Venere accovacciata
Arte romana
La statua rappresenta un’elegante Afrodite accovacciata nel momento del bagno, mentre si volta verso l’osservatore e cerca di coprire con le mani il petto e il pube. Il tipo iconografico, assai celebrato nell’antichità e modello per gli artisti del Rinascimento, è noto da numerose repliche ed è stato identificato nella Venere attribuita dall’enciclopedista romano Plinio il Vecchio allo scultore Doidalsas. Se ne conoscono diverse varianti e copie, ma gli studiosi concordano nel ritenere che l’archetipo - ossia il primo esemplare in assoluto - potrebbe essere stato creato intorno alla metà del III secolo a. C. probabilmente per Nicomede I, re di Bitinia.
L’Afrodite degli Uffizi ha un modellato molto delicato, che mette in risalto le forme gentili e rilassate del ventre; nonostante la sorpresa di essere stata colta nuda, c’è nel gesto di pudicizia un’eleganza quasi studiata, confermata dallo sguardo vivace e diretto verso l’osservatore. Un bracciale-gioiello cinge delicatamente il braccio sinistro mentre i capelli sono raccolti in un’articolata e raffinata acconciatura, con i riccioli che morbidamente ricadono sulla schiena nuda. La testa attuale è tuttavia opera di restauro.
La scultura viene menzionata per la prima volta nell’inventario di Villa Medici, residenza granducale a Roma, nel 1670, dove resterà fino al 1780/88 quando venne trasferita a Firenze assieme ad altre importanti opere d’arte, come l’Arrotino attualmente visibile all’interno della Tribuna degli Uffizi.
Modello 3D realizzato in collaborazione con Indiana University. Visita http://www.digitalsculpture.org/florence/
Il mito di Venere, catalogo della mostra a cura di M. Sframeli, Milano 2003, n. 1, pp. 68-69