Venere e Cupido
Attribuito a Alessandro Allori (Firenze 1535 - 1607)
La maggior parte della critica è concorde nel ritenere questo piccolo dipinto una commissione di Francesco I volta a celebrare il suo amore per Bianca Cappello. Coerentemente con quest’ipotesi e con l’analisi stilistica, l’opera sarebbe databile ai primi anni Settanta del Cinquecento. All’epoca Alessandro Allori lavorava per Alamanno Salviati nelle cui collezioni ebbe modo di studiare il quadro di Bronzino raffigurante Venere, Cupido e un satiro (oggi custodita nella Galleria Colonna a Roma) e la versione di Venere e Cupido che Michele di Ridolfo del Ghirlandaio aveva tratto da un celebre cartone di Michelangelo.
Dal suo maestro, l’Allori riprese la posa della dea, sensualmente adagiata su un prato, mentre dal cartone michelangiolesco trasse l’idea della schermaglia amorosa tra Venere e il giovane Cupido, il quale acconsente di buon grado a farsi disarmare, ricambiando lo sguardo complice e ammiccante che la dea gli rivolge. Numerosi dettagli, allusivi dell’idillio amoroso, arricchiscono la composizione: due colombe, animali sacri a Venere, si beccano in un simbolico atto d’unione; il coniglio acquattato tra l’erba richiama la fertilità, le rose rosse esprimono amore eterno. Un sereno paesaggio lacustre sullo sfondo completa la scena. Il risultato è un’opera permeata da una sensualità raffinata che dovette sicuramente incontrare il gusto del suo colto committente e che ne decretò l’ampia fortuna: Allori infatti realizzò ben quattro versioni del soggetto, in grandi dimensioni.