione del proprio destino. Davanti a loro sta la giovane Salomè con un bacile, pronta a raccogliere la testa del Battista chiesta a Erode Antipa in ricompensa per la sua esibizione come danzatrice. I due episodi sono accompagnati da iscrizioni che identificano i soggetti (Natività di San Giovanni il Precursore; Decollazione del venerabile capo di san Giovanni il Precursore), analogamente al bacile con la testa di Giovanni retta dal santo (Santo capo di Giovanni il Precursore) e alla figura di Dio padre in alto (Il Signore Sabaoth).

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    I. San Giovanni Battista, icona di fede

    Dosso Dossi

    San Giovanni Battista

    1518-1520
    Olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, inv. Palatina 1912 n. 380

     

    Raffigurato di tre quarti a mezzo busto, San Giovanni Battista occupa lo spazio in primo piano, imponendosi allo sguardo dello spettatore con la sua espressione intensa. I capelli lunghi e scomposti, lo sguardo turbato, la bocca socchiusa come a volerci trasmettere un messaggio a fior di labbra, restituiscono il senso di icona della fede che accende la devozione religiosa e invita alla riflessione spirituale e al pentimento.L’aspetto severo e tormentato evoca in particolare il periodo di durezza e solitudine trascorso nel deserto, circostanza simbolicamente rappresentata sia dalla veste di cammello che affiora sotto la tunica rossa, che dal crocifisso composto di due semplici canne. L’apparenza selvatica del santo viene contrappuntata dalla ricchezza della veste di un rosso vivissimo, il colore del martirio, impreziosita sul bordo da una raffinata passamaneria con ricami dorati damascati e frange che il santo indossa orgogliosamente, come fosse un piviale, ostentando altresì il cartiglio con un’iscrizione oggi molto abrasa, che recita EGO (SUM) VOX (CLAMANTIS IN DESERTO), cioè “io sono la voce di colui che grida nel deserto”.

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    I. San Giovanni Battista, icona di fede

    Dosso Dossi

    È questo l’inciso con il quale, nei Vangeli, Giovanni allude a se stesso come precursore del Messia, ed è questo il verso che spiega la scena effigiata sullo sfondo a destra, dove l’azzurro del cielo s’incendia repentinamente per effetto di una luce intensa che lo attraversa come una cometa o una meteora. È la rappresentazione fisica della discesa dello Spirito Santo, nel momento in cui Giovanni somministra il Battesimo a Gesù. Essa è dunque manifestazione della presenza divina nel percorso di vita di entrambi, e al tempo stesso un passaggio di testimone fondamentale, che anticipa il sacrificio di Giovanni, decapitato per mano di Erode, e di Gesù, condannato alla morte in croce.

    Questo dipinto fu probabilmente eseguito per Ercole II d’Este, come fa ipotizzare la scritta “M. HERCULUS D. CA.”, posta sul retro. La personalissima cifra stilistica di Dosso si concretizza in una pittura di grande effetto, composta da pennellate leggere e veloci che restituiscono il senso di atmosfera sospesa e nebbiosa di un sottobosco, le trasparenze degli specchi d’acqua, i bagliori improvvisi determinati da eventi cosmologici.

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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Pontormo

    Nascita di San Giovanni Battista

    Desco da parto

    1526-1527
    Olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 1532

     

    In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. […] Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

    Luca, 1, 57-66

    Giovanni nasce in una famiglia sacerdotale ad Ain Karim a circa sette km ad Ovest di Gerusalemme. Suo padre Zaccaria era della classe di Abia e la madre Elisabetta, discendeva da Aronne. I due erano osservanti delle leggi dell’Antico Testamento, ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e “tutti e due erano avanti negli anni”. Il concepimento del Battista è quindi segnato da un evento prodigioso: un giorno, mentre Zaccaria offriva l’ incenso nel Tempio, comparve a lui il messaggero di Dio, l’arcangelo Gabriele, che gli disse: “Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio che chiamerai Giovanni”. Zaccaria, incredulo all’annuncio di una paternità ormai insperata, manifestò i suoi dubbi all’angelo che lo punì per tale esitazione, condannandolo a restare muto fino al compimento degli eventi annunciati. La scena dipinta da Pontormo, comunemente nota come Natività, presenta anche la circoncisione del bambino, avvenuta otto giorni dopo il lieto evento. Zaccaria è ritratto a destra mentre scrive, sotto lo sguardo attento di Elisabetta, il nome da imporre al figlio: Giovanni, che significa, «il Signore fa grazia». Una fantesca gli avvicina l’infante, un’altra in piedi alle sue spalle, controlla la scrittura. Il formato circolare inquadra un ambiente sobrio e composto dove l’unico accento di vivacità è dato dalla posa del bambino, che cerca di sottrarsi alla stretta della balia.

    Desco da parto. Nascita di San Giovanni Battista (recto), arme d'unione di Girolamo della Casa e Lisabetta Tornaquinci (verso)
    Architettura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Pontormo

    Nato sei mesi prima di Gesù, di cui è parente, fin dall’annuncio del suo concepimento Giovanni è il Precursore, colui che dovrà “ preparare al Signore un popolo ben disposto”; il padre, recuperata la parola, profetizzò il suo destino «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo / perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, / per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza / nella remissione dei suoi peccati» (Lc 1,76-77). Della sua infanzia e giovinezza non si hanno altre notizie se non che “il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” [1,80]. Se si eccettua la Vergine Maria, il Battista è l’unico santo di cui la liturgia festeggia la nascita, il 24 giugno, proprio perché intrinsecamente legata al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.

    Desco da parto. Nascita di San Giovanni Battista (recto), arme d'unione di Girolamo della Casa e Lisabetta Tornaquinci (verso)
    Architettura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Filippo Lippi

    Adorazione di Gesù bambino con i santi Giovanni Battista e Bernardo

    1463 c.
    Tempera su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 8353

     

    Giovanni Battista irrompe nella scena con la Vergine in adorazione del Bambino, iconografia ispirata da una visione della Natività di Gesù descritta da santa Brigida (secolo XIV) che ebbe grande fortuna figurativa. L’evento è ambientato in un paesaggio silvestre, con rocce scoscese e boschi che lasciano il posto in primo piano al prato fiorito dove giace il Bambino. Giovanni il profeta indica il Bambino. mentre idealmente pronuncia le parole iscritte sul cartiglio “ECCE AGNUS DEI” (Giovanni 1, 29), riconoscendo il Salvatore. Col gesto sembra additare anche la polla d’acqua che scaturisce dalla roccia posta fra Giovanni e la Vergine, probabilmente un’allusione a Gesù come fonte di vita eterna (Giovanni 4,13) e al sacramento del battesimo. Secondo un modello che ebbe molta fortuna a Firenze nel XV secolo, il Battista è raffigurato in età giovanile, ancora bambino, ma vestito della pelle di cammello distintiva dell’asceta e del profeta. Episodi relativi all’infanzia di Giovanni, tratte da testi apocrifi diffusi soprattutto nell’oriente cristiano, confluirono fra XIII e XIV secolo entro aggiornate redazioni della vita di Giovanni, favorendo la nascita di nuovi temi figurativi.

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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Filippo Lippi

    Nel dipinto di Filippo Lippi, diversi alberi sono stati tagliati per liberare il sentiero, allusione ad un sermone del Battista che, per esortare alla penitenza e a una sincera conversione, citava come metafora la necessità di tagliare alla radice gli alberi che non davano buoni frutti (Matteo 3, 10). Non di rado la scure accompagna la raffigurazione di Giovanni, soprattutto in opere eseguite fra il XIII e il XV secolo oppure di ascendenza bizantina.

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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Filippo Lippi

    Oltre al Battista, nella composizione è inserito anche il fondatore dell’ordine camaldolese Romualdo, in primo piano, assorto nella meditazione. L’immagine sacra è dunque un invito alla penitenza e alla meditazione, pratiche attraverso le quali accostarsi a Dio, sull’esempio dei santi Giovanni Battista e Romualdo. Il dipinto proviene dal monastero di Camaldoli, casa madre dell’ordine religioso. Sormontava l’altare della cella fatta erigere da Piero il Gottoso de’ Medici nel 1463 ad uso della famiglia e dedicata a san Giovanni battista. Lo stemma di Piero e quello della moglie Lucrezia Tornabuoni ornavano in origine la pala d’altare. Patrono di Firenze, Giovanni Battista sembra essere stato oggetto di particolare devozione da parte di Lucrezia, che su di lui compose anche un poemetto.

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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Agnolo Bronzino

    Sacra Famiglia con San Giovanni Battista bambino (Sacra Famiglia Panciatichi)

    1540-1545
    Olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 8377

     

    et giunse Giovanni, e gittossi in terra tucto quanto e abbracciava i piedi di messere Jesu

    Anonimo, Vita di San Giovanni Battista, Firenze 1500

    In un’atmosfera quasi sospesa una luce fredda e intensa illumina Maria, maestosa come una statua antica, mentre veglia insieme a Giuseppe sul sonno di Gesù, serenamente abbandonato sul cuscino morbido, che rende più lieve la durezza del sacco da viaggio. Questo dettaglio, insieme all’ambientazione della scena sul paesaggio di fondo, dominato dalla cinta di mura turrite su cui sventola il vessillo del committente Bartolomeo Panciatichi, suggerisce un intreccio con l’episodio della Fuga dall’Egitto, che le fonti medievali e rinascimentali, nello sforzo di circostanziare ed arricchire il racconto originale dei Vangeli, individuano come una delle primissime occasioni di incontro tra Gesù e Giovanni, talvolta miracolosamente trasportato da un angelo in terra d’Egitto per ricongiungersi alla Sacra Famiglia, in altri casi invece descritto come già dimorante nel deserto che Maria, Gesù e Giuseppe attraversano per far ritorno a casa.

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    II. Nascita e infanzia di San Giovanni

    Agnolo Bronzino

    Le redazioni cinquecentesche della ‘Vita di San Giovanni’, si dilungano sulla commozione dei due bambini e gli abbracci che essi si scambiano nell’incontro, riconoscendosi l’un l’altro, presaghi del loro comune destino di martirio. Nella tavola di Bronzino dominano invece il silenzio e il sonno profondo di Gesù, sul quale il piccolo Giovanni si china delicatamente, per sfiorargli la guancia con un bacio. E se la posa del Bambino anticipa, nella tessitura simbolica del dipinto, quella del Cristo deposto, e i riferimenti formali alla scultura antica e al Tondo Doni risaltano potentemente a testimoniare le fonti primarie di Bronzino, è proprio questo gesto tenerissimo, di affetto e insieme riverenza, che più rimane negli occhi dello spettatore, accentuando il senso di umana familiarità di un quadro destinato alla privata meditazione del suo erudito committente, accademico fiorentino e vicino ai fermenti di riforma religiosa dominanti in Italia nei decenni centrali del Cinquecento.

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    III. Vita di San Giovanni Battista: la predicazione

    Alessandro Allori

    Predica del Battista

    1604
    Olio su rame
    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, inv. Palatina 1912 n. 291

     

    L’episodio della Predica di Giovanni Battista, l’incontro con le folle che accorrono dalle regioni di Israele per ascoltare la sua parola e ricevere il battesimo, è uno dei passaggi più rilevanti del racconto evangelico, poiché definisce il contesto nel quale si svolge successivamente l’incontro cruciale con Gesù, il rito del battesimo nelle acque del Giordano e il passaggio di testimone che introduce all’ultima e tragica parte della loro breve vita, destinata a concludersi nel martirio. La ricchezza di dettagli tramandata dai testi sacri si prestava agevolmente ad essere tradotta in immagini di grande presa emotiva, per di più animate dall’ambientazione paesaggistica e da digressioni narrative anche contemporanee al mondo dell’artista, come accade in particolare nella pittura nordica.

    Il piccolo rame di Alessandro Allori è un tipico prodotto da pittura controriformata, nel quale l’impianto devozionale si coniuga con le esigenze di chiarezza della rappresentazione: l’atletico Battista spicca infatti per l’oratoria del suo gesto, e incanta le folle accorse ad ascoltarlo: chi assorto, chi rapito, chi- come la donna sulla sinistra, abbigliata con vesti cinquecentesche, richiama all’attenzione le compagne distratte. In primo piano i due uomini muniti di libri e calamai impersonano gli evangelisti, delegati a raccogliere e tramandare nei secoli quel momento straordinario, ambientato non più nel deserto, ma nell’umida e rugiadosa atmosfera di un bosco di montagna.

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    III. Vita di San Giovanni Battista: la predicazione

    Alessandro Allori

    Sul margine sinistro, dietro la testa calva dell’uomo col manto giallo, si scorge la scodella con la quale Giovanni somministra il Battesimo ai fedeli. È semplicemente appoggiata su una pietra, come su una mensa, ma richiama l’arrivo di Gesù e dei suoi discepoli, che spuntano in secondo piano, immediatamente dietro la roccia coronata dal tronco secco e ormai cavo poiché, come afferma Giovanni Battista “ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Matteo 3,10)

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    IV. Vita di San Giovanni Battista: il Battesimo

    Andrea del Verrocchio, Leonardo da Vinci e collaboratori

    Battesimo di Cristo

    1470-1475 c.
    Tempera e olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 8359

     

    Giovanni e Gesù hanno i piedi immersi nell’acqua del fiume Giordano, mentre il Precursore versa l’acqua sulla testa del Figlio di Dio da una scodella, secondo il rito del battesimo per infusione. A Firenze questa prassi sostituì quasi del tutto la somministrazione del battesimo per immersione a partire dal XIV secolo. In alto risplende lo Spirito Santo, in forma di colomba, e al di sopra la figura di Dio Padre, di cui sono rappresentate solo le mani. La principale fonte testuale per l’episodio sono i Vangeli (Matteo 3, 13-17; Marco 1,9-11; Luca 3, 21-22) che narrano come, dopo il battesimo di Gesù, il cielo si aprisse e lo Spirito Santo, come una colomba, discendesse accompagnato dalla voce di Dio padre. Nel battesimo si manifesta dunque anche il dogma della Trinità, secondo quanto ampiamente argomentato dai Padri della Chiesa.

    Battesimo di Cristo
    Architettura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    IV. Vita di San Giovanni Battista: il Battesimo

    Andrea del Verrocchio, Leonardo da Vinci e collaboratori

    A sinistra sono inginocchiati due angeli, che osservano devotamente la scena incrociando le mani sul petto in segno di accoglimento della volontà divina, e sorreggendo la veste di Gesù. Le figure angeliche non sono menzionate nei Vangeli canonici e neppure negli apocrifi, ma l’invenzione, nata nell’Oriente cristiano, compare nelle raffigurazioni del Battesimo di Gesù fino dal V secolo, con un numero variabile di angeli. Sono forse una prefigurazione degli angeli che servirono Gesù al termine delle tentazioni inflitte dal demonio durante i quaranta giorni trascorsi nel deserto, subito dopo il battesimo, (Matteo 4,11), oltre che un richiamo alla liturgia battesimale, durante la quale il vescovo era assistito dai diaconi. Gli angeli sorreggono la veste di Gesù, emblema della nuova vita verso la quale va incontro il Figlio di Dio.

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    Architettura | Gli Uffizi
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    IV. Vita di San Giovanni Battista: il Battesimo

    Andrea del Verrocchio, Leonardo da Vinci e collaboratori

    La composizione del Verrocchio, eseguita nell’arco di diversi anni con l’ausilio di collaboratori fra i quali il giovane Leonardo da Vinci, è inquadrata da rocce e varia vegetazione, nella quale è ben riconoscibile la palma a sinistra, simbolo di gloria.

    Battesimo di Cristo
    Architettura | Gli Uffizi
    Scheda opera
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    IV. Vita di San Giovanni Battista: il Battesimo

    Veronese

    Battesimo di Cristo

    1580 c.
    Olio su tela
    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, inv. Palatina 1912 n. 186

     

    Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco

    Luca 3, 16-21

    San Giovanni Battista costituisce una presenza ricorrente nel catalogo del Veronese sia in veste di protagonista (come ne ‘La predica’ alla Galleria Borghese di Roma), sia di co-protagonista (come negli esempi plurimi del Battesimo di Cristo) o di gregario di lusso in composizioni di più vasto impegno.

    Osservando poi nello specifico le tele di soggetto analogo che costellano la sua produzione, sembra quasi che l’artista abbia qui voluto compendiare le esperienze precedenti portandole a definizione. L’attenzione si focalizza infatti sulla scena del primo piano, senza aggravi strutturali di aperture paesaggistiche o incursioni di committenti. La centralità dell’elemento trinitario è confermata dalla terna degli angeli così come dall’asse lungo il quale si succedono la colomba dello Spirito Santo, la ciotola del Battista e la testa di Cristo, in parte raccordati dal tronco dell’albero. Veronese si concentra dunque sull’interpretazione che l’episodio del Battesimo di Cristo assume nei vangeli sinottici, non solo eliminando i dettagli non pertinenti, ma anche recuperando dalle prove giovanili la posa del Cristo a braccia incrociate. Un dettaglio assai significativo che allude alla Crocifissione, ricordando come il Battesimo ne sia una prefigurazione. Scegliendo di farsi battezzare nel Giordano a scopo di purificazione, come faceva Giovanni con i suoi seguaci, Gesù accetta di fatto di condividere i peccati degli uomini entro un percorso di sofferenza e redenzione che culminerà sulla Croce. Una scelta suggellata dalla voce del Padre e conclamata dalla discesa dello Spirito Santo in forma di colomba, a ricomporre appunto con Gesù le tre persone della SS. Trinità, e avverando così la profezia avanzata dal precursore, riguardo all’avvento del Messia “colui che battezza con Spirito santo e con fuoco”.

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    IV. Vita di San Giovanni Battista: il Battesimo

    Veronese

    Il dipinto si trovava originariamente presso l’Oratorio della confraternita dei Fiorentini ad Ancona e da un’iscrizione presente sul verso apprendiamo che fu riparato in sacrestia per il pericolo «d’esser danneggiato da sorci, dall’humido, e da altro disastro». Numerosi sono infatti i guasti che presentava quando giunse a Firenze nel 1667 a seguito dall’acquisto da parte di Ferdinando II de’ Medici. Il Granduca, appassionato di pittura veneta qual era, gli assegnò un posto di privilegio in Tribuna, affidandolo però prima alle cure di Baldassarre Franceschini, detto il Volterrano che lo «rassettò», effettuando interventi conservativi e di reintegro, nonché disegnando una nuova cornice, poi realizzata da Jacopo Maria Foggini. Non molto tempo dopo, nel 1699, l’opera entrò però nelle mire del Gran Principe Ferdinando che lo volle per la sua collezione, incaricando nell’occasione Niccolò Cassana del ritensionamento e ampliamento della tela.

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Lucas Cranach il Vecchio

    La decapitazione di san Giovanni Battista

    1513 c.
    Xilografia
    Gallerie degli Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 3146 st. sc.

     

    E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

     Marco 6, 27-30

    Tra gli episodi della vita di san Giovanni Battista che più hanno affascinato artisti di varie epoche va senza dubbio ricordato il momento finale, la morte per decapitazione. Lucas Cranach il Vecchio, che affronta il tema intorno al 1513, era attivo in quegli anni alla corte di Federico III di Sassonia a Wittemberg, dove ebbe modo di approfondire l’amicizia con Martin Lutero divenendo un importante interprete figurativo e divulgatore della Riforma protestante. In questo contesto culturale ben si collocavano le vicende di san Giovanni, esempio di forza morale contro la corruzione mondana. La sua figura virtuosa contrasta fortemente con quella di Salomè, che ne aveva richiesto la testa facendosi strumento degli istinti vendicativi della madre Erodiade nei confronti di chi ne aveva criticato il legame peccaminoso con Erode Antipa.

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Lucas Cranach il Vecchio

    Nella stampa la scena è trattata senza alcuna remora nei confronti dei particolari più cruenti. Sul primissimo piano, un soldato raccoglie da terra il capo mozzato del Santo per porgerlo a Salomè. La fanciulla giunge da destra scortata da armati e seguita da ancelle con in mano il vassoio, pronto ad accogliere il macabro trofeo. Al centro sta il corpo acefalo del Battista, sporcato dal sangue che fuoriesce copioso dal collo; i soldati introno sembrano osservare annoiati una scena di routine, indifferenti al dramma appena consumatosi, mentre il boia ricolloca scrupolosamente l’arma nel fodero. Pochi anni prima Cranach aveva inciso lo stesso soggetto soffermandosi sull’attimo immediatamente precedente, quando il Battista incrocia per l’ultima volta lo sguardo di Salomé poco prima che la spada metta fine alla sua vita. Il momento appena successivo è affrontato dallo stesso artista in un dipinto di poco posteriore conservato nel castello di Kroměříž (inv. KE 2367), dove la figlia di Erodiade ha già raccolto la testa sul piatto, mentre la scena ancora seguente, con Salomè che torna a palazzo interrompendo il pasto della madre con il suo secondo marito, è trattata nelle varie versioni pittoriche del Banchetto di Erode (tra le quali Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie, inv. 3567; Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art, inv. 1936.339). Le storie del Battista sono dunque ricorrenti nella produzione grafica e pittorica di Cranach e della sua bottega, come lo è la figura della donna trionfante in vesti alla moda dell’epoca o nuda, ma agghindata con accessori contemporanei, come le varie Giuditte, le Veneri o - appunto - Salomé, che nella versione del Museum of Fine Arts di Budapest (inv. 132) è identica nel copricapo piumato, nell’abito e nei gioielli alla fanciulla presentata in questa xilografia. Nell’angolo inferiore destro della xilografia compare un piccolo drago, emblema dell’autore.

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Alonso Berruguete

    Salomè

    1515
    Olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 5374

     

    La decollazione del Battista costituisce un soggetto ampiamente frequentato fin dal Medioevo che trova un’improvvisa accelerata nell’arte italiana di primo Cinquecento e in particolare in area settentrionale. Rispetto ad altre declinazioni più narrative, come ad esempio quella di Bernardino Luini, presentata più avanti, l’attenzione è qui concentrata interamente sulla figura di Salomè, isolata su un fondo scuro, e sulla testa del Battista deposta sul vassoio. La sottolineatura della presa incerta così come l’evidenza dello sguardo rivolto verso il basso e allontanato quasi per repulsione, suggeriscono un’interpretazione “pudica” della figlia di Erodiade che deriva dalla sua richiesta, su cui insistono entrambi i passi evangelici di Marco (Mc 6, 14-29) e Matteo (Mt 14, 1-12), di avere la testa di Giovanni il Battista sopra un vassoio. Una lettura che le attribuisce una sensibilità del tutto estranea, anche per differenza di età, alla malvagia madre e che qui sembra quasi trovare estensione nell’arioso paesaggio dello sfondo, contraddistinto da un’originale caratterizzazione nordica e dal taglio scivolato in direzione opposta rispetto all’inclinazione del vassoio e della balaustra-corrimano. La possente testa del Battista che presenta una forte caratterizzazione fisiognomica e dimensioni superiori al naturale, potrebbero invece alludere al ruolo di Precursore evidenziato sia da Marco sia da Matteo nell’incipit del racconto del martirio dove Erode a fronte della crescente fama di Gesù e visti i suoi poteri taumaturgici, afferma che egli sia il Battista «risorto da morte» (Matteo 14, 1-3).

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Alonso Berruguete

    La tavola è più volte citata negli inventari medicei che ne documentano gli spostamenti tra le collezioni e il mutare delle attribuzioni. Registrata già presso il Casino di San Marco nell’eredità di Carlo de’ Medici con il titolo ‘Erodiade’ e una prima attribuzione a Giovan Francesco Penni (1666), passa poi agli Uffizi (1667) e qui acquista il riferimento a Pontormo (1704). Trasferita a Pitti nella seconda metà del Settecento (1761), ritorna poi agli Uffizi con l’attribuzione a Federico Barocci (1795). Una girandola di attribuzioni alla quale mette temporaneamente freno Roberto Longhi che nei primi anni Cinquanta del Novecento avanza il nome del pittore spagnolo Alonso Berruguete, circoscrivendo l’esecuzione del dipinto al 1514 circa entro il cruciale periodo fiorentino avviatosi nel 1508, ma anticipato e inframmezzato (nel 1510) da esperienze romane. I modi del dipinto risentono infatti di suggestioni rielaborate sulla scorta degli esempi dei maestri di cui Berruguete si nutre in quegli anni, ricercandone la visione dal vivo; modi che rimandano al Raffaello del Parnaso delle Stanze Vaticane e al Michelangelo della volta Sistina, contaminati insieme in modo originale con quella «libertà di accozzo» attribuita da Longhi a chi, come appunto gli artisti provenienti dalla Spagna, non aveva remore ad attingere al repertorio dell’arte italiana.

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Bernardino Luini

    Salomè riceve la testa del Battista

    1525 c.
    Olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 1454

     

    Questo dipinto di Bernardino Luini si inserisce in un ampio catalogo di Salomè con la testa del Battista fiorito all’inizio del Cinquecento in Lombardia nell’ambiente artistico legato a Leonardo da Vinci. La fortunata diffusione di questo tema iconografico si lega probabilmente ad Aimery d’Amboise, gran maestro dell’Ordine degli Ospitalieri e fratello di Georges, committente francese di Andrea Solario, uno dei più accreditati seguaci di Leonardo. Alcune fonti riconducono infatti a questo nobile francese l’introduzione di una nuova reliquia legata a San Giovanni (un frammento osseo tratto dal cranio conservato ad Amiens) che avrebbe contribuito al successo del tema, poi declinato nelle varianti a mezzo busto con tre, quattro personaggi, in quelle più rare a figura intera o nel solo bacile con la testa del Battista secondo il modello medievale dello Johannesschüssel. Luini adotta qui il modello compositivo di punta (orizzontale e a tre voci) che si attiene alla narrazione dell’evangelista Marco (Mc 6, 14-29) proprio per l’inclusione della figura della guardia, assente invece nel passo omologo di Matteo (14, 1-12). Nelle sue linee portanti il racconto prende comunque avvio da Giovanni il Battista messo in prigione da Erode Antipa per aver pubblicamente condannato la sua relazione con la moglie del fratello, Erodiade. Quest’ultima ha una figlia che sappiamo chiamarsi Salomè grazie alle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe, ma che nei vangeli viene identificata solo come «figlia di Erodiade» in coerenza con la narrazione che la vuole strumento del martirio in balia della madre. Dopo aver affascinato Erode Antipa con la sua danza, Salomè, chiamata a esprimere qualsiasi desiderio, deroga infatti la scelta ad Erodiade che la istiga a richiedere la testa del Battista. L’unica nota personale che avanza, e sulla quale concordano sia il vangelo di Marco sia quello di Matteo, è che la testa le venga consegnata su un vassoio; particolare da cui discende la tradizionale raffigurazione di una Salomè turbata dalla barbara vista, come nell’interpretazione fornita da Alonso Berruguete, ma che nel contesto lombardo di inizio Cinquecento diventa soprattutto un pretesto per esaltare la raffinatezza dei manufatti dell’oreficeria locale.

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Bernardino Luini

    Più che ai testi sacri la Salomè del Luini risponde infatti al confronto con il modello leonardesco che qui trova un riferimento puntuale nel foglio con la celeberrima Testa di fanciulla tradizionalmente denominata La Scapigliata (Parma, Galleria Nazionale) dalla quale recupera l’inclinazione della testa, le palpebre abbassate, la bocca appena dischiusa che sembra sussurrare alla serva lì accanto. È tra l’altro proprio con l’attribuzione a Leonardo che il dipinto giunge a Firenze nel 1792 dalle collezioni imperiali di Vienna nell’ambito di uno scambio tra le raccolte della famiglia Asburgo Lorena. Più volte citato da Stendhal nei suoi scritti, viene ricondotto in via definitiva al Luini a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento. Con il tempo la critica, ponendo in ordine l’intricato catalogo delle varianti, ne ha ridimensionato la centralità, fissando infine una datazione avanzata al terzo decennio del XVI secolo.

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    V. La morte di San Giovanni: la Decollazione

    Vincenzo Consani

    Testa del Battista in un bacile

    1842
    Marmo
    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria d'Arte Moderna

     

    In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista» .

    Matteo 14, 1-8

    Nella Firenze degli anni Quaranta dell'Ottocento era vivo il dibattito su quanto si dovessero rispettare i canoni del bello ideale di origine neoclassica, e quanto invece si dovesse guardare al bello naturale, studiandolo anche attraverso le opere dei maestri del Quattrocento fiorentino. Il giovane Consani nei tratti del volto del Battista esanime cercò forme belle e pure, seppure inevitabilmente turbate dall'espressione tragica e dalla terribile violenza del soggetto. Lo scultore infatti non sfuggì alla lezione del vero, come testimoniano la minuzia della resa della barba e dei capelli, e la cruda resa del collo reciso. Il candore stesso del marmo sottolinea il contrasto tra il raccapricciante soggetto e l'eletta forma in cui letteralmente ci viene offerto. Consani ricevette un premio all'Accademia di Firenze per l'accurata emulazione del vero messa in opera in questa scultura eseguita per il duca di Lucca, Lodovico di Borbone, che ne sosteneva gli studi a Firenze. La Testa del Battista fu esposta all'Accademia nel 1842, nella stessa mostra in cui il gesso per l'Abele morente di Giovanni Dupré (il cui bronzo si trova in Galleria d'arte moderna a Palazzo Pitti) suscitava grande scalpore per l'accuratissima resa dei dettagli anatomici, tale da far sospettare che fosse stata tratta direttamente da un calco preso sul modello. L'iconografia della testa del Battista, rappresentata isolata sul piatto, affonda le radici nella tradizione nordica medievale dei Johannesschüssel, oggetti di culto che sollecitavano, nella drammatica sintesi espressiva, i più profondi sentimenti di devozione e che in Italia si affermano in particolare in ambito padano, in pittura e scultura e nelle oreficerie.

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    VI. L’immagine di Giovanni Battista nella pittura fiorentina

    Andrea del Sarto

    San Giovanni Battista

    1523 c.
    Olio su tavola
    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, inv. Palatina 1912 n. 272

     

    Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

    Giovanni 1, 6-8

    Nel far emergere dallo sfondo scuro l’aitante figura scultorea di un giovane San Giovanni Battista, investita da una luce intensa e avvolgente, Andrea del Sarto sembra voler fare riferimento direttamente a questo passo iniziale del Vangelo di Giovanni, nel quale si delinea il ruolo del Battista quale precursore di Cristo e profeta della sua venuta.

    Conscio di questa missione, il santo raffigurato da Andrea nel quadro della Palatina si erge fiero, in piedi a mezzo busto dietro una formazione rocciosa che simula quasi una mensa sacra. Essa è seminascosta da uno panneggio rosso brillante su cui il Battista poggia la mano che tiene arrotolato il tradizionale cartiglio con l'iscrizione "Ecce Agnus Dei" ("Ecco l'Agnello di Dio"), alludente al sacrificio di Cristo sulla croce.

    A Firenze la tradizione figurativa ha riservato da sempre grande spazio a questo santo, patrono della città e protettore di varie corporazioni di arti e mestieri (ad esempio dei pellicciai, dei sarti e dei cardatori di lana), e a lui sono stati dedicati interi cicli decorativi. Tra questi casi s'inserisce anche il dipinto di Andrea del Sarto, la cui committenza è legata al nome del ricco banchiere fiorentino Giovanni Benintendi. Costui, desideroso di celebrare il proprio santo omonimo e il sacramento del Battesimo, che istituisce anticipando il ministero di Cristo, incaricò un gruppo di artisti per la realizzazione di dipinti su tavola da inserire in una spalliera lignea posta ad ornamento dell’anticamera del suo palazzo. Il San Giovanni Battista doveva essere il fulcro del complesso decorativo, di cui faceva parte anche l'Adorazione dei Magi di Pontormo (esposta sempre in Palatina, nella Sala di Prometeo). La tavola fu poi donata a Cosimo I nel 1553 ed entrò così a far parte delle collezioni medicee.

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    VI. L’immagine di Giovanni Battista nella pittura fiorentina

    Andrea del Sarto

    Andrea del Sarto riunisce gli attributi del Battista nella parte inferiore del quadro, sfruttando l'appoggio della roccia: la scodella in semplice terracotta utilizzata per battezzare Gesù e gli altri neofiti nel fiume Giordano, la pelle di cammello che gli cinge la vita e l'umile crocifisso ricavato dalla sovrapposizione di due canne. Sono i simboli degli anni di penitenza e preghiera trascorsi da Giovanni nel deserto, sui quali molto si soffermano le fonti agiografiche e le numerose biografie in volgare dedicate al santo e pubblicate sul finire del XV secolo.

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    VI. L’immagine di Giovanni Battista nella pittura fiorentina

    Andrea del Sarto

    La resa naturalistica del volto del Battista trae origine da una pratica consueta di Andrea, quella di studiare dal vivo i modelli per le proprie opere, anticipandole con una nutrita serie di disegni preparatori a matita nera o rossa, che indagano sottilmente la posizione e la resa espressiva. La bellissima testa del giovane, con lo sguardo orgoglioso su cui spicca una folta capigliatura ricciuta, e il suo nudo guizzante e asciutto riflettono l’impressione formidabile del David michelangiolesco.

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    VI. L’immagine di Giovanni Battista nella pittura fiorentina

    Mario Bacchelli

    San Giovannino nel deserto

    1930 c.
    Olio su tela
    Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina Galleria d'Arte Moderna

     

    E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade.

    Luca 1, 76

    La rappresentazione del profeta giovinetto sembra quasi richiamare il gioioso inno che il padre Zaccaria proclama dopo la nascita del figlio, quando ne annuncia il nome riacquistando il dono della parola. Metafora di salvezza, ma anche riferimento geografico: si preparava la strada a chi arrivava atteso a Gerusalemme perché il deserto intorno alla città cancellava anche le vie più battute. E Giovanni abita il deserto:

    In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: "Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!", E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.

    Matteo 3, 1-4

    Giovanni richiama alla conversione, vestito in pelli di cammello come la tradizione indica (Zaccaria 13), nell'ambiente inospitale del deserto, cibandosi delle sole fonti di sostentamento che l'uomo vi può rintracciare. Lo sguardo lontano è quello di chi guarda oltre il presente, proiettato nel futuro di salvezza che segue quello di predicazione e martirio.

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    VI. L’immagine di Giovanni Battista nella pittura fiorentina

    Mario Bacchelli

    Una pittura luminosa ma consistente e spessa richiama la superficie scabra di un affresco; la figura affusolata e gentile del santo giovanissimo ritorna ai più celebri modelli della tradizione quattrocentesca, tra Donatello e Desiderio da Settignano, e in particolare allo splendido San Giovannino Martelli del Bargello. Gli accenni di vegetazione e la lucertola che si arrampica sulla parete sembrano allusioni alla vitalità erompente dei dettagli naturalistici con cui Ghiberti incorniciò le lunette polilobate della Porta Nord del Battistero.

    A partire dagli anni Venti del Novecento l'arte dei maestri del passato fu sistematicamente studiata per riprendere il filo della tradizione oltre la rottura operata dalle avanguardie dei primi decenni del secolo. E proprio nel solco di questo recupero, Bacchelli, dopo essersi interessato a cubismo e futurismo, aver soggiornato a Roma (dove fu amico di Armando Spadini), Parigi (dove conobbe Auguste Renoir), in Brasile e Argentina, viaggiava per la penisola: “ora giro come un innamorato per queste nostre città d'Italia... e ritrovo dentro di me quel grande amore alla luce del sole che forse gli impressionisti mi hanno insegnato meglio di ogni altro tra i moderni; e tra gli antichi i maestri del Quattrocento fiorentino e i veneziani”.

Il Santo che battezzò Cristo

Scene dalla vita di San Giovanni Battista nei capolavori delle Gallerie degli Uffizi

Progetto e coordinamento: Anna Bisceglia

Saggio introduttivo di Anna Bisceglia

Testi di Anna Bisceglia, Laura Donati, Patrizia Naldini, Daniela Parenti, Katiuscia Quinci, Chiara Toti, Chiara Ulivi

Revisione testi: Patrizia Naldini

Traduzioni: Eurotrad Snc.

Grafica: Andrea Biotti

Crediti fotografici Francesco del Vecchio e Roberto Palermo (Dipartimento Fotografico)

 

Nota: ogni immagine della mostra virtuale può essere ingrandita per una visione più dettagliata.

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