Abito da giorno
Manifattura italiana (Napoli?)
L’ abito, in taffetà di seta gialla lavorato ad effetto moiré, fornisce un ideale campione dei canoni estetici predominanti nella moda femminile di epoca napoleonica.
La tipologia di costruzione sartoriale consente di orientarne la datazione al 1810 circa, periodo che segna il ritorno in auge della seta e uno stabilizzarsi della concezione della veste femminile secondo i canoni stilistici dettati dalle mode della corte imperiale, con vita molto alta e gonna solo lievemente svasata. La presenza di numerose tracce di pieghe precedenti suggerirebbe inoltre l’ipotesi che la stoffa utilizzata appartenesse ad un abito di foggia più antica, probabilmente settecentesca, reimpiegata per la creazione di un capo conforme ai coevi canoni stilistici.
L’effetto marezzato del tessuto era generalmente ottenuto tramite l’impiego di rulli e alte temperature che comprimevano e appiattivano l’ordito della stoffa donandogli un interessante gioco di effetti cangianti.
Già a partire dall’ultimo decennio del Settecento, in pieno fervore rivoluzionario, l’artificiosa leziosità e gli eccessi della moda rococò avevano ceduto il posto al gusto per abiti caratterizzati da forme più semplici e da una maggior sobrietà decorativa. Tale inversione di tendenza, segnata dall’abbandono delle ingombranti ‘architetture’ degli abiti che avevano animato i fasti delle corti europee, si accompagnerà all’adozione delle linee più sobrie e meno costrittive della cosiddetta robe en chemise tipica dello stile Direttorio, ossia un lungo abito simile ad una sottoveste ispirato ai panneggi dell’antica statuaria greco-romana, caratterizzato da ampio scollo ad andamento squadrato, vita molto alta, maniche a palloncino e gonna di ridotta ampiezza, modellata in modo da aderire alle forme del corpo femminile e assecondarne i movimenti.
In epoca napoleonica, tra il 1804 e il 1815, queste tendenze della moda femminile si manterranno pressoché invariate, pur nella distinzione tra i modelli da sera, più elaborati, generalmente confezionati in velluto o raso e arricchiti da decori in fili metallici, e quelli più semplici da giorno o da mattina in mussola, tulle e crêpe, da principio bianchi ma progressivamente orientati anche all’impiego di tenui tonalità pastello. Specialmente la seta, la cui produzione era entrata in crisi
durante il secondo Settecento, godrà di larghissimo impiego durante il periodo napoleonico, che contribuirà a risollevarne le sorti rilanciandone l’utilizzo nella produzione di tappezzerie, abiti ed accessori. La progressiva semplificazione delle mode del secolo precedente comportò anche l’abbandono dei corsetti, dei tacchi e soprattutto delle parrucche, sostituite da più corte acconciature fermate da diademi o fasce in mussola, velluto o broccato, da cui spuntavano riccioli ricadenti sulla fronte e sul collo.
R. Orsi Landini, Materia e forme: tessuti e fogge del vestire femminile nei secoli XVIII e XIX , in Galleria del costume/4 , Centro Di, Firenze, 1990, pp. 11-15; C. Chiarelli, Abiti nella storia. Lo stile del vivere da Napoleone ai Demidoff , Sillabe, Livorno, 1998, pp. 7-15 ; Le collezioni. Costumi ed accessori dal XVIII al XX secolo , Sillabe, Livorno, 2000, p. 16.