Tracce del “Museo di Firenze com’era” agli Uffizi: l’archivio di Piero Aranguren (Prato 1911- Firenze 1988) donato alla Biblioteca
Piero Aranguren (Prato 1911-Firenze 1988) fu l’architetto che riportò in auge il “Museo di Firenze com’era” dopo un lungo periodo di oblio e lo diresse per vent’anni, dal 1955 al 1975. La Biblioteca degli Uffizi ha ricevuto in dono il suo archivio, preziosa documentazione per quanti si interessano alla trasformazione della città fra Otto e Novecento, dove si possono trovare le più curiose informazioni su ponti, strade, piazze, teatri, musei, trasporti, illuminazione ed edifici di vario genere.
Sapere che, nel periodo di Firenze capitale, esisteva un regolare servizio di 122 omnibus a cavalli (fig. 1) per percorrere le vie della città e i suoi dintorni e che, l’11 settembre 1890, si inaugurava, invece, “il tram elettrico Firenze-Fiesole”, in cui “l’illuminazione elettrica era fornita in ogni carrozza” ed aveva “un effetto …stupendo”[1] . Queste sono solo alcune delle curiose informazioni che si possono trovare nell’archivio di trascrizioni di articoli e ritagli di giornali di Piero Aranguren[2] , direttore del “Museo di Firenze com’era”, donato recentemente alla Biblioteca degli Uffizi.
Con i suoi raggruppamenti tematici, l’archivio sembra quasi accompagnare ed integrare le sezioni in cui era organizzato il museo di cui Piero Aranguren fu direttore per vent’anni, dal 1955 al 1975. Vi troviamo, infatti, suddivisioni di carattere più generale quali “Vie”[3] , “Piazze varie”[4] , “Ponti”[5] , “Cinema e teatri”[6] , “Ferrovie”[7] fino ad argomenti di maggior dettaglio ed attualità come “Sorgane”[8] , sulla nascita dell’omonimo quartiere fiorentino negli anni Sessanta del Novecento, “Piano regolatore”[9] , “Telefoni e telegrafo”[10], “Tramvie fiorentine”[11].
Quando Aranguren fu incaricato della sua direzione, il “Museo di Firenze com’era” si presentava come una realtà complessa, in cui le trasformazioni della città nei secoli erano documentate soprattutto attraverso le piante topografiche ed i quadri con vedute di Firenze dall’alto, dipinti, acquerelli, incisioni e foto d’epoca che illustravano scene di vita quotidiana e di costume della città. Il museo era stato creato nel 1909, da un’idea di Corrado Ricci, maturata quando era ancora soprintendente alle Gallerie Fiorentine[12], con la denominazione di Museo Storico-Topografico, arrivando a raccogliere fino a tremila opere, fra disegni e dipinti in gran parte provenienti dalle Regie Gallerie e dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi[13], ma non ebbe una sorte fortunata, nei decenni successivi.
Nel 1927 era stato infatti trasferito all’interno del Museo di San Marco, accanto al Museo di Firenze Antica ideato da Guido Carocci nei primi anni del Novecento, in polemica con le spregiudicate demolizioni causate dall’opera di cosiddetto “risanamento” del centro cittadino (fig. 2), alla fine dell’Ottocento, che aveva per sempre alterato l’aspetto dell’antico centro storico[14].
Nel clima culturale del secondo dopoguerra, caratterizzato dall’impegno per la ricostruzione di ciò che era andato distrutto durante il conflitto, il Comune di Firenze guardò con rinnovato interesse al vecchio Museo Storico-Topografico e decise di trasferirlo nella bella sede, appena restaurata, del Complesso delle Oblate[15].
Nel 1955 il Museo Storico-Topografico, a cui si aggiunse il nome, più espressivo, di “Firenze com’era”, veniva nuovamente inaugurato nelle otto ampie sale al primo piano del Complesso delle Oblate (fig. 3), che raccoglievano circa millecinquecento opere[16]. La direzione del museo fu affidata all’architetto Piero Aranguren - prima collaboratore e, in seguito, impiegato del Comune[17]- ritenendo, probabilmente, che questa fosse la professionalità più adatta per aggiornare e rilanciare la vecchia collezione. Aranguren si dedicò con energia ed entusiasmo non solo al nuovo allestimento del museo e all’incremento della collezione, ma anche all’informazione sulla storia dello sviluppo urbano di Firenze e sulle molte trasformazioni avvenute nella vita quotidiana della città, soprattutto dal periodo di Firenze capitale in poi.
Divenne presto noto come il “professor Aranguren”, proprio per questa sua attività di conferenziere, che egli svolgeva in vari luoghi della città: dall’Università Popolare presso il Palagio di Parte Guelfa, al Museo di Casa Guidi, al Lyceum fiorentino, alla sede stessa del museo che dirigeva[18].
Aranguren era ugualmente attento alla comunicazione di questi temi presso il pubblico degli specialisti, attraverso l’assidua partecipazione, anche come relatore, ai convegni organizzati dalla Società per la storia del Risorgimento[19].
L’introduzione al catalogo della mostra documentaria “Firenze dopo l’Unità”[20], in cui egli spiegava le più importanti trasformazioni dell’assetto urbanistico della città dal 1865 al 1896, offre un esempio dello stile chiaro e piacevole con cui Aranguren era solito intrattenere il pubblico interessato alla storia della città. Molte delle opere esposte a quella mostra erano indicate come provenienti da una cosiddetta “collezione Aranguren”, che non rispecchia affatto la documentazione dell’archivio – solo testuale – donato alla Biblioteca degli Uffizi. Purtroppo tutta la preziosa parte iconografica della collezione – ricca di foto d’epoca, incisioni, acquerelli, che Aranguren si procurava tramite acquisti personali presso antiquari e simili – andò dispersa dopo la sua morte, in gran parte venduta dai suoi eredi all’archivio Alinari e ad altri acquirenti[21].
A partire dagli anni Settanta del Novecento l’amministrazione comunale decise per un drastico ridimensionamento del “Museo di Firenze com’era”, iniziando una sistematica restituzione di dipinti, acquerelli, incisioni ai musei di provenienza. L’emergere di una nuova sensibilità culturale, che considerava opportuno ricostituire l’integrità delle collezioni museali, contrastava pienamente con il clima che aveva favorito la nascita del museo agli inizi del Novecento, attraverso la raccolta di opere provenienti da svariate collezioni; a tutto ciò si aggiungeva la pratica utilità di liberare spazi preziosi per altre esigenze dell’amministrazione. Così il “Museo di Firenze com’era” venne riallestito al piano terreno del Complesso delle Oblate, con un’esposizione ridotta a non più di trecento opere[22].
Purtroppo Piero Aranguren non venne coinvolto in questa fase e la restituzione delle opere, con sua grande amarezza, venne attuata da un altro funzionario del Comune. Dopo qualche tempo egli lasciò l’incarico di direttore ed andò in pensione, continuando a curare e ad accrescere la sua collezione di curiosità e notizie sul passato della città, da privato cittadino.
Il professor Giuseppe De Juliis, suo affezionato allievo ed amico, credette di interpretare la sua volontà “post mortem” donando, recentemente, ciò che resta della collezione Aranguren alla Biblioteca degli Uffizi, che già conserva molte fonti, edite ed inedite, su quella che è stata l’immagine della città attraverso i secoli.
Il “Museo di Firenze com’era” continuò l’esposizione al Complesso delle Oblate fino al 2010, anno della sua chiusura definitiva. Nel 2012 venne inaugurato l’attuale sezione del Museo di Palazzo Vecchio “Tracce di Firenze”, ospitata in due ambienti posti al piano terreno, con un’ esposizione gradevole, ma davvero molto ridotta, di opere tratte dalle collezioni dell’ex “Museo di Firenze com’era”[23].
A più di un secolo dalla nascita del Museo Storico-Topografico, sembra purtroppo che ben poco sia rimasto della passione e dell’entusiasmo con cui Corrado Ricci e Pasquale Nerino Ferri avevano creato il museo della città, un’eredità che Piero Aranguren aveva saputo raccogliere e proseguire, con pari impegno e dedizione, continuando ad accrescere ed arricchire la collezione museale, negli anni della sua direzione.
Si ringraziano il prof. Giuseppe De Juliis, docente di storia dell’arte all’Accademia di Brera e donatore dell’archivio Aranguren alla Biblioteca degli Uffizi, la dott.ssa Serena Pini, curatrice del Museo di Palazzo Vecchio, le signore Maria Luisa e Annalena Aranguren ed il signor Giuseppe Della Santa, parenti di Piero, per le informazioni fornite su Aranguren e sul “Museo di Firenze com’era”.
L’archivio Aranguren è consultabile attraverso l’elenco di consistenza a cura di Pablo López Marcos.
Note
[1] Archivio Aranguren, busta 55, trascrizioni da “La Nazione”, 1865-1971.
[2] All’Ufficio Anagrafe del Comune di Firenze risulta che Piero Aranguren nacque a Prato il 22 Gennaio 1911. I parenti di Piero Aranguren informano che il loro congiunto morì a Firenze il 1 Gennaio 1988. Sul ruolo di architetto di Piero Aranguren, cfr. Bertocci 1998, p. 307.
[3] Cfr.Ivi, busta 29.
[4] Cfr.Ivi, busta 60.
[5] Cfr.Ivi, busta 96.
[6] Cfr.Ivi, busta 206.
[7] Cfr.Ivi, busta 260.
[8] Cfr.Ivi, busta 190.
[9] Cfr.Ivi, cartella 50.
[10] Cfr.Ivi, busta 50.
[11]Cfr.Ivi, busta 55.
[12] Corrado Ricci fu Soprintendente alle Gallerie fiorentine dal 1903 al 1906 . Nel 1909 era già direttore generale alle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e tornò a Firenze apposta per inaugurare personalmente il nuovo Museo, cfr. Lucchesi 2012, p. 117.
[13] Cfr. Ivi, pp. 118. Cfr. anche Ferri 1909, il catalogo che Pasquale Nerino Ferri, “padre fondatore” del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi scrisse in occasione dell’inaugurazione del nuovo museo.
[14] Cfr. Lucchesi 2012, p. 119. Sulle demolizioni del centro cittadino, cfr. anche Detti 1970 e, recentemente, Sframeli 2007. Il testo di Detti riprende, nel titolo, l’opera Carocci 1897, in cui il noto storico dell’arte deplorava le spregiudicate demolizioni della zona del “Mercato vecchio” di Firenze (l’attuale piazza della Repubblica).
[15] Cfr. Lucchesi 2012, p. 119.
[16] Cfr. Ivi, p. 120. Cfr. anche Aranguren 1956a.
[17] Dalla testimonianza orale del prof. Giuseppe De Juliis.
[18] Cfr. Ibidem.
[19] Cfr. Aranguren 1956b e Aranguren 1964. In BDU, Archivio Aranguren, busta 1 “Società toscana per la storia del Risorgimento “ si trovano le tessere associative intestate a Piero Aranguren dal 1956 al 1976.
[20] Aranguren 1966.
[21] Dalla testimonianza orale del prof. Giuseppe De Juliis.
[22] Cfr. Lucchesi 2012, pp. 120-121.
[23] Il museo Tracce di Firenze consiste in un’esposizione permanente e una sezione temporanea ed è coinvolto nei percorsi didattici organizzati dall’Associazione Museo dei Ragazzi (http://museicivicifiorentini.comune.fi.it/palazzovecchio/evento41.htm).
Bibliografia
Aranguren 1956a: Aranguren P., 1956, Guida al Museo Storico-Topografico di Firenze com’era, estratto da La regione, n. 10-11, Empoli.
Aranguren 1956b: Aranguren P., 1956, Edilizia urbanistica in Firenze e in Toscana dal 1849 al 1859, Rassegna storica toscana, pp. 157-162.
Aranguren 1964: Aranguren P., 1964, Il volto di Firenze dal 1870 al 1900, Rassegna storica toscana, pp. 109-115.
Aranguren 1966: Aranguren P. (a cura di), 1966, Firenze dopo l’Unità: la trasformazione edilizia, 1865-1896, catalogo della mostra, Archivio di Stato, aprile - giugno 1966, Firenze.
Bertocci 1998: Bertocci S. (a cura di), 1998, Disegni dell’Archivio storico comunale di Firenze. Territorio, città e architettura tra Ottocento e Novecento, Firenze.
Carocci 1897: Carocci G., 1897, Firenze scomparsa: ricordi storico artistici, Firenze.
Commissione Storica Artistica Comunale 1900: Commissione Storica Artistica Comunale (a cura di), 1900, Il Centro di Firenze: studi storici e ricordi artistici, Firenze.
Detti 1970: Detti E., 1970, Firenze scomparsa, Firenze.
Ferri 1909: Ferri P.N. (a cura di), 1909, Catalogo del Museo Storico-topografico Fiorentino nella Casa di Michelangelo in Firenze, Firenze.
Lucchesi 2012: Lucchesi L., 2012, Il Museo Storico-Topografico Firenze com’era: una scheda storica, Ananke 66, nuova serie, maggio, pp. 117-123.
Pucci 1969: E.Pucci, Com’era Firenze: 100 anni fa, Firenze, 1969.
Sframeli 2007: Sframeli M., 2007, Firenze 1892-1895: immagini dell’antico centro scomparso, Firenze.
Fonti archivistiche
Archivio Aranguren: Biblioteca degli Uffizi, Archivio Aranguren.
Alinari 1865-1870?: Fratelli Alinari 1865-1870?, Biblioteca degli Uffizi, S.M.Demidoff/1, inv. 30462: Album in pelle nera, con stemma e monogramma di Anatolio Demidoff (1812-1870), contenente fotografie dei Fratelli Alinari relative a monumenti italiani.