Un database on-line per la conservazione e lo studio delle sculture antiche degli Uffizi
Risale alla fine del 2014 l’idea di intraprendere la digitalizzazione della documentazione di restauro delle sculture antiche degli Uffizi all’interno di SICaR, un software open-source che permette di raccogliere, organizzare e consultare on-line ogni tipo di documento riguardante un intervento, con la possibilità di mappare le informazioni su un’immagine 2D misurabile di una scultura.
http://sicar.beniculturali.it:8080/website/
Nell’arco dell’ultimo decennio l’attività di restauro del Dipartimento di Antichità Classica della Galleria delle Statue e delle Pitture è stata particolarmente intensa, arrivando a contare più di 200 interventi condotti su opere di varia tipologia, che vanno da statue a figura intera, a busti, sarcofagi, urne, altari funerari, are ed epigrafi. Si tratta nella quasi totalità di manufatti realizzati in marmo bianco e, in rari casi, di piccoli bronzi o di marmi brecciati o colorati. All’origine di questo lavoro vi sono state occasioni come mostre interamente dedicate a sculture provenienti dai depositi[1], l’apertura di nuove sale riservate all’esposizione della statuaria antica[2], il restauro di ambienti storici della Galleria contenenti i migliori pezzi della collezione archeologica (Sala della Niobe, Tribuna e Stanzino delle Matematiche)[3] e il crescente numero di richieste di prestito per mostre nazionali e internazionali dei marmi del museo[4].
Questa fittissima rete di iniziative è stata sostenuta da finanziamenti pubblici e privati; questi ultimi, nel caso fortunato degli Uffizi, sono stati particolarmente significativi grazie alla generosità di associazioni no profit, sia italiane che straniere, come Italia Nostra, Amici degli Uffizi, Friends of Florence. Inoltre, la Direzione ha organizzato al contempo focus e percorsi di visita sulla scultura di epoca greca e romana, offrendo ai visitatori in più occasioni la possibilità di conoscere e ammirare le decine di statue, ritratti e rilievi classici, che per secoli hanno reso nota la raccolta medicea come la “Galleria delle Statue” per eccellenza.
Per quanto è stato possibile riscontrare, questa campagna di conservazione ha prodotto non solo ricadute in sede scientifica, ma ha anche conseguito buoni risultati sul piano della comunicazione museale: il pubblico degli Uffizi, generalmente attratto quasi esclusivamente dai capolavori del Rinascimento, ha dimostrato un crescente interesse nei confronti del prestigioso nucleo archeologico, restituito, grazie ai restauri, nella pienezza del proprio splendore.
Tali interventi sono stati eseguiti quasi esclusivamente da professionisti esterni, selezionati direttamente dall’amministrazione di concerto, a partire dal 2016, con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze[5]. Come previsto dalla normativa nazionale, i restauratori, al termine dei lavori, sono tenuti per contratto a consegnare la documentazione necessaria a testimoniare le operazioni realizzate, costituita dalla relazione finale di restauro e dalla documentazione grafica e fotografica dello stato del manufatto prima, durante e dopo l’intervento[6]. L’intero materiale viene regolarmente conservato presso l’Archivio Restauri del museo: quest’ultimo è composto da materiale cartaceo e da supporti fotografici tradizionali (negativi, diapositive, fotocolor) o digitali, raccolti in fascicoli ordinati secondo un numero di riconoscimento progressivo (il cosiddetto GRU, ossia Gabinetto Restauri Uffizi), che viene assegnato in base alla data di ingresso delle pratiche e alla classe di appartenenza dell’oggetto (dipinti su tela e tavola, sculture, arazzi). Risale alla fine del 2014 l’idea di intraprendere, in via sperimentale, la digitalizzazione dei documenti di restauro delle sculture antiche degli Uffizi all’interno del sistema informativo SICaR. La decisione è maturata a seguito della determinazione del MiBACT di rendere l’utilizzo del database come abituale nella programmazione e gestione dei cantieri di restauro[7], spingendoci a testarne l’efficacia e l’utilità nell’ambito delle attività di conservazione, ordinaria e straordinaria, delle nostre collezioni.
Cos’è SICaR
SICaR (Sistema Informativo per i Cantieri di Restauro)[8] è un software open-source dedicato al restauro, che permette di raccogliere, organizzare e consultare in un database funzionante on-line ogni tipo di documento (testi, grafici, fotografie, video) riguardante l’intervento, con la possibilità di mappare tali informazioni su una immagine 2D misurabile dell’oggetto. Il sistema GIS web based consente in sostanza di strutturare in un unico “contenitore” un insieme di dati eterogenei (tecnico-scientifici, amministrativi, storico-artistici), eventualmente georeferenziabili, prodotti nell’occasione di un restauro: dalle disposizioni preliminari stabilite in sede di progettazione allo stato degli studi critici, dai risultati delle indagini diagnostiche alla descrizione delle fasi dell’intervento, al piano di manutenzione e al monitoraggio[9].
Tra le potenzialità offerte dal programma, quelle che ci sono parse da subito più interessanti, convincendoci poi ad adoperarlo con sistematicità, sono state senza dubbio l’opportunità di rendere condivisibili in tempo reale le informazioni inserite e l’interoperabilità con altri archivi digitali presenti nel web. Al momento dell’inizio dei lavori eravamo infatti determinati da un lato a fare di SICaR un database liberamente accessibile, dove riversare tutte le informazioni tecniche e le novità scientifiche emerse nel corso dei restauri più recenti; dall’altro, a favorire la comunicazione con gli altri archivi digitali gestiti dall’amministrazione[10]. Si è pertanto deciso, d’accordo con i referenti MiBACT per il Sistema SICaR[11], di trasferirvi l’intera documentazione riguardante i restauri delle sculture antiche diretti da Fabrizio Paolucci, curatore delle collezioni di antichità degli Uffizi a partire dal 2009.
Dopo una fase iniziale di consultazione e di confronto con modelli di archiviazione già collaudati[12], durante la quale sono state definite in linea di massima le modalità di organizzazione concettuale dei dati, si è proceduto alla formazione degli operatori che si sono concretamente dedicati all’inserimento delle pratiche all’interno del database[13]. Sin da subito ci siamo resi conto che, nella maggior parte dei casi, avremmo lavorato su una documentazione relativa a restauri già conclusi, comportante da una parte la possibilità di attuare una digitalizzazione speditiva, dall’altra una inevitabile rarefazione delle notizie disponibili e acquisibili[14].
Riguardo ai criteri di compilazione, si è deciso di adottare uno schema codificato, organizzato in tre sezioni fondamentali collegate tra loro, “Opera mobile”, “Cantiere di restauro” e “Sistema di riferimento”, riferite rispettivamente alla schedatura catalografica del bene, alla descrizione del relativo intervento di restauro e alla sua rappresentazione grafica.
Opera mobile
Si tratta di una sezione che ripropone i campi principali delle schede dell’ICCD e che può essere considerata la carta d’identità dell’opera. In essa sono contenute le informazioni anagrafiche (autore o ambito culturale, titolo, numero di inventario, datazione, materia e tecnica, misure, condizione giuridica, ecc.), la descrizione dell’oggetto (cosa raffigura e quali solo le parti antiche e le integrazioni moderne), le notizie storico-critiche (iconografia e storia dell’opera, con indicazione dei luoghi in cui è stata esposta o conservata) e i riferimenti bibliografici[15]. Generalmente la scheda è collegata a un’immagine di corredo e, quando possibile, anche ad altra documentazione fotografica storica, come nel caso di quella relativa alla Venere del Belvedere (inv. 1914 n. 155; fig. 1), alla quale sono state allegate la riproduzione di un disegno cinquecentesco di autore fiammingo, che raffigura la statua ancora integrata con i rifacimenti dell’Ammannati, e una foto della scultura precedente agli anni ‘50, che la ritrae con le integrazioni settecentesche in seguito rimosse[16]. Altro esempio di approfondimento storico è dato dalla scheda dell’Altare funerario di C. Telegennio Antho (inv. 1914 n. 973), alla quale sono correlate le riproduzioni di un dipinto di Gaspar Van Wittel e di un’incisione di Giovanni Francesco Venturini, entrambe opere seicentesche che raffigurano la facciata posteriore di Villa Medici a Roma, al cui centro, di fronte alla scalinata, è riconoscibile l’altare di epoca flavia, usato come base del Marte Gradivo di Bartolomeo Ammannati; è stato effettuato anche un collegamento con una foto della statua di Pomona di Marino Marini, anch’essa in passato collocata sull’ara.
La sezione “Opera mobile” è inoltre georeferenziata sulla planimetria del piano della Galleria dove l’opera è collocata: in tal modo l’utente ha la possibilità di visualizzare immediatamente l’ubicazione esatta della scultura all’interno del museo.
Cantiere di restauro
La sezione riporta tutte le informazioni relative all’intervento di restauro, dalla data di esecuzione dei lavori ai dati amministrativi (finanziatore, direzione dei lavori, esecutore del restauro), per giungere alla vera e propria relazione, contenuta nella sottoscheda “Oggetto” (fig. 2), nella quale è illustrato nel dettaglio l’iter dell’intervento corredato da articolata documentazione fotografica. I primi paragrafi sono dedicati ai materiali costitutivi dell’opera e alla sua tecnica di realizzazione; ne segue poi uno riguardante le analisi diagnostiche eventualmente condotte; si passa quindi alla descrizione dello stato di conservazione della scultura prima del restauro, all’indicazione dei precedenti interventi e infine alle fasi del lavoro, specificando quali strumenti e materiali sono stati impiegati dal restauratore. Alla scheda “Cantiere” sono allegate, inoltre, tre immagini significative e riassuntive del restauro, una per ciascuno dei principali stadi dell’intervento (“Prima”, “Durante” e “Dopo”), in modo tale che l’utente possa avere una visione immediata e sintetica dell’insieme delle operazioni effettuate.
È interessante rilevare, tra i numerosi vantaggi che SICaR offre rispetto alla documentazione tradizionale, l’opportunità di inserire fonti esterne di natura archivistica e storico-iconografica, per una migliore conoscenza dell’opera a completamento dei dati di cantiere. Ad esempio, nel caso del gruppo scultoreo di Ercole e il centauro Nesso (inv. 1914 n. 77), il confronto con la stampa tratta dal volume di Gori sulle sculture fiorentine[17] e con il disegno tratto dall’inventario illustrato coordinato dall’abate De Greyss[18] (entrambe opere riferibili ai decenni centrali del XVIII secolo) si è rivelato particolarmente importante per la definizione dell’antichità o meno dei puntelli oggi visibili nel gruppo.
Sistema di riferimento
Il “Sistema di riferimento” costituisce la base grafica sulla quale disegnare le mappature, che a loro volta rinviano alle informazioni relative allo stato di conservazione e al restauro del bene. A differenza delle precedenti sezioni, prettamente alfanumeriche, questa esplica l’intervento visualizzandolo direttamente sull’immagine misurabile dell’oggetto. Dovendo lavorare su oggetti tridimensionali, per dare una visione globale ed esaustiva delle attività svolte, si utilizzano il più delle volte quattro foto della scultura (fronte, lato destro, lato sinistro, retro), di regola relative alla fase successiva al restauro, su cui sono tracciati dei poligoni che, con differenti colori, evidenziano le integrazioni, le alterazioni, i danni individuati e le operazioni eseguite. Ciascun poligono rimanda a una legenda, costituita da categorie e ‘sottocategorie’ (ossia i livelli o layers di lavoro), che l’utente decide di attivare o disattivare in base alle proprie esigenze.
Tra le principali categorie che abbiamo individuato come indispensabili per l’implementazione del database, spicca quella riguardante le integrazioni (post-antiche e/o moderne) effettuate sui marmi antichi, le quali, grazie alla completezza delle relazioni grafiche consegnate dai restauratori, sono state messe in mostra in tutti i sistemi di riferimento realizzati (figg. 3-4).
Più complessa, alla luce della documentazione in nostro possesso, la strutturazione della categoria di layer riferibile allo stato conservativo, poiché nella maggior parte dei casi le relazioni di fine lavori non prevedono la consegna di un grafico corrispondente. In particolare, è risultato difficile procedere alla mappatura dei degradi superficiali o dei depositi, che sicuramente erano stati evidenziati nel corso dell’intervento, ma che, non essendo stati riportati nei rilievi, non erano più riconoscibili e, di conseguenza, georeferenziabili; è questo il caso, per esempio, dell’Apollo Sauroktonos restaurato come Liricine (inv. 1914 n. 249), dove è stato impossibile circoscrivere le aree interessate dallo sporco più resistente o dal protettivo applicato durante il restauro precedente (probabilmente copolimero fluorurato).
Un esempio virtuoso, che attesta un’importante eccezione rispetto alla citata difficoltà di eseguire mappature relative allo stato conservativo, è dato nuovamente dal gruppo statuario di Ercole e il centauro Nesso (fig. 5), il cui cantiere costituisce un modello dell’utilizzo di SICaR contestualmente all’esecuzione del restauro. In questo intervento, il coinvolgimento della restauratrice Paola Rosa ha consentito di recuperare una quantità di preziose notizie relative alle condizioni conservative del bene e di effettuare in corso d’opera le mappature delle alterazioni e dei degradi, localizzandole puntualmente sul sistema grafico di riferimento. Sarebbe auspicabile che gli operatori del settore si rendessero protagonisti nella redazione delle schede informatiche perlomeno per questi aspetti di natura tecnica. Un’ulteriore occasione di collaborazione proficua è avvenuta durante il restauro della statua della Hora (inv. 1914 n. 136), della cui digitalizzazione si è occupata in prima persona la restauratrice stessa, Miriam Ricci, via via col procedere dei lavori. Non è quindi azzardato augurarsi, in un futuro speriamo prossimo, che il modello di schedatura offerto da SICaR sostituisca in tutto la documentazione tradizionale.
Tra le altre informazioni messe in evidenza dalle mappature vi sono le eventuali tracce di cromia antica, rilevate dalle analisi. Infatti nella documentazione inserita in SICaR confluiscono anche i dati desunti dai risultati di indagini archeometriche condotte sulle sculture della Galleria, sia in concomitanza del restauro che in anni differenti[19]. In particolare, una collaborazione attiva da molti anni tra gli Uffizi e l’equipe del Dipartimento di Chimica dell’Università di Modena e Reggio Emilia, coordinata dal prof. Pietro Baraldi, ha consentito di portare avanti una sistematica campagna di ricerca delle tracce di antiche cromie, che ha restituito risultati estremamente confortanti[20]. Dal momento che il sistema offre l’opportunità di creare uno o più collegamenti tra poligoni e schede di ogni genere, nel caso delle cromie abbiamo scelto di connettere i poligoni indicanti le tracce di colore con la relativa scheda “Analisi” precedentemente compilata e, quando possibile, anche con un’immagine corrispondente (fig. 6)[21]. Tra gli esempi che si possono citare, ricordiamo quello della statua forse più famosa degli Uffizi, la Venere de’ Medici (inv. 1914 n. 224; fig. 7)[22], su cui sono state individuate tracce d’oro sulla capigliatura (fig. 8) e di blu egiziano sull’onda sotto il delfino; oppure quello del Bassorilievo con Menadi in orgia (inv. 1914 n. 318; fig. 9), sorprendente per la quantità di dati colorimetrici riscontrati: in particolare per le tracce dell’originario rivestimento a foglia d’oro utilizzato per le chiome delle donne, i monili e il tirso, nonché per i residui di cromia purpurea sulle vesti.
Infine, a tal riguardo, è doveroso menzionare due importanti interventi avvenuti tra il 2015 e il 2016, in primis quello del Vaso Medici (inv. 1914 n. 307)[23], prezioso cratere marmoreo del I sec. a.C., il cui inserimento in SICaR è in corso d’opera: durante i lavori sono state effettuate delle analisi che hanno rivelato diverse tracce di colore che vanno dall’oro al blu egiziano, dal rosso cinabro fino a varie tonalità di ocra. Vi è poi il restauro del già citato Altare funerario di C. Telegennio Antho[24]: anche in questo caso sono stati individuati resti cromatici antichi, rossi e verdi sulle foglie dell’albero scolpito sul fianco destro, rossi in prossimità dello specchio epigrafico sul lato anteriore (fig. 10).
Progetti futuri
Allo stato attuale, le opere degli Uffizi schedate su SICaR sono 133[25], di cui molte già liberamente fruibili dagli utenti esterni[26], le altre non sono ancora visibili, perché incomplete o in fase di revisione. Per quanto riguarda i progetti futuri, un lavoro che realizzeremo nell’immediato sarà quello di riversare in SICaR le mappature degli affreschi a “grottesca” del corridoio di levante della galleria, contribuendo in tal modo a diffondere la conoscenza della straordinaria decorazione pittorica cinquecentesca degli Uffizi[27].
Inoltre, grazie alla volontà della Galleria di investire nel programma, a breve saranno attuate alcune implementazioni del sistema, che prevederanno nuovi comandi e, di conseguenza, un più agevole inserimento dei dati e una maggiore facilità nell’azione di disegno. Sarà poi possibile per gli utenti esterni navigare in maniera più semplice e intuitiva, nonché ottenere una migliore proiezione dei collegamenti, allegati e dati esterni di vario tipo.
All’interno di un contesto museale importante come quello degli Uffizi, l’utilizzo di SICaR potrà quindi offrire un significativo apporto al controllo dello stato delle opere e alla programmazione delle scelte future: il sistema è infatti congeniale anche al monitoraggio delle condizioni dei beni all’interno degli ambienti espositivi, alla pianificazione delle manutenzioni ordinarie e alla registrazione delle movimentazioni. La visualizzazione sinottica e cronologica della storia conservativa dell’opera consentirà così agli addetti ai lavori di reperire immediatamente le relazioni pregresse in sede di progettazione dei successivi, eventuali interventi.
Nei nostri piani, infine, SICaR diverrà anche lo strumento di una sperimentazione ritenuta fondamentale. Grazie alla collaborazione con l’Università dell’Indiana, nella persona del prof. Bernie Frischer, a partire dall’estate del 2015 si è proceduto a una mappatura 3D, ancora in corso, di tutte le sculture antiche del complesso Uffizi - Palazzo Pitti. L’accordo siglato, che riguarda l’intero patrimonio lapideo delle Gallerie degli Uffizi[28], permetterà allo Stato di acquisire gratuitamente centinaia di modelli 3D, che potranno essere utilizzati per una mappatura più puntuale delle sculture della Galleria. Sono tuttavia ancora da chiarire le modalità di inserimento di tali rappresentazioni digitali all’interno del nostro database[29].
Tale iniziativa si pone in un sentiero già tracciato da altre istituzioni museali (ad esempio, i Musei Vaticani)[30], ma che per la prima volta vedrà protagonisti il MiBACT e SICaR, con un progetto appositamente realizzato per lo studio e la tutela della collezione di antichità delle Gallerie degli Uffizi.
Note
[1] La principale occasione è stata offerta dalla mostra Volti svelati. Antico e passione per l’antico, tenutasi presso la Sala delle Reali Poste della Galleria degli Uffizi tra il 2011 e il 2012, che ha restituito al pubblico una selezione di ben 45 busti antichi di eccezionale qualità (cfr. Conticelli - Paolucci 2011).
[2] In particolare, le sale 33 e 34, rispettivamente dedicate alla ritrattistica greca e all’evocazione dell’antico nel Giardino di San Marco, e la sala 56, intitolata ai Marmi ellenistici, nella quale sono esposte alcune tra le più celebri sculture della collezione, come ad esempio il Torso Gaddi e lo Spinario.
[3] Cfr. Natali - Romualdi 2009 e Natali et alii 2014.
[4] Per una rapida panoramica sulle attività riguardanti i marmi antichi della Galleria svolte dal 2009 ad oggi, si rinvia alla consultazione dell’annuale Bollettino degli Uffizi. Interventi più circoscritti sono stati invece pubblicati nella collana Studi e restauri. I marmi antichi della Galleria degli Uffizi (dal 2006).
[5] Come stabilito dalla Convenzione 4.7 del 9 marzo 2016 “Accordo di collaborazione istituzionale tra le Gallerie degli Uffizi e l’Opificio delle Pietre Dure”.
[6] Cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Carta Italiana del restauro, Circolare n. 117 del 6 aprile 1972; Decreto MiBACT-MIT 22 agosto 2017 n. 154 “Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”, art. 26.
[7] Con la Circolare n. 31/2011 del 22/12/2011 della Direzione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte contemporanee, recante in oggetto “Progetto RE.ARTE (Restauri in Rete): diffusione e utilizzo del SW per il Restauro (SICaR)”, il MiBACT ha ufficialmente invitato le Soprintendenze territoriali ad attivare e a utilizzare regolarmente SICaR per la registrazione dei restauri in corso o in progettazione, spronandole ad acquisire dentro il programma sia i restauri promossi e finanziati direttamente dal Ministero che quelli finanziati da terzi su beni tutelati. Per un approfondimento, si rinvia a Fabiani et alii, pp. 3-4.
[8] SICaR w/b ha origine nel 2003, nell’ambito del progetto Optocantieri, promosso dalla Regione Toscana con la consulenza della Soprintendenza di Pisa, destinato ad avvicinare le piccole e medie imprese all’uso di tecnologie avanzate per la diagnostica e il restauro dei beni culturali. Sviluppato dalla società Liberologico srl, con il coordinamento del MiBACT e il supporto scientifico della Scuola Normale Superiore di Pisa, il sistema è stato protagonista dal 2005 al 2007 di una articolata sperimentazione, condotta su scala nazionale all’interno del più ampio programma ART-PAST, con lo scopo di realizzare un GIS web-based per la gestione dei cantieri di restauro. A seguito dei risultati conseguiti, il Ministero ha adottato ufficialmente SICaR, curandone la diffusione presso le soprintendenze e i musei statali mediante uno specifico progetto denominato RE.ARTE (2008), che si prefiggeva di istruire il personale interno all’utilizzo regolare dello strumento per la documentazione dei restauri in corso o in fase di progettazione (Circ. n. 31/2011 cit.). Per una sintesi sulla genesi di SICaR e le numerose attività correlate, cfr. Fabiani et alii 2016. Per una dettagliata bibliografia sul sistema, si veda la pagina web http://sicar.beniculturali.it:8080/website/bibliografia/
[9] Per consultare i dati pubblicati in SICaR, basta collegarsi all’indirizzo http://sicar.beniculturali.it:8080/website/, aprire la finestra “Consultazione” e cliccare sull’opzione “Ricerca in SICaR”: per restringere la ricerca è possibile innanzitutto scegliere il gruppo di lavoro (nel nostro caso “Firenze - Uffizi - Sculture greco-romane”), poi inserire la parola chiave nella casella “Testo da ricercare” oppure optare per “ricerca avanzata”. Per poter, invece, lavorare in SICaR, bisogna collegarsi all’indirizzo http://sicar.beniculturali.it:8080/index.php e inserire un ID e una password, assegnati dal funzionario del MiBACT di riferimento dopo l’approvazione della richiesta di creazione di un’area di lavoro dedicata.
[10] Ad esempio, è stato creato il collegamento con l’Inventario delle Sculture del 1914, attualmente non più consultabile perché il sito è in revisione. Sarebbe auspicabile ripristinare tale collegamento. Le schede “Opere mobili” di SICaR potrebbero inoltre essere adoperate come punto di partenza per la compilazione delle schede di catalogo RA (Reperti Archeologici), tenuto conto che le sculture degli Uffizi non sono state ancora schedate all’interno del Sistema Informativo Generale del Catalogo.
[11] Francesca Fabiani, responsabile nazionale del SICaR web, con la quale il gruppo di lavoro è tuttora in contatto, e Raffaella Grilli, che ci ha supportato nella prima fase delle attività.
[12] All’inizio dei lavori, l’unico esempio di digitalizzazione di materiale di restauro lapideo archeologico esistente in SICaR era costituito dalle schede inserite dai Laboratori di restauro della Soprintendenza SBAP di Ravenna, che hanno offerto un modello teorico ottimale al quale ispirarsi. Il primo passo è stato quello di testare SICaR su un’opera oggetto di un recente restauro, il Bassorilievo raffigurante una biga (inv. 1914 n. 539), che ci ha permesso di creare le mappature georeferenziate su una scultura dall’andamento planare, con problematiche minori rispetto a quelle riscontrabili su un’opera tridimensionale, e quindi congeniale a una prima fase di utilizzo dello strumento.
[13] La prima fase di lavoro con SICaR, durata circa 12 mesi, ha visto la collaborazione di stagisti operanti presso il Dipartimento di Antichità Classica; successivamente, il progetto è stato ed è tuttora affidato a personale interno, assegnato stabilmente presso l’Archivio Restauri degli Uffizi, diretto da Claudio Di Benedetto e coordinato dalla Valentina Conticelli. Il gruppo di lavoro, composto da chi scrive con la supervisione scientifica di Fabrizio Paolucci, si occupa sia della revisione del materiale precedentemente inserito, sia dell’implementazione dei dati.
[14] Infra.
[15] Fonte essenziale per una prima conoscenza delle opere sono stati i due volumi di Guido Achille Mansuelli, della fine degli anni Cinquanta, sulla collezione scultorea della Galleria degli Uffizi. Abbiamo inoltre reperito ulteriori preziose notizie consultando il quarto volume de La Villa Médicis, dedicato alle sculture un tempo conservate all’interno della nota villa sul Pincio a Roma. Infine si sono rivelati essenziali i cataloghi delle mostre in cui sono stati esposti alcuni dei marmi del museo (cfr. Mansuelli 1958-1961; Cecchi - Gasparri 2009).
[16] Per la storia e le vicissitudini della statua, si rinvia a Paolucci 2013.
[17] Gori 1734.
[18] De Greyss 1759.
[19] Un esempio importante della sperimentazione di SICaR per la consultazione dei dati di policromia mediante i poligoni e le schede “Analisi” è dato dall’esperienza del gruppo di lavoro “Roma - Policromie Musei Vaticani”, la cui attività ha preso le mosse dall’analisi del Sarcofago Lateranense n. 150, conservato presso il Museo Pio Cristiano dei Musei Vaticani (per approfondimenti, Siotto et alii 2016).
[20] Per una rassegna sulle antiche cromie dei marmi degli Uffizi si rimanda a Paolucci 2014b.
[21] L’utente, quindi, può selezionare il poligono, cliccare sul comando “Interroga poligono” presente nella finestra “Azioni” e infine aprire i link che appaiono scorrendo in basso.
[22] Per approfondimenti sul restauro della scultura, vedi Paolucci 2014a.
[23] Della storia e dell’iconografia del vaso tratta ampiamente Romualdi 2006.
[24] Sul restauro dell’altare, si rinvia a Paolucci 2016.
[25] Il lavoro svolto è stato presentato per la prima volta in occasione del Salone del Restauro di Ferrara, nel 2016, con il contributo Il caso delle sculture antiche degli Uffizi, all’interno del seminario Le 50 sfumature di SICaR: Sistema Informativo per i Cantieri di Restauro (6-8 aprile 2016). Il gruppo ha preso parte anche all’ultima edizione del Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze (16-18 maggio 2018), illustrando le proprie attività nella relazione SICaR web: il Sistema adottato dal MiBACT per la documentazione dei cantieri di restauro. Quest’ultimo ha visto la partecipazione di molti addetti ai lavori, incuriositi e interessati ad approfondire le potenzialità di SICaR, anche in funzione di altre tipologie di beni.
[26]A breve sarà possibile consultare le schede on-line anche dal sito delle Gallerie degli Uffizi.
[27] Le modalità dell’inserimento in SICaR della documentazione riguardante le grottesche sono in corso di definizione, sotto il coordinamento scientifico di Valentina Conticelli.
[28] Si tratta di circa 1260 opere d’arte, i cui modelli 3D saranno disponibili on-line entro il 2020, per scopi sia di ricerca che di conservazione.
[29] Potremmo avvalerci della scheda “Dati esterni” per creare un collegamento con il sito dell’Indiana University in cui saranno visualizzabili i modelli 3D, oppure caricarli direttamente come clip video. Se le future implementazioni di SICaR lo consentissero, sarebbe molto interessante lavorare solo in ambiente 3D, mappando i degradi o le integrazioni direttamente sul sistema di riferimento tridimensionale.
[30] Cfr. http://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/il-giovedi-dei-musei/2017/digitalizzazione-modellazioni-3d.html. Sulla possibile sperimentazione in SICaR del 3D, vedi Siotto et alii 2016, pp. 148-149.
Bibliografia
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Conticelli - Paolucci 2011: Volti svelati: antico e passione per l’antico, catalogo della mostra (Firenze, 15 dicembre 2011 - 29 gennaio 2012), a cura di V. Conticelli e F. Paolucci, Livorno 2011.
De Greyss 1759: Atlante figurato di Galleria (conservato alla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna), a cura di B. F. De Greyss, Firenze 1759.
Fabiani et alii 2016: F. Fabiani, R. Grilli, V. Musetti, Verso nuove modalità di gestione e presentazione della documentazione di restauro: SICaR web la piattaforma in rete del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in “Bollettino Ingegneri”, Collegio degli Ingegneri della Toscana, III, 2016, 3-13.
Gori 1734: A. F. Gori, Museum Florentinum, Statuae antiquae deorum et virorum, Firenze 1734.
Mansuelli 1958-1961: G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi. Le sculture, I-II, Roma 1958-1961.
Natali et alii 2014: La Tribuna del principe: storia, contesto, restauro, atti del Colloquio internazionale (Firenze, 29 novembre - 1 dicembre 2012), a cura di A. Natali, A. Nova, M. Rossi, Firenze 2014.
Natali - Romualdi 2009: A. Natali, A. Romualdi, Il Teatro di Niobe: la rinascita agli Uffizi d’una sala regia, Firenze 2009.
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Paolucci 2014b: F. Paolucci, Marmi dorati. Esempi di rivestimento a foglia d’oro su alcuni marmi antichi della Galleria degli Uffizi, in Oro sacro. Aspetti religiosi ed economici da Atene a Bisanzio, “Ornamenta”, V, 2014, pp. 53-73.
Paolucci 2016: F. Paolucci, Altare funerario di C. Telegennio Antho, in Restituzioni 2016: Tesori d’Arte restaurati, catalogo della mostra (Milano, 1 aprile - 17 luglio 2016), a cura di C. Bertelli e G. Bonsanti, Venezia 2016, pp. 68-72.
Romualdi 2006: A. Romualdi, La nuova collocazione del Vaso Medici nel Verone sull’Arno, in Studi e restauri: i marmi antichi della Galleria degli Uffizi, a cura di A. Romualdi, I, Firenze 2006, pp. 162-188.
Siotto et alii 2016: E. Siotto, C. Baracchini, U. Santamaria, R. Scopigno, Sperimentazione del sistema ministeriale SICaR w/b per la gestione e la consultazione informatizzata dei dati sulla policromia, in “Archeologia e calcolatori”, XXVII, 2016, pp. 131-151.
Studi e restauri: Studi e restauri. I marmi antichi della Galleria degli Uffizi, a cura di A. Romualdi e F. Paolucci, I-IV, Firenze 2006-2013.
Sitografia
http://sicar.beniculturali.it:8080/website/
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