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Il Trittico Portinari di Hugo van der Goes

  • Il Trittico Portinari di Hugo van der Goes

    Dalle Fiandre a Firenze​: viaggio fra pittura, tessuti e oreficerie

    Il Trittico Portinari di Hugo van der Goes
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    INTRO/1 Il Trittico Portinari

    C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da gran timore, ma l'angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato, nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.

    (Luca 2, 8-12)

    Per la cultura cristiana la venuta del Messia, il Figlio di Dio fatto uomo, sancisce l'inizio di una nuova epoca, un nuovo inizio, che riguarda tutti gli esseri viventi, come fonte di rinnovamento e speranza. Lo straordinario evento, celebrato dai cristiani nel periodo di Natale, è stato reso da Hugo van der Goes nel trittico Portinari con somma efficacia e profusione di dettagli grazie al magistrale linguaggio pittorico in grado di renderci partecipi dell'evento sacro, al pari dei donatori presentati negli sportelli laterali.

    È una sorta di “sacra rappresentazione”, in cui la tradizione popolare è resa in maniera estremamente colta attraverso la densa trama di rimandi simbolici, eloquente per l'evidenza data alle figure dei rustici pastori, gli emarginati di Israele, riscattati dal piccolo Gesù Bambino, poggiato per terra e splendente di luce (Lux mundi). Gesù è anche il salvatore dei pagani, riconosciuto dai Magi che da terre lontane si mettono in viaggio per adorarlo (nello sfondo dello sportello destro).

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    INTRO/2 Il Trittico a sportelli

    Il complesso, costituito da una tavola centrale con l'Adorazione dei pastori e due sportelli laterali coi committenti accompagnati dai loro Santi Protettori, fu dipinto nelle Fiandre tra 1473 e 1478 da Hugo van der Goes su commissione di Tommaso di Folco Portinari (1428-1501), banchiere fiorentino agente del Banco Mediceo a Bruges e influente consigliere presso la corte borgognona.

    È un trittico dalle imponenti dimensioni (cm 253 x 583), costituito da tre tavole unite da cerniere, concepito come arredo richiudibile dell'altare maggiore: le ante laterali, come sportelli, dovevano essere mantenute chiuse a coprire lo scomparto centrale in determinati periodi dell'anno liturgico, quali la Quaresima.

    Gli sportelli esterni recano la rappresentazione dell'Annunciazione a grisaille, destinata a restare in vista col dipinto chiuso. In altri casi, le cosiddette pale d'altare “ad ali”, recano nelle facce esterne dipinte a grisaille figure di Santi talvolta accompagnati da donatori, profeti e storie evangeliche. Esempi illustri di questa singolare struttura, molto in voga nel mondo d'oltralpe, sono il polittico con L’Adorazione dell'Agnello mistico di Hubert e Jan van Eyck (Gand, cattedrale di San Bavone) e il polittico con il Giudizio Universale di Roger van der Weyden (Beaune, musée de l'Hotel Dieu ) entrambe opere di dimensioni imponenti, ripartite in più scomparti. Tuttavia, il modello più pertinente e aggiornato per un confronto con l'opera di van der Goes può essere individuato nel trittico di Hans Memling con il Giudizio Universale (Danzica, Muzeum Narodowe) commissionato da Angelo Tani, direttore del Banco Mediceo a Bruges fino al 1465, anno in cui venne sostituito proprio da Tommaso Portinari. Entrambi, Portinari e Tani, scelsero questa tipologia di pala a sportelli dipinta da artista fiammingo, non esclusivamente per motivi d'ordine devozionale, ma perchè rappresentava uno status simbol, un efficace richiamo, nel contesto fiorentino, al prestigio e al successo conseguito da due banchieri nelle Fiandre.

     

     

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    INTRO/3 L'arrivo a Firenze

    I caratteri distintivi dell'arte fiamminga, condotti da van der Goes ad un sommo livello, introdussero una novità dirompente nell'ambiente fiorentino. Il trittico mostrava per la prima volta non solo le virtuosistiche potenzialità della pittura ad olio, ma anche l’uso calcolato della luce volta a sottolineare la resa dettagliata dei personaggi, dei materiali, delle architetture e del paesaggio, con sorprendenti particolari naturalistici e con effetti atmosferici aderenti alla realtà.

    Il trittico fu spedito a Firenze quando van der Goes era già morto (1482) grazie al sostegno economico del banchiere Niccolò di Giovanni Capponi, subentrato per sopperire alle sopraggiunte difficoltà finanziarie di Tommaso Portinari. Dopo un avventuroso tragitto via mare e via fiume, arrivò a Firenze il 28 maggio 1483 e fu collocato sull'altare maggiore della chiesa di Sant'Egidio, annessa all'ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, fondato nel secolo XIII da Folco Portinari e rimasto sotto il patronato della famiglia.

    Era l'opera fiamminga più imponente mai esposta in Italia, e veniva a completare il ciclo con scene della vita della Vergine e immagini di Santi dipinti da Domenico Veneziano, Andrea del Castagno e Alessio Baldovinetti eseguiti nell'edificio (1439-61 circa) e andati poi distrutti nel 1536.

    Il capolavoro fiammingo suscitò subito enorme curiosità ed ammirazione. Artisti come Filippino Lippi, Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli e Leonardo da Vinci restarono fortemente impressionati dagli effetti brillanti e dalla ricchezza di sfumature proprie della tecnica ad olio (impossibili da ottenere con la tempera a uovo usata in Italia a quel tempo), così come dalla spazialità profonda ottenuta attraverso le diverse intensità della luce e dal meraviglioso naturalismo nella descrizione dei particolari. La suggestione fu tale che ne riproposero figure e motivi nelle loro opere.

     

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    INTRO/4 L'arrivo a Firenze

    Nel trittico si colgono riferimenti alle funzioni assistenziali dell'antico ospedale nella piccola e tenera scena in cui San Giuseppe sorregge Maria prossima al parto, e in alcune figure come quella di Sant'Antonio, invocato come protettore contro la malattia che porta il suo nome (fuoco di Sant'Antonio) e connotato dal bastone a tau, dalla forma coincidente con lo stemma a T dell'ospedale di Santa Maria Nuova; Santa Margherita, protettrice delle partorienti e Santa Maria Maddalena col vaso d’unguento con cui profumò i piedi di Cristo. Messaggero di salvezza è soprattutto il gracile Gesù Bambino che, quale medicus humilis, come lo definì Sant'Agostino, nacque in un ambiente povero per portare sollievo e assistenza all'umanità più bisognosa, qui personificata dai miseri pastori.

    Ricordato da Vasari come opera di Ugo d'Anversa, a seguito di lavori interni nella chiesa di Sant'Egidio, il trittico fu rimosso nel 1576 dall'altare maggiore e successivamente smembrato. Nel tempo andò persa la memoria della paternità di Hugo van der Goes, e l'autore fu confuso con i nomi degli artefici dei distrutti affreschi: a Domenico Veneziano venne attribuita la tavola con la Natività e ad Andrea Del Castagno i due sportelli laterali. Nel 1871 l’opera, che nella prima metà del secolo aveva recuperato la corretta identità dell'autore, fu ricomposta nella Galleria dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova, e in seguito, nel 1900, confluì insieme ad altre opere dell'Ospedale nella Galleria degli Uffizi.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Annunciazione

    Negli sportelli esterni è raffigurata, quale necessaria premessa alla Natività, l'Annunciazione dipinta a monocromo con le due figure disposte entro profonde nicchie scandite da arcate. Nella scelta della tecnica a grisaille Hugo van der Goes si riallaccia a modelli propri della tradizione nordica, già adottati da Jan van Eyck, Robert Campin e Hans Memling, riuscendo però ad infondere, attraverso un ricercata distribuzione della luce e delle ombre, una vibrante vitalità a queste pseudo–sculture.

    L'Annuncio dell'arcangelo Gabriele a Maria prelude alla nascita di Cristo che si rivela, aprendo il trittico, nello splendore cromatico delle scene a simboleggiare visivamente la nuova era di Salvezza; con la venuta di Cristo tutto l'universo prende colore e si anima.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    La tavola centrale

    La Natività nella tavola centrale è grandiosa per la profondità spaziale e la scenografica ambientazione coi personaggi disposti in cerchio: al centro, a terra, il Bambino Gesù nudo, tremante di freddo e circonfuso di luce divina, viene adorato dai pastori, dagli angeli e dalla Vergine.

    La giovane e malinconica Madre, contempla in ginocchio il Figlio. San Giuseppe è raccolto in preghiera a mani giunte accanto ad una colonna, riferimento alla colonna a cui si appoggiò la Vergine durante il parto stando alle narrazioni apocrife. Le figure della Madonna e del Bambino Gesù sono chiaramente ispirate a quelle dipinte da Roger van der Weyden nella Natività del trittico Bladelin (Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie), forse a seguito di una precisa indicazione data dal Portinari a van der Goes.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    I pastori

    Alla silente e intima compostezza dei personaggi sacri fanno da contraltare lo stupore e la commozione dei pastori contraddistinti da una vigorosa espressività, a tratti grottesca. I volti rugosi segnati dalla fatica, le mani nodose e le vesti rustiche, sono dettagli che hanno reso indimenticabili queste figure, che diventano, grazie anche alle proporzioni equiparate a quelle dei personaggi sacri, co-protagoniste della scena. Il gruppo dei tre pastori fu ripreso da Domenico Ghirlandaio per la ‘Natività’ nella chiesa fiorentina di Santa Trinita (1485), addolcendo però i tratti delle figure.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Gli angeli

    Raffinatissima e accurata è la resa degli angeli inginocchiati e in volo, dalle singolari fisionomie e ordinati secondo le gerarchie distinte dallo Pseudo Dionigi l'Areopagita: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli e Angeli sono connotati dai differenti colori delle ali (azzurre, rosse, ad occhi di pavone come simbolo dell'onniscenza divina) e da differenti abbigliamento (piviale, dalmatica, tonacelle) e gioielli.

     

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Il vaso di fiori

    In primo piano un bellissimo brano di natura morta rispecchia l'uso di collocare fiori davanti alle immagini sacre e nello stesso tempo rimanda a consolidati significati simbolici. Un brano simile compariva ai piedi della cosiddetta Madonna Medici di Francoforte (Städelsches Kunstinstitut) dipinta qualche tempo prima da Roger van der Weyden per i signori di Firenze. 

    Un albarello in maiolica (vasetto da farmacia) decorato con foglie d'edera in blu cobalto e lustro dorato, fedele riproduzione di un esemplare di manifattura valenzana probabilmente di Manises, contiene iris bianchi e blu e un giglio, fiori simboleggianti la purezza della Madonna, la regalità di Cristo e la Passione. Accanto un vaso in vetro offre sette aquilegie blu, allusive ai dolori di Maria, e tre garofani rossi, rimando alla Trinità. Il vetro alluderebbe alla purezza di Maria, secondo un'immagine tramandata da San Bernardo “come un raggio penetra puro in un vetro, ne esce intatto, ma prende il colore del vetro… così il Figlio di Dio, entrò nel grembo immacolato della Vergine, ne uscì puro”. Dietro i fiori, adagiate a terra sono deposte spighe di grano: prefigurano il pane eucaristico in riferimento alla denominazione di Betlemme, in ebraico “casa del Pane”, e di Cristo come “pane vivo”.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Lo zoccolo di legno ed un diavolo

    Lo zoccolo di legno abbandonato ai piedi di San Giuseppe ha una particolare connotazione simbolica: evoca infatti la sacralità di un luogo ove è necessario accostarsi scalzi, come Dio ordinò a Mosè davanti al roveto ardente (Esodo, 3,5).

    Accanto al capitello della colonna è dipinto un diavolo dalla faccia leonina e dalla zampa artigliata, oggi difficilmente distinguibile. L'inconsueta presenza del demone nel contesto della Natività è stata spiegata in riferimento ai passaggi di due testi sacri : l'Epistola di San Giovanni (3.8 )e la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Nell'Epistola l'evangelista scrive :”..Chi commette il peccato viene dal diavolo, perchè il diavolo è peccatore fin dall'inizio. Ora il figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo”. Nella Legenda Aurea il domenicano Jacopo da Varagine menziona il demone a proposito della Natività : “è una protezione contro il diavolo, da adesso il Demone non può più danneggiarci come un tempo ha fatto”. Tuttavia, considerata la sofferenza che affliggeva in questi anni Hugo Van der Goes, ossessionato dal senso di colpa e dal terrore della dannazione eterna, è plausibile che il pittore abbia voluto, con questo inserto, mettere in guardia l'uomo dal potere delle forze demoniache, presenti ovunque.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Il Palazzo del Re David

    La stalla si configura come una loggia con colonne classiche eretta nei pressi di un grande edificio che rappresenta il palazzo di re David, progenitore di Cristo, identificabile per il simbolo dell'arpa scolpito sul portale.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Le levatrici e l'annuncio ai pastori

    Sulla destra, in prossimità della campagna, sono raffigurate presso uno steccato due donne, probabilmente le levatrici che secondo i Vangeli apocrifi avevano aiutato la Vergine al momento del parto; nello sfondo su una collina un angelo in volo porta l'annuncio ai pastori.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    La tavola sinistra

    L'esecuzione dei due pannelli laterali risale ad un momento successivo (1477-78) rispetto alla tavola centrale (1473-74) e rivela una certa differenziazione stilistica nella cromia più scura e nella minor profondità spaziale.

    Nella tavola sinistra sono raffigurati il committente Tommaso Portinari coi figli Antonio e Pigello, nati rispettivamente nel 1472 e nel 1473 (o 1474), alle cui spalle troneggiano i santi onomastici: San Tommaso, appoggiato alla lancia, strumento del suo martirio, e Sant'Antonio abate, connotato dalla campanella, il bastone da abate e il rosario. San Tommaso, patrono della Magistratura fiorentina dei Sei della Mercanzia, era particolarmente appropriato per Tommaso Portinari, eletto magistrato verso la fine della sua vita. Nello sfondo tra le rocce acuminate, un episodio piuttosto inusuale tratto dal Protovangelo di Giacomo preannuncia l'imminente Natività: Maria incinta accompagnata dall'asinello procede a piedi sorretta da Giuseppe nella strada verso Betlemme.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Il ritratto di Tommaso Portinari

    Il ritratto di Tommaso Portinari è dipinto su un supporto separato (carta o pergamena), successivamente applicato sul pannello ligneo secondo un procedimento praticato anche in Italia. Anche se il contesto è diverso, merita d’essere ricordato il caso degli affreschi trecenteschi della “camera dell’uno letto” in Palazzo Datini a Prato, dove sul soffitto quattro teste dei committenti erano state realizzate su carte applicate poi al muro, una soluzione che permetteva agli artisti di lavorare in bottega con meno fatica. Hans Memling la utilizzò per l'effige dello stesso Portinari nel trittico col Giudizio Universale (1473, Danzica, Muzeum Narodowe) ritratto come anima eletta nella bilancia di San Michele. In questo caso la testa venne eseguita separatamente, come risulta anche da recenti studi diagnostici, e incollata in un secondo momento sull’opera finita, per la quale evidentemente l'inserzione del banchiere venne decisa in un secondo momento.

    La riconoscibilità del donatore raffigurato era un elemento di primaria importanza in una pala devozionale come il Trittico degli Uffizi, e potrebbe esser stata richiesta dallo stesso Portinari a van der Goes, per poterlo approvare e consentirne poi l'inserimento da parte dell'artista nella fase più opportuna di lavorazione dello sportello.

     

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    La tavola destra

    Nello sportello destro sono inginocchiate verso il Bambino, Maria Baroncelli Portinari, moglie di Tommaso, con la figlia Margherita nata nel 1471, e alle loro spalle, di dimensioni molto più grandi, le figure delle sante protettrici dimensioni molto più grandi a significare la loro natura ultraterrena. Il gruppo di donne si distingue per la raffinata, aristocratica eleganza. A sinistra Santa Margherita, con il libro e la piccola croce astile, calpesta il drago, personificazione del demonio che secondo la leggenda l'aveva inghiottita; la affianca a destra una sofisticata Maria Maddalena col caratteristico vasetto d'unguenti.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    La posizione delle sante onomastiche alle spalle delle donatrici, risulta invece invertita. Ciò si deve a un mutamento d'intenzione del pittore che, secondo quanto è stato rivelato dal disegno sottostante emerso con la diagnostica, le aveva originariamente posizionate in modo corretto (Maddalena dietro a Maria, santa Margherita dietro alla piccola Margherita), cambiandole in seguito probabilmente su richiesta del committente. Si spiegano così il mantello rosso e i lunghi capelli sciolti di Santa Margherita, caratteristiche tipicamente distintive di Maria Maddalena.

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Il corteo dei Magi

    Nello sfondo, sulla sinistra,  in un brullo paesaggio invernale con alberi spogli e un villaggio semi diroccato riflesso su un laghetto, si snoda il corteo dei tre magi a cavallo preceduti da un servitore a piedi che chiede la strada per Betlemme a un vecchio contadino (“Dove è colui che è nato il re dei Giudei?”, Matteo 2, 1-12).

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    I. La storia, i simboli, i personaggi

    Magistrale la resa del paesaggio dicembrino, indagato con precisione lenticolare come si vede nella resa degli uccelli (corvi?) poggiati sui rami spogli degli alberi svettanti, e la descrizione nel bosco dei poveri villani dalle vesti stracciate che osservano il corteo regale; i villani appaiono  efficace evidenziazione di una umanità bisognosa, riscattata come per i pastori, dalla nascita di Gesù.

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    II. I gioielli

    Maria Maddalena Baroncelli Portinari

    Del monumentale Trittico commissionato da Tommaso Portinari, i dettagli e in particolare quelli preziosi rappresentano forse uno degli aspetti più seducenti della ricerca di realismo di Hugo van der Goes. I monili, infatti, sono qui non solo segnali di stato sociale ma anche delle virtù morali delle dame Portinari: Maria Maddalena e Margherita rispettivamente moglie e figlia del committente. La prima reca all’anulare un anello eloquentemente composto da un rubino e uno zaffiro à cabochon affiancati, un genere di anello matrimoniale detto  gimmel ring  ( dal latino gemellus ) ben documentato nella ritrattistica fiamminga. Maria inoltre indossa un opulento collare di smalti, rubini, zaffiri, perle e grani di onice di fattura verosimilmente borgognona. La scelta delle gemme nasce da urgenze simboliche che, travalicando le motivazioni estetiche ed economiche, raccontano il ruolo della Dama ornata nel matrimonio, nella famiglia e nella società del suo tempo: in questo caso le perle significano castità, i diamanti forza e nobiltà, i rubini amore e generosità e gli zaffiri umiltà. Gioielli di simile importanza erano spesso doni di nozze o meglio ‘prestiti’ destinati a rimanere di proprietà del marito cui spettava il diritto di disporne a propria convenienza. Infatti in questo collare realmente esistito e documentato fedelmente anche da Hans Memling nel ritratto di Maria Portinari oggi al Metropolitan Museum di New York, è stato ipoteticamente individuato il monile che Tommaso fu costretto, in seguito, a vendere per ripianare i debiti del fallimento del Banco mediceo da lui diretto a Bruges.

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    II. I gioielli

    Margherita Portinari

    La piccola Margherita indossa un elaborato vezzo di perle ed elementi d’oro smaltati con un pendente a tre gemme: due à cabochon (un rubino e uno zaffiro) e un diamante dall’inconfondibile taglio a punta, distintivo di bontà, umiltà e nobiltà nonché un talismano di salute, ricchezza e forza. Ancora più eloquente è la sua spilla da cappello con una sequenza di ovali (smaltati?) a formare una sorta di M gotica con una gamba in più e tre perle sferiche: margaritae nel linguaggio dei lapidari, chiari rimandi al nome della giovinetta e alla sua infantile purezza. Anche il copricapo a cono della madre, un tipico hennin fiammingo, decorato dalle iniziali M e T ricamate in perle, contiene un riferimento chiaro alla sua identità e al legame coniugale con Tommaso.

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    II. I gioielli

    Santa Margherita

    Nei due ritratti i gioielli sono vanitas e rimandano alla natura terrena delle protagoniste mentre va riferita alla dimensione trascendente la ghirlanda di perle che cinge il capo di Santa Margherita (a destra dietro a Maddalena) anch’essa, come per la fanciullina Portinari, è un veicolo dell’identità del personaggio ma anche della sua castità.

     

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    II. I gioielli

    Gli angeli

    Ancor più che nel delicatissimo gioiello da testa della Santa sono le corone e i diademi degli angeli a segnalare la duplicità del linguaggio dei monili impiegati, a seconda dei contesti e dei personaggi raffigurati: essi sono infatti sia realistici accessori della condizione umana sia espressione di luce divina ed evocatori della dimensione celeste.

    Un precedente di questa scelta iconografica certamente noto ad Hugo van der Goes è l’Adorazione dell’agnello mistico dipinta da Jan Van Eyck nel 1432 e conservata nella cattedrale di Gand, città di origine di Hugo. Come nell’Adorazione di Gand anche nel Trittico i monili degli angeli mostrano gemme fini, le più preziose e luminose: ovvero diamanti, rubini, zaffiri, smeraldi e perle applicate sugli abiti o incastonate su corone e diademi dal disegno variato. Un parallelo fra gli angeli e le gemme è stabilito dalla stessa esegesi biblica per analogia con la natura luminosa dei celesti messaggeri e conseguenza del loro rapporto con le stelle. Gregorio Magno indica una precisa corrispondenza fra gli angeli e le pietre citate da Ezechiele (ornamenti della città di Tiro) mentre lo Pseudo Dionigi (autore del De coelesti Hierarchia) afferma che le gemme indicano simbolicamente altrettanti aspetti della natura angelica: ad esempio le pietre bianche significano luce, quelle rosse rimandano al fuoco e quelle verdi alla giovinezza e alla forza.

    Nell’opera in questione tuttavia non sembra esserci una corrispondenza univoca angelo-gemma ché più gemme compaiono sullo stesso angelo e soprattutto solo i messaggeri celesti inginocchiati a terra di fronte al Bambino sono ornati di vistose pietre preziose. Per contro quelli in volo appaiono leggeri nelle loro semplici tuniche e senza corone. Il messaggio appare chiaro: solo gli angeli che scendono sulla terra per mescolarsi agli umani si distinguono per gli attributi regali che segnalano con chiarezza la loro natura di esseri spirituali. Quanto alle gemme: le perle, segni di purezza; gli zaffiri, emblemi delle virtù celesti; i rubini, portatori del fuoco della carità e della parola di Dio; gli smeraldi, simbolo della vita eterna e i diamanti, della forza della fede, ribadiscono la dimensione gloriosa del Regno dei cieli da cui gli angeli provengono.

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    II. I gioielli

    Fra tutti gli ornamenti da testa si distinguono i diademi degli angeli inginocchiati a sinistra. Si tratta infatti di curiosi bandeaux con un elemento verticale centrale a foggia di ramo d’albero con perle pendenti.  Uno dei due è un rametto di corallo, spesso usato come amuleto per proteggere i bambini dalle crisi epilettiche e per alleviare i dolori della dentizione, associato dunque alla natività, il tema centrale del Trittico, ma verosimilmente anche agli stessi committenti già genitori dei tre figli raffigurati e forse in attesa di un quarto. La funzione di questa presenza, inoltre, potrebbe avere portata ancora più ampia dacché, a causa della frequente naturale forma a croce, il corallo a ramo avrebbe avuto il potere di scacciare il demonio. Tale facoltà, annotata da Marbodo di Rennes nel De lapidibus, dovette godere di una certa popolarità in Europa dove il trattato era diffuso grazie alla traduzione in molte lingue.

    Potenziato dal talismano di corallo, l’angelo più vicino allo spettatore sembra aver assunto il ruolo di custode delle gravidanze di Maddalena e verosimilmente di guardiano dell’intera famiglia, la cui posizione sociale ed economica stava, in quegli anni, cominciando a vacillare.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Nell’opera di questo importante pittore fiammingo la lucida e puntuale restituzione dei tessuti e delle fogge delle vesti offre una importante chiave di lettura che chiama in causa, in primo luogo, la committenza e il ruolo svolto da Tommaso Portinari nell’ambito della corte borgognona.

    L’aspetto forse più interessante, ai fini della lettura del dipinto, fu senza dubbio l’aver ottenuto il monopolio del commercio dei tessuti auroserici fiorentini nel mercato fiammingo e presso la corte di Borgogna, prima detenuto dalla compagnia Arnolfini di Lucca. Per le occasioni di stato al Portinari furono richieste, per uso della corte borgognona, copiose forniture di drappi auroserici, oltre a quelle destinate al guardaroba della duchessa Margherita di York. Da queste attività del Portinari si deduce l’importanza della produzione e del commercio tessile (seta e lana) che, nella seconda metà del Quattrocento, costituiscono un potente motore dell’economia europea.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Santa Maria Maddalena

    La santa presenta un’imponente acconciatura con fronte rasata e capelli raccolti e rigonfi sulla nuca. Un fermaglio rettangolare, finemente decorato a ricamo in oro su tessuto nero, è disposto sulla sommità della testa e trattiene, tramite lacci di colore rosso passanti da piccoli anellini dorati, l’intera acconciatura. Una treccia, probabilmente posticcia – come era in uso – è disposta a doppio giro per abbellire e contenere ulteriormente la pettinatura.

    La scollatura è impreziosita da un finissimo velo da collo o partlet, generalmente confezionato in tela di lino o seta profilato da cordoncino di filato metallico. Si notano le pieghe dovute alla inamidatura.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    La veste è confezionata con un ricchissimo velluto “a griccia”, uno dei disegni tessili più in voga nel XV secolo. Il disegno presenta un lungo tronco ondulante che termina in una grande foglia polilobata con al centro il fiore di cardo e nel registro più basso un simbolo piriforme simile ad una campanella. La presenza della campanella non è un elemento casuale. Il disegno tessile veniva appositamente modificato al fine di inserire riferimenti araldici, emblemi, insegne ed imprese. Non essendo presente nel trittico un riferimento esplicito all’araldica dei committenti — Portinari e Baroncelli — questo elemento decorativo potrebbe essere interpretato come una allusione all'antico mestiere di "portiere" consistente in una campanella e riferibile alla famiglia Portere — equivalente a Portinari in fiammingo.

    La tecnica è estremamente ricca: si tratta di un velluto alto basso di colore nero con zone “allucciolate”e parti broccate in oro filato bouclé. Il fondo è attraversato da trame lanciate in oro filato.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    La sopravveste a tunica è confezionata con un ricchissimo velluto “a griccia” che termina in una foglia polilobata e allungata, con al centro il fiore di cardo e in altro registro il motivo a pigna. Dai rametti secondari si generano motivi più piccoli con cardi e melagrane. La pittura restituisce un effetto chiaroscurale che permette di identificare un velluto alto basso di colore bianco broccato bouclé in oro filato. La scollatura è impreziosita da un gallone a telaio in oro filato che riporta un'iscrizione: MARIA / MAGDALENA / SANCTA. Il gallone borda anche le maniche. In quella di destra si scorgono due lettere [EP?], in quella di sinistra OPR[E].

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    III. Gli abiti e i tessuti

    La sopravveste è, probabilmente, foderata con una pelliccia molto pregiata, confezionata con il dorso di petit-gris, una specie di scoiattolo oppure zibellino. È interessante, in questo contesto, la gestualità della santa che sembra offrire in dono la ricchissima sopravveste affaldata che il pittore restituisce in tutta la sua abbondanza e consistenza.

    Il manto che copre le spalle è di panno di colore nero, in segno di umiltà.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Maria Maddalena Baroncelli Portinari

    Maria Maddalena Baroncelli indossa un abito di foggia borgognona. Si tratta di una sopravveste di velluto nero unito con profonda scollatura a V che lascia intravedere una gonnella con collo quadrato dello stesso colore, lunghe maniche aderenti al braccio e avvitata al busto. Il taglio della scollatura è enfatizzato dalla pelliccia di visone bianco che dalle spalle scende fino a sotto il petto e orla anche il polsino delle maniche. Il busto è fasciato da un’alta cintura, probabilmente di pelle di capretto bianca fermata sul retro da una fibbia gioiello. L’enfasi data a questo accessorio potrebbe essere connessa, come da molti studiosi sostenuto, al suo stato di gravidanza. La cintura, nell’iconografia tradizionale, si lega al culto mariano, aspetto che in quest’opera è stato ritenuto centrale. La gonna asseconda la linea dei fianchi e scende a terra svasata e bordata da un’alta fascia di velluto bianco unito.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    L’acconciatura, raccolta sotto il cappello denominato hennin, presenta la fronte rasata come era in voga al tempo. L’hennin presenta un’alta falda di tessuto —cornet— che dalla sommità della fronte, dove si trova il frontlet (anello per regolare la posizione del copricapo), discende sulle spalle mentre la parte troncoconica è attraversata da una decorazione disposta a ranghi delimitati da file di perle. Entro ciascun rango le perle sono disposte con uno schema a zig-zag che dà origine a dei triangoli, il cui perimetro interno è impreziosito da un motivo a piccole punte realizzato a ricamo in oro filato. All’interno dei triangoli così formati si dispongono le iniziali M di Maria Maddalena e T di Tommaso, secondo una modalità che in questo contesto culturale rende omaggio ai coniugi. Questa parte dell’hennin è avvolta da un velo leggerissimo di seta che ricade fino a terra.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Santa Margherita

    La santa presenta una scollatura coperta da un finissimo velo da collo opartlet. Sopra indossa una gonnella di colore blu il cui polsino è visibile dalla manica della sopravveste del braccio sinistro. La sopravveste, probabilmente di panno blu, è foderata da una pelliccia di agnellino. Il mantello, molto ampio e tagliato a ruota, è confezionato con un pregiato panno di lana rosso scarlatto, qualità percepibile dai riflessi luminosi dati dalla consistenza della stoffa. All’interno è visibile l’orlatura. L’allacciatura del manto è ottenuta attraverso due cordoncini verdi passanti da occhielli di metallo e ancorati ad un gallone in oro. Il colore verde richiama la sopravveste di Margherita Portinari ed è proposto anche nel gallone che borda la sopravveste della santa.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Margherita Portinari

    La fanciulla è ritratta,intorno all’età di sette anni. Era costume che le fogge d’abbigliamento per i fanciulli di quell’età fossero le stesse di quelle degli adulti. Pertanto, Margherita è abbigliata alla moda delle giovani d’Oltralpe. Sotto la gamurra indossa una gonnella con scollo quadrato di tessuto marrone, mentre la sopravveste sembra di velluto verde unito, colore generalmente indossato dalle donne di giovane età. La gamurra presenta un busto molto aderente alla figura, aperto a V sul davanti, con allacciatura a incrocio ottenuta tramite stringhe ancorate a piccoli anelli cuciti alla veste. L’apertura della veste è profilata da un gallone in oro filato che corre anche intorno al collo sul dietro. La scollatura è coperta da un finissimo partlet rifinito da un cordoncino metallico. Sui fianchi è adagiata una cintura confezionata con un gallone che scende morbido verso il ventre e si chiude con due borchie a bottone unite da una catenella d’oro. Le maniche della gamurra sono aderenti al braccio e sono impreziosite da polsini da velluto di colore marrone scuro, come la balza che borda la parte finale della gonna. 

    L’acconciatura è rasata sulla fronte e i capelli sono lasciati lunghi e sciolti. Sul davanti, il copricapo separa due ciocche dal resto della capigliatura, come ad incorniciare il volto, ed è impreziosito da una spilla.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Gli angeli

    L’angelo più prossimo all’osservatore, a destra dello sportello centrale, indossa un ricchissimo piviale coerente con i colori liturgici riservati alla festività, cioè rosso e oro. Lo stolone è confezionato con un largo gallone realizzato a telaio e ricamato per tutta la lunghezza con l’aggettivo SANCTUS, più volte ripetuto. L’iscrizione, eseguita a rilievo, è ricamata con perle e intervallata, tutte le volte, da una broche con tre castoni. Anche la sontuosa fermatura del piviale è costituita da un gioiello di cui è visibile la montatura di profilo e l’aggetto delle pietre e delle altre componenti.

    Il tessuto presenta un motivo a griccia di cui sono riconoscibili il tronco e la foglia polilobata campita di velluto rosso, mentre dai rami secondari spuntano fiori di cardo, sempre profilati dal velluto.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    L’angelo alle spalle presenta una dalmatica di velluto alto basso di colore verde, con motivi decorativi broccati in oro filato. Probabilmente si tratta di un modulo a griccia che ospita al centro della foglia principale il fiore di cardo, mentre in quelle secondarie campeggia la melagrana. Le bande verticali (clavi) che attraversano la dalmatica sono realizzati con strisce di velluto alto basso di colore bruno rossiccio.

    Dietro a questo è visibile di scorcio un altro angelo che indossa una tonacella, probabilmente di damasco, rosso con motivi decorativi broccati in seta e argento. La decorazione presenta una sorta di vaso baccellato che contiene tre fiori dai bordi dentellati.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Sul lato sinistro dello sportello centrale, in basso, una coppia di angeli con candide vesti. L’angelo più vicino all’osservatore indossa un camice bordato — nel cappuccio e nella parte posteriore della veste — da un tessuto a fondo rosso con dei motivi a palmetta in oro e un simbolo a doppia croce in broccato blu. Si potrebbe trattare di un tessuto figurato che, nell’uso liturgico, veniva utilizzato per bordare alcune parti dei paramenti. Anche le maniche sono bordate da un tessuto a fondo oro (velluto?) con motivi a croci ricrociate di colore rosso che incorniciano una melagrana. Questa simbologia potrebbe identificare un angelo porta croce. Una stola trasversale, confezionata con un gallone dorato, scende dal petto fino al fianco, terminando con una broche.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Nell’angolo sinistro un angelo in volo indossa un piviale con un ricchissimo stolone ricamato in perle e pietre preziose, come anche la fermatura. Il tessuto con cui è confezionato il piviale è un pregiato lampasso, probabilmente a fondo raso di colore bianco e opera ottenuta per effetto di trame lanciate in oro filato. Il modulo decorativo consiste in una rete di maglie di forma ogivale che ospitano al centro il motivo della melagrana. All’interno il piviale è foderato con un tessuto verde mentre il perimetro del manto è profilato da una frangia intervallata da coppie di piccole campanelle d’argento. Il preziosissimo stolone, ricamato con profusione di perle e broche alterna formelle con motivi geometrici a volti di cherubini. Anche la fermatura sembra essere un gioiello. Il cappuccio del piviale è visibile in parte e mostra una doppia cornice profilata di perle su un tessuto a fondo oro.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Tommaso Portinari

    Tommaso indossa una sontuosa sopravveste di velluto nero unito, con colletto basso, aperta sulla parte anteriore, con maniche lunghe e abbondati che mostrano un risvolto di pelliccia. La sopravveste è interamente foderata di pelliccia, come si nota nel dettaglio in basso a destra. Probabilmente si tratta, per il colore e per la lunghezza del pelo, di una pelliccia di martora o zibellino molto in voga in questo periodo. Il capo è molto lungo e abbondante ma anche pratico ed elegante, adatto all’attività imprenditoriale e di rappresentanza di Portinari.

    Probabilmente, sotto la sopravveste Tommaso indossa una veste più attillata, una gonnella o un pourpoint di velluto rosso unito, di cui si intravede il colletto a cinturino e un tratto della camicia sottostante.

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    III. Gli abiti e i tessuti

    Antonio e Pigello

    I fanciulli di casa Portinari, Antonio e Pigello, indossano una sopravveste nera smanicata, probabilmente aperta sul davanti, piuttosto lunga e soppannata, come si nota dai risvolti intorno al collo, al giromanica e all’orlo, probabilmente di raso. Sotto la sopravveste, entrambi i fanciulli indossano o una gonnella o un pourpoint di velluto rosso unito.

    Il colore nero delle vesti maschili, ma anche femminili, si giustifica con una tendenza che, nel nord Europa, trova un grande consenso dalla metà del XV secolo, soprattutto grazie a Filippo il Buono che, pur vestendolo inizialmente in segno di lutto, grazie alle fogge ricercate ed eleganti ne trasforma il significato. Al tempo del soggiorno a Bruges di Portinari, questo colore è già appannaggio della classe mercantile e dell’apparato istituzionale della corte e della nobiltà. Tommaso Portinari, infatti, pur non avendo ricevuto una nomina ufficiale, alla corte di Carlo il Temerario era considerato come un consigliere. Come tale e come rappresentante della comunità dei mercanti fiorentini residenti a Bruges, riceve dal duca l’onore di sfilare, nel 1468, al corteo delle nozze con Margherita di York:

    …vestu comme les conseillers de monseigneur le duc, car il est de son conseil; et aprè luy marchoient dix marchans deux et deux, vestuz de satin noir figuré, et apres dix facteurs, vestuz de satin noir simple, et tous avoient pourpointz cramoisy …

    Mémoires d'Olivier de La Marche maître d'hôtel et capitaine des gardes de Charles le Téméraire. Tome 3, p. 113, 1885.

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    Glossario

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    Affaldato | Piegato in falde sovrapposte

    A griccia | Denominazione storica che indica un modulo di grande formato a sviluppo verticale.

    Allucciolato | Denominazione storica di una tecnica ottenuta per effetto di trame lanciate supplementari in filato metallico che, sollevate con apposito uncino, producono piccoli anellini sparsi nella parte del velluto. L’effetto, nella denominazione storica è assimilato a quello dei bagliori prodotti dalle lucciole nel cielo notturno.

    Auroserico | Tessuto operato con filati metallici particolarmente pregiati.

    Bouclé | Tecnica ottenuta per effetto di trame supplementari broccate in filato metallico che producono anelli o ricci.

    Broche | Spilla o fermaglio.

    Castone | Supporto che accoglie e fissa, tramite bordi o piccole griffe, le gemme di un qualsiasi tipo di gioiello.

    Gallone | Nastro o passamaneria realizzati a telaio o in altre tecniche.

    Gamurra | Ricca sopravveste, talvolta foderata di tessuto di seta o di pelliccia, con maniche separate dal busto. La foggia può variare secondo i diversi contesti nazionali.

    Pourpoint (in italiano: Farsetto) | Capo maschile indossato sopra la camicia. Aderente al busto è solitamente aperto sul davanti, corto e talvolta imbottito. Generalmente è indossato con calzamaglia o con calzoni.

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    Appendice biografica

    Hugo Van der Goes (Gand 1440 c. - Audergem 1482)

    La data di nascita intorno al 1440 è desunta dalla nomina, il 5 maggio 1467, a maestro della Gilda dei pittori di Gand, dove fu iscritto sotto la garanzia offerta da Giusto da Gand. Nel 1468 Hugo lavora con altri artisti alla decorazione della torre di Bruges in occasione del matrimonio fra Carlo il Temerario e Margherita di York; nel 1472 è attestato a Gand per realizzare opere celebrative sempre in onore di Carlo il Temerario. Spesso impiegato dal governo della città come pittore di gonfaloni, stendardi ed altre pitture di carattere temporaneo necessarie alle cerimonie dell'epoca, tra il 1474 e il 1475 venne eletto decano della Gilda di Gand.

     Alla formazione dell'artista concorsero la conoscenza della pittura di Robert Campin e il fondamentale studio del polittico con l'Agnello mistico di Hubert e Jan van Eyck, ammirato a Gand e assunto a modello per la tecnica pittorica, il brillante luminismo e la descrizione dettagliata di ogni particolare. Per tutta la sua attività van der Goes si confrontò con l'Agnello mistico e nel tentativo di eguagliarlo dovette sviluppare una vera e propria ossessione, se vogliamo dare credito alle parole dell'umanista tedesco Hyeronymus Munzer che nel 1495, dopo aver ammirato il gigantesco polittico ebbe a scrivere: “apparve un altro grande pittore [Hugo van der Goes] che volle imitare questo dipinto nelle sue opere, egli è diventato melanconico e insipiente”. Profonda fu inoltre l' influenza di Roger van der Weyden, pittore di spicco nella scena artistica di Bruxelles, dal quale Hugo van der Goes, forse suo collaboratore per un periodo, desunse suggestioni e stilemi per l' espressività delle figure, la gestualità accentuata e l'impaginazione dei paesaggi. Nel far proprie tali essenziali componenti unite anche all'attenzione ad altri maestri, quali Dieric Bouts e Hans Memling, van der Goes giunse ad elaborare un linguaggio pittorico originale caratterizzato da un intenso naturalismo e un disegno cesellato, linguaggio che trova compiuta espressione su scala monumentale nel trittico Portinari, opera cardine per la ricostruzione del corpus del pittore, del quale nessun altro dipinto è documentato.

    Il trittico, destinato alla chiesa di Sant'Egidio dell'Ospedale di Santa Maria Nuova, è menzionato nei conti dell'Ospedale quale “la tavola d-altare che mandò Tomaxo Portinari da Bruggia ”, in relazione ai pagamenti per il trasporto da Bruges a Firenze ( 1483), ed è ricordato per la prima volta come opera di van der Goes da Giorgio Vasari: nella Vita di Andrea del Castagno lo storiografo aretino cita il trittico come opera di “Ugo d'Anversa , che fe la tavola di Santa Maria Nuova di Firenze”. La menzione come Ugo d'Anversa non dovette essere un errore del Vasari in quanto è possibile, che il pittore prima di installarsi a Gand, avesse lavorato ad Anversa e a Bruxelles. La committenza del trittico potrebbe risalire al 1472 quando Tommaso Portinari, avendo disposto una certa somma di denaro per le messe da officiare quotidianamente nella chiesa di Sant'Egidio e della Santissima Annunziata, maturò l'intenzione di ornare l'altare maggiore della chiesa con una pala, quale eloquente testimonianza dello status acquisito nelle Fiandre. L'esecuzione del trittico da parte di van der Goes iniziò probabilmente nel 1473 e venne portata avanti in due momenti distinti, con un’interruzione nel 1476 quando il pittore lasciò Gand per ritirarsi come novizio a Rooklooster, un monastero agostiniano presso Bruxelles. Nel 1477 egli dovette iniziare a dipingere i pannelli laterali per poi concluderli nel 1478, date che paiono plausibili anche con l'età del più piccolo dei bambini Portinari, Pigello (sportello sinistro), nato non prima del 1473. La critica concorda nel ritenere concluso il trittico nel 1478 anche se poi, per le sopraggiunte difficoltà finanziarie di Tommaso Portinari, arrivò a Firenze soltanto nel 1483, dopo la morte del pittore, grazie al sostegno finanziario di Niccolò di Giovanni Capponi.

    Intorno alla fine degli settanta Hugo van der Goes era stato colpito da una grave malattia mentale che gli causò fasi di depressione e deliri, impedendogli per un periodo di dipingere: ne abbiamo testimonianza dal confratello Gaspar Ofhuys che riferisce degli acuti sensi di colpa che tormentavano l'artista, del terrore per la dannazione eterna e del pentimento per aver assunto atteggiamenti superbi in seguito alla celebrità conseguita nel dipingere. Dopo la malattia, stando sempre alle parole di Gaspar Ofhuys, van der Goes diventò più umile e riprese l'attività pittorica, con dipinti profondamente toccanti quali la Morte della Vergine di Bruges (Groeningmuseum), sua probabile opera estrema dove si ravvisano i tormenti personali e l'adesione alle istanze della “Devotio moderna”, espressi in un linguaggio purificato ma di popolaresca drammaticità, volto ad ottenere il pieno coinvolgimento del fedele.

    Tra i dipinti inseriti nel suo corpus, ricostruito su base stilistica a partire dal trittico Portinari, si ricordano: il dittico di Vienna (Kunsthistorishesmuseum) col Peccato originale e il Compianto di Cristo, riferito al periodo giovanile, l'Adorazione dei Magi facente parte della pala del convento di Monforte de Lemos (Berlino, Gemaldegalerie) databile intorno al 1470, l'Adorazione dei pastori (Berlino, Gemaldegalerie) collocabile intorno al 1480.

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    Appendice biografica

    Tommaso Portinari (Firenze 1428 - 1501) 

    Tommaso Portinari nasce a Firenze nel 1428 in una famiglia di banchieri gravitanti nell'entourage mediceo con interessi nel mondo degli affari di Bruges, il padre Adoardo (o Adovardo) fu per molti anni direttore della sede centrale del Banco mediceo a Firenze; alla sua precoce scomparsa nel 1428 Tommaso e i fratelli, Pigello e Acerrito, godettero della protezione e del concreto sostegno di Cosimo il Vecchio.

    Intorno al 1440 Tommaso fu inviato a Bruges a lavorare presso la filiale del Banco mediceo, diretta dal cugino Bernardo di Giovanni d'Adoardo, col quale iniziò a fare pratica. La filiale del Banco era stata fondata dallo stesso Bernardo di Giovanni nel 1439, a seguito della decisione dei Medici di gestire direttamente gli affari nelle Fiandre per incrementare i floridi scambi intrapresi attraverso corrispondenti e per riconquistare, in generale, “quel primato fiorentino “ di finanziatori dei Paesi Bassi svolto dal secolo XIII fino alla prima metà del XIV.

    Bernardo nel 1438 fu poi richiamato a Firenze per i risultati negativi della sua gestione, mentre Tommaso continuò a lavorarvi per venticinque anni con un ruolo di non particolare spicco. Soltanto nel 1465, dopo la morte di Cosimo de’ Medici, fu nominato direttore della filiale subentrando al rivale Angelo Tani e diventando socio del Banco.

    Forte del nuovo, strategico incarico, nel 1466 Tommaso Portinari, per consolidare il prestigio del Banco e quello personale, ottenuta l'autorizzazione di Piero de’ Medici, acquistò come sede della filiale uno dei palazzi più belli e grandiosi di Bruges: l’hôtel Bladelin, situato nel centro commerciale della città, già appartenuto a Pierre Bladelin, consigliere di Filippo il Buono. Ne curò quindi il raffinato arredamento arricchendolo con stemmi medicei e con busti scolpiti. Il banchiere fiorentino coltivò abilmente i rapporti con la corte di Borgogna diventando, grazie anche ai prestiti erogati e ai servizi prestati, membro del concilio Ducale sotto Filippo il Buono e poi sotto Carlo il Temerario col quale strinse un rapporto d'intima amicizia.

    Per la sua intraprendenza e abilità Portinari, considerata anche l'assenza di ambasciatori di Firenze a Bruges, svolse anche importanti missioni diplomatiche per Carlo il Temerario e per la Repubblica fiorentina. Senz'altro si può dire che in questi anni (1465-70ca) egli era divenuto l'italiano più influente di Bruges, tanto che fu l'unico mercante straniero ad essere invitato nel 1468 al matrimonio di Carlo il Temerario con Margherita di York, dove nel corteo nuziale figurava alla testa della nazione fiorentina, quale evidente riconoscimento del successo conseguito.

    Dimostrò notevoli capacità commerciali nel garantire ai tessuti serici fiorentini, a partire dal 1465, lo sbocco nel vivace mercato fiammingo soppiantando le compagnie lucchesi che ne avevano precedentemente il monopolio: fino almeno al 1480 la corte di Borgogna continuò ad acquistare drappi auroserici e broccati fiorentini.

    Il fiorentino faceva inoltre parte della prestigiosa Confraternita dell'Albero Secco ed era solito fare generose donazioni a chiese e conventi; con la committenza di dipinti ad Hans Memling e soprattutto a Hugo van der Goes, Tommaso Portinari raggiuse i vertici della sua affermazione.

    Rientrato alla fine del 1469 a Firenze, nel 1470 sposò la quindicenne Maria Baroncelli, figlia di Francesco Bandini Baroncelli; dalla loro unione nacquero cinque figli: Margherita (1471), Antonio (1472), Pigello (1472 o 1473), Guido (1477), Francesco (1478), Dianora (1479). Giovanni Battista (1485).

    Le immagini di tre figli ci sono note attraverso i ritratti dipinti da Hugo van der Goes nel trittico, dove insieme ai genitori sono presentati i bambini Antonio e Pigello (sportello sinistro) e Margherita (sportello destro). I ritratti di Tommaso e della moglie, sempre vestiti “alla borgognona”, sono inoltre raffigurati in altri due capolavori fiamminghi commissionati dal banchiere ad Hans Memling: a mezzo busto nelle due tavole (New York, The Metropolitan Museum of Art), possibili sportelli di un trittichetto la cui immagine centrale è andata perduta; inginocchiati a figura intera nella tavola con la Passione di Cristo (Torino, Galleria Sabauda), commissionata probabilmente per la cappella di famiglia nella Sint-Jakobskerk a Bruges.

    Tommaso figura inoltre rappresentato, in una sorta di “criptoritratto”, come anima eletta nella bilancia di San Michele nel trittico col Giudizio Universale, sempre di Hans Memling (Danzica, Muzuem Narodowe).

    Intorno alla fine del 1469 Portinari tornò a Bruges e con la morte di Piero de' Medici subentrarono Lorenzo e Giuliano de' Medici quali responsabili del Banco mediceo e soci in affari. Intorno alla metà degli anni Settanta la filiale di Bruges conobbe una grave crisi economica per una serie di eventi ed operazioni spericolate compiute dal Portinari, come la chiusura della filiale del Banco mediceo di Londra (1477) e il trasferimento dei debiti alla sede di Bruges, la morte nella battaglia di Nancy (1477) di Carlo il Temerario al quale Tommaso aveva prestato somme ingenti, l'acquisto dell'appalto della dogana del porto di Gravelines (vicino a Calais), il finanziamento di una spedizione portoghese in Guinea.

     A seguito delle gigantesche perdite Lorenzo de’ Medici nel 1480 ruppe i rapporti con lui e gli lasciò la filiale con tutti i debiti facendo sarcasticamente annotare “questi sono i ghuadangni grandi che ci à assegnati il ghoverno di Tommaxo Portinari”. Il passivo totale delle due sedi, londinese e fiamminga, secondo quanto rilevava il Magnifico, ammontava a 70.000 ducati.

    Molto dibattuta dalla storiografia è la responsabilità avuta dal Portinari nella crisi della filiale di Bruges, ma certamente dovette essere uomo spregiudicato e dalle notevoli capacità diplomatiche e carismatiche, perché nonostante i dissesti finanziari egli continuò a svolgere un'intensa attività commerciale e a rivestire prestigiosi incarichi. Nel 1486 fu inviato a Milano da Massimiliano d'Austria, consorte di Maria di Borgogna, per negoziare con Ludovico il Moro e conseguentemente a ciò si riconciliò con Lorenzo il Magnifico. Quest'ultimo lo inviò in Inghilterra nel 1489 per un stipulare un accordo commerciale ed anche Filippo il Bello nel 1496 lo incaricò di una delicata trattativa tra i Paesi Bassi e l'Inghilterra. Nel 1497 tornò a Firenze dove ricoprì importante cariche: Gonfaloniere della Compagnia del Popolo, uno degli Otto della Guardia e uno dei Sei dell'Arte della Mercanzia.

    Tommaso morì nel 1501 all'ospedale di Santa Maria Nuova, fondato nel 1288 dal suo antenato Folco Portinari, e venne seppellito nella tomba di famiglia nella chiesa di Sant'Egidio, proprio di fronte all'altare maggiore dove era esposto il trittico che porta il suo nome.

Il Trittico Portinari di Hugo van der Goes

Dalle Fiandre a Firenze​: viaggio fra pittura, tessuti e oreficerie

Crediti

Coordinamento scientifico: Cristina Gnoni

Testi: Daniela Degl'Innocenti, Museo del Tessuto di Prato; Cristina Gnoni, Gallerie degli Uffizi; Silvia Malaguzzi
Coordinamento organizzativo: Patrizia Naldini, Francesca Sborgi
Editing web: Andrea Biotti
Traduzioni: Eurotrad srl
Revisione testi: Patrizia Naldini, Chiara Ulivi
Crediti fotografici: Francesco del Vecchio, Roberto Palermo

Data di pubblicazione 20 dicembre 2020

Nota: ogni immagine della mostra virtuale può essere ingrandita per una visione più dettagliata.

Indice

Introduzione a cura di Cristina Gnoni Mavarelli

I. La storia, i simboli, i personaggi Cristina Gnoni Mavarelli

II. I gioielli Silvia Malaguzzi

III. Gli abiti e i tessuti Daniela Degl'Innocenti

Glossario a cura di Daniela Degl'Innocenti

Appendice Biografica a cura di Cristina Gnoni

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