Una donazione e due importanti opere presto restaurate a Palazzo Pitti
Una Giuditta di Jacopo Ligozzi e un ritratto di Pietro Tenerani torneranno a splendere per un gesto di commossa generosità
Un’eroina della Bibbia, la donna coraggiosa che salva il suo popolo dal tiranno, e un giurista liberale di primo Ottocento, sono i due personaggi a cui si legherà il ricordo di una studiosa e appassionata divulgatrice del nostro patrimonio, Silvia Bonacini, venuta a mancare prematuramente un anno fa. Il marito e gli amici hanno infatti raccolto in sua memoria i fondi necessari a finanziare il restauro di due opere di Palazzo Pitti: Giuditta e Oloferne di Jacopo Ligozzi del 1602, esposta in Galleria Palatina, e l’erma di Francesco Forti di Pietro Tenerani del 1842 esposta in Galleria d’arte moderna. Il Seicento e l’Ottocento sono due secoli che il grande pubblico a Firenze non conosce e non cerca: è necessario un paziente lavoro di valorizzazione per far uscire dall’ombra artisti e fenomeni culturali che i media e i flussi del turismo di massa ignorano. Le Gallerie degli Uffizi sono anche questo, e chi lavora ogni giorno nei musei, staff interno e professionisti dei beni culturali, lo sa bene e si adopera perché il patrimonio possa essere valorizzato nella sua completezza. Generazioni di studiosi si sono dedicate ad approfondire il glorioso Seicento fiorentino e la purezza antica della scultura primo ottocentesca toscana, ma occorre ancora dirottare l’attenzione del pubblico su questi temi (e su questi spazi museali) fuori dai percorsi tracciati.
Proprio dagli interessi di Silvia è nata l’iniziativa che la ricorda oggi: si è occupata di Ottocento fin dalla tesi di laurea dedicata ad Adolfo Tommasi, paesaggista di eredità macchiaiola ma con uno spirito già volto verso il Simbolismo di fine secolo, tanto che illustrò le “Myricae” di Giovanni Pascoli; l’attività professionale di guida turistica la portò ad approfondire anche la pittura del Seicento fiorentino, con quell’eleganza disegnativa sobria e sottilmente ironica che la caratterizza.
Le opere da restaurare sono state scelte in base agli interessi di Silvia e in sintonia con le indicazioni delle curatrici delle Gallerie e la volontà del Direttore che ha sostenuto attivamente l’iniziativa.
Pietro Tenerani è uno dei protagonisti della Galleria d’arte moderna, autore della celebre Psiche abbandonata che accoglie i visitatori all’ingresso del museo, sfoggiando altissimi virtuosismi tecnici nella trasparenza delle sottilissime ali e nella raffinatissima restituzione di anatomie ed epidermide, insieme ad un sentimento accorato pienamente ottocentesco. L’erma di Francesco Forti riporta al colto ambiente liberale sorto intorno a Giovan Pietro Viesseux, che raccoglieva giuristi, come il giovane Forti, letterati e artisti. A Tenerani, talentuoso e celebrato erede di Canova, Thorvaldsen e Bartolini, veniva riconosciuta la capacità di bilanciare natura e idealità, elezione antica della forma e moderna realtà, come evidente da questo ritratto compito nella forma ma reso vivo dalla capigliatura folta e morbidamente scomposta. La scultura, insieme alla Psiche, fa parte del gruppo di opere donate nel 1859 da Carlotta Medici Lenzoni alla costituenda Galleria d’arte moderna. Il busto fu commissionato dalla stessa Medici Lenzoni: un modello in gesso era visibile nel 1875 nella Galleria del Palazzo Tenerani a Roma, e un altro è alla Biblioteca di Pescia, città che dette i natali a Francesco Forti.
In Galleria Palatina Silvia coinvolgeva il pubblico dei più piccoli attraverso l’uso di pupazzi e marionette che raccontavano le storie di personaggi e artisti. La Giuditta di Jacopo Ligozzi, esposta attualmente nella Sala di Apollo, è un quadro dalla storia avventurosa: inizialmente eseguito per essere donato al Duca Vincenzo Gonzaga, fu trattenuto a Firenze dal granduca Ferdinando I che, affezionato estimatore del Ligozzi, come suo fratello Francesco, aveva preferito rifondere i quaranta scudi previsti, facendone eseguire una copia da inviare a Mantova. Stando alle fonti uno dei motivi d’interesse che dovevano avere spinto il granduca a trattenere il quadro per sé risiedeva nella sua particolare iconografia e nel modello cui Ligozzi doveva avere attinto: l’elegantissima eroina biblica, fissata sulla tela un attimo prima di vibrare il colpo mortale al brutale Oloferne, era infatti tratta da un originale di Raffaello, o a quei tempi ritenuto tale, di cui non abbiamo oggi altre notizie ma di cui sopravvivono almeno due altre versioni, una delle quali dipinta da Giuliano Bugiardini e conservata nella Galleria Regionale della Sicilia. L’occasione del restauro, oltre che restituire piena leggibilità alla superficie pittorica, attualmente alterata dagli effetti delle vernici ossidate, ci offre la possibilità di approfondire importanti questioni storiografiche e di stile.
I colleghi guide turistiche e storici dell’arte hanno deciso di ricordare Silvia domenica 3 febbraio offrendo gratuitamente visite guidate alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, museo d’elezione di Silvia, per onorare il suo esempio di inesauribile curiosità verso ogni manifestazione artistica e la voglia di illustrare il patrimonio culturale della nostra città in maniera mai banale.