Apollo che scortica Marsia
attribuito a Giovanni Bilivert (Firenze 1584 - 1644)
La favola mitologica della competizione musicale tra il dio Apollo ed il satiro Marsia è narrata da Ovidio nelle Metamorfosi e da Diodoro Siculo. Il satiro frigio Marsia, dopo avere scoperto il flauto a doppia canna (aulòs) inventato dalla dea Atena, divenne così abile nel suonarlo da sfidare il dio Apollo ad una competizione musicale da cui uscì sconfitto. La scena coglie il momento più drammatico, cioè la punizione di Marsia per aver osato sfidare il dio del sole. Apollo affonda le dita nell'avambraccio di Marsia, legato ad un tronco di faggio, per scuoiarlo vivo: lo scontro tra i due raggiunge il culmine nel grido di dolore di Marsia e nello scatto atletico di Apollo. Il dipinto, di probabile provenienza medicea, è stato ritenuto di mano di Giovanni Bilivert o del suo allievo più dotato, Bartolomeo Salvestrini; alcuni studiosi hanno dubitativamente avanzato anche il nome di Artemisia Gentileschi. Il disegno definito, la gamma cromatica, l'equilibrio compositivo e il plasticismo delle anatomie denunciano una cultura fiorentina alla base, tuttavia con evidenti meditazioni sulla statuaria romana antica (il torso del Belvedere per Marsia) e su quella contemporanea, ravvisabile nel plasticismo scultoreo del panneggio delle vesti di Apollo che richiama certe soluzioni berniniane.