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Angelica si cela a Ruggiero

Giovanni Bilivert (Firenze 1585 – 1644)

Data
1624 c.
Collezione
Pittura
Collocazione
D30. Epica fiorentina
Tecnica
Olio su tela
Inventario
1890 n. 9974

La tela espone un episodio tra i più amati e riprodotti dell’Orlando Furioso, narrato tra la fine del X e l’inizio dell’XI canto. La scena si svolge nel “boschetto di querce ombrose” affacciato sulla riva del mare di Bretagna dove Ruggiero decide si sostare dopo aver liberato Angelica dall’orribile orca, rinunciando così al progettato ritorno in Spagna. Pur avendo scampato le tentazioni accadutegli sull’isola di Alcina, Ruggiero nulla può contro la passione amorosa per la fanciulla, sbocciata fulmineamente, nel tempo di un solo sguardo alle sue grazie e ai suoi occhi (Ruggier si va volgendo, e mille baci/figge nel petto e negli occhi vivaci). Vinto dal desiderio, decide di possedere Angelica e così nel finale del canto tre versi memorabili fissano in un irresistibile crescendo comico il susseguirsi di emozioni del maldestro Ruggiero che, tentando di denudarsi, combina un pasticcio dopo l’altro:  Confusamente l’arme si levava/Non gli parve altra volta mai star tanto/Che s’un laccio sciogliea, dui n’annodava.

Bilivert riesce a trasporre i versi ariosteschi in una immagine vivace e un po’ incantata in cui, ut pictura poësis, il giovane è tutto intento a liberarsi sveltamente dell’armatura, ignaro della fanciulla già pronta a ingoiare un anello magico che la renderà invisibile, mentre in sottofondo scappa via anche l’ippogrifo, liberatosi dal morso cui era stato attaccato. Di questo soggetto esistono altre versioni eseguite da Bilivert negli stessi anni, ma variate leggermente nelle dimensioni o in alcuni dettagli. Tra queste, la tela, più piccola, della Galleria Palatina (Inv. 1890/8034), una a Prato (Palazzo degli Alberti, Banca Popolare di Vicenza) e una a Firenze, Palazzo Vecchio, oltre a una versione in miniatura su una lastra in pietra paesina (Firenze, Museo dell’Opificio delle Pietre Dure) e a un piccolo gruppo in bronzo di Ferdinando Tacca, oggi al Louvre. Come la tela con Rinaldo e Armida di Cesare Dandini (Inv. 1890 n. 3823), anche il dipinto di Bilivert doveva essere concepito in pendant con altri soggetti di analogo intento morale, tratti dai grandi romanzi cavallereschi. La scena di Angelica e Ruggiero, in particolare, è significativa della perdita della ragione a causa del cedimento dell’uomo al vizio e alla passione. Nell’altro esemplare, oggi in Galleria Palatina e proveniente dall’appartamento del cardinale decano Carlo de Medici, al Casino Mediceo, Angelica è velata da un drappo che si è presupposto fosse stato aggiunto a seguito delle critiche sulla sua nudità avanzate dalla granduchessa Cristina di Lorena. La tela degli Uffizi è entrata a far parte delle gallerie fiorentine nel 1953

Cornice del XX secolo.

Testo di
Anna Bisceglia
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