Branding per le Gallerie degli Uffizi
Un foglio bianco. Inizi sempre così, inizi con chiederti come dove quando, ma c’è una domanda che è più importante, più pressante, più opprimente. Ed è fondamentale: ti chiedi perché? Non importa se si tratta di lavoro insolito, di servizio, per un amico o di straordinaria importanza. Ciò che devi fare è sempre un nuovo progetto, devi fare qualcosa che non c’è.E ti chiedi il perché. Perché produrre una nuova identità per le Gallerie degli Uffizi? Perché?
Le risposte sono molteplici, con curiosità ti metti a testa bassa e cominci a raccogliere conoscenze. Interroghi chi ci lavora dentro tutti i giorni, scavi con domande trabocchetto per capire cosa non va e dove puoi intervenire. Coinvolgi tutti gli attori possibili, certo vuoi sapere cosa pensa il Direttore Schmidt, ma anche chi sta di guardiania ha la sua da dire. C’è lo staff del Dipartimento di Comunicazione Digitale, ma c’è anche il mondo della rete che si fa sentire. C’è Ermanno il portiere dell’albergo dove pernotti, e c’è l’autista del taxi che ti porta e che porta il sentimento del territorio fiorentino. Mica facile interpretare i numeri, le parole, i dati di Google Analytics, i sentiment, il percepito. Ma devi farlo perché quando poi ti toccherà disegnare qualcosa su quel foglio bianco, ciò che farai lo farai per loro, perché tu, che dicono che ti occupi di design, sei solo uno strumento. Lo diceva Munari che un buon design non è quello pensato per essere esposto nei musei, ma è quello che trovi nei mercati rionali, quello si è un prodotto che incide sulla realtà! Etico, formativo, democratico, giusto.
Mica facile capire cosa vuol dire tre complessi museali inseriti in una città, connessi tra loro, indipendenti nei contenuti, straordinari scrigni di pensieri, immagini, nature, memorie, storie. Perché dar loro un’identità? E poi quanto e come deve pesare un family feeling rispetto ad un’indipendenza visiva in comunicazione? Come fai a disegnare distacco tra gli Uffizi e le Gallerie degli Uffizi? E come puoi prevedere lo sviluppo? Che indicazioni di sistema, di codici, di regole, di format, di cromie, di allineamenti è bene mettere a norma? E lo sai che fare communication design oggi, vuol dire essere responsive, resilienti, iconici, sintetici, ipertenenti, e sono tutte cose che consideri bene prima di prendere in mano quel foglio bianco.
Poi c’è il tempo, ma non il tempo stretto che sai che come professionista subirai, non il tempo da dedicare al progetto (e meno male che c’è il tempo stretto, perché di default chi fa un mestiere cosiddetto creativo, sa che se non ci fossero le scadenze, la passione del fare non si fermerebbe mai e i progetti sarebbero infiniti). Io parlo del tempo che c’è dentro il Giardino di Boboli, nelle sale di Palazzo Pitti e lungo i corridoi degli Uffizi. Il tempo rappresentato, quello nei dipinti, nelle forme, nei colori, quello segnato dai bulini, dalla luce, dalle ombre. Il tempo delle persone che si fermano, si fanno guardare dagli occhi della Venere di Botticelli, o vedono di lato lo strabismo di Piero. Il tempo dell’età di chi sa già perché ha studiato le immagini, o di chi si fa sorprendere con gli occhi di un bimbo accucciato lì davanti con un foglio di carta da riempire. Quello è il tempo senza tempo, dell’armonia, della sezione aurea, dei lapislazzuli, del verde Lorena. Un tempo con cui devi fare i conti, perché da quel foglio bianco ciò che nascerà deve essere senza tempo, per non perdersi velocemente, o almeno provare a contrastare l’effimero che ogni giorno fortunatamente viviamo nella contemporaneità.
Ecco forse ora, dopo che hai cercato risposte, puoi guardare quel foglio con qualche perché meno enigmatico. Puoi cominciare e condividere idee, puoi mettere sul tavolo dei concept, puoi scoprire ciò che altri sanno e ti aiutano suggerendoti come ridurre gli errori, puoi ascoltare voci interne e voci esterne. Puoi verificare ciò che è stato fatto da altri, e cercare buone pratiche da interpretare. Puoi provarci, e le prove le puoi riverificare, procedere passo dopo passo raffinando man mano le proposte. Non dimenticando gli aspetti legali, i depositi, le protezioni possibili. Adesso puoi proporre qualcosa. Puoi anche dover ricominciare, perché ciò che stai tentando di fare non c’è ancora, e finché non è ancora, è come se non ci fosse. Ma ora sai perché lo fai, come va fatto, dove deve essere usato, da chi e con che regole. L’hai testato, verificato ed è pronto per esserci. E da domani le Gallerie degli Uffizi, avranno una nuova identità visiva. Dovrà crescere, farsi conoscere, svilupparsi. Ma adesso c’è!
E l’hai fatta tu: tu Alessandro, tu Elio, tu Teresa, tu Gianluca, tu Paolo, tu Silvia, tu Daniele, tu Barbara, tu Gian Maria,…
La nuova identità visiva delle Gallerie degli Uffizi! Chissà adesso dove andrà.