Allegoria (donna con putto)
Artista emiliano (cosiddetto ‘Amico friulano del Dosso’) attivo a Ferrara in Emilia (fra il 1510 e il 1540 circa)
Sullo sfondo di un paesaggio fantastico, illuminato dalla luce del crepuscolo, si staglia una voluttuosa giovane priva di vesti, mentre un putto seduto su un libro è intento a porgerle le pagine strappate. Un altro volume, chiuso, giace sotto il piede della donna.
Se il braccio destro si allunga verso il fanciullo, lo sguardo e il braccio sinistro sono invece protesi verso un minuscolo angelo che fa capolino dal blu smaltato del cielo. Questi, tenendo in mano una sottile croce, le porge un cartiglio su cui è stato decifrato, in caratteri ebraici, il motto latino Tempus elevat omnia (“il tempo disperde tutto”): un riferimento alla vanità delle cose terrene che accompagna spesso l’allegoria della Verità, tradizionalmente rappresentata da una figura femminile nuda. La magnifica armatura sparsa disordinatamente ai piedi della giovane e le pagine strappate dal putto alludono al tempo che consuma e condanna all’oblio ogni gloria e ricchezza mondana; la Verità, abbandonando l’effimera vanagloria, si innalza alla dimensione del sacro e della sapienza biblica, grazie al contatto diretto con l’angelo.
Le solide volumetrie dell’elmo e della corazza ricordano i ritratti “in arme” del ferrarese Dosso Dossi, cui l’artista quasi sicuramente si ispira: i particolari della fibbia e i tocchi di pennellate chiari per esaltarne i riflessi metallici, sono accostabili a quelli del Ritratto di Guerriero degli Uffizi e del Ritratto di Ercole I della Galleria Estense di Modena.
Il riferimento alla cultura giudaica ha fatto ritenere che la destinazione dell’opera fosse per una committenza ferrarese, città con forti relazioni con la comunità ebraica che ricevette particolari privilegi dalla corte estense; la veduta dai verdi squillanti e il contrasto atmosferico dai toni rosati, così come l’albero solitario a delineare i piani prospettici della rappresentazione sono caratteri presenti nel linguaggio pittorico della cerchia del Dosso. Proprio per questa morfologia del paesaggio, l’Allegoria venne inclusa da Mina Gregori nel gruppo di dipinti di autore anonimo, convenzionalmente definito ‘Amico friulano del Dosso’ da Roberto Longhi.
L’opera rimane comunque un lavoro enigmatico, tanto che recentemente è stata accostata a un ritratto d’epoca leggermente più tarda, conservato nel museo di Tyumen, in Russia; tuttavia le troppe differenze stilistiche e di periodizzazione non lascerebbero pensare a una comune mano, e la propensione è dunque quella di mantenerne l’attribuzione canonica.
La conformazione delle gambe e delle spalle della giovane ricordano – anche se non per la stesura pittorica - quelle dipinte da Garofalo sia nella Minerva e Nettuno di Dresda sia nella lunetta monocroma delle Tre grazie, all’interno del ciclo affrescato di Palazzo Costabili a Ferrara. Proprio la lunetta testimonia l’attenzione di Garofalo alle opere di Raffaello: è difatti iconograficamente prossima alla piccola tavola dallo stesso soggetto realizzata dal Sanzio, conservata al Musèe Condè di Chantilly.
È probabile che anche l’anonimo autore dell’Allegoria degli Uffizi abbia adottato alcuni modelli estetici di derivazione raffaellesca e romana – come si evince dalla posa e dalle sembianze del putto – filtrati da artisti della corte estense come il Garofalo, lo stesso Dosso Dossi, o tramite stampe dell’epoca.
L’opera, probabilmente appartenuta al Cardinale Luigi d’Este, fu inventariata nelle collezioni medicee nel 1598, quando venne inviata da Palazzo Pitti alla Villa di Artimino. Esposta nel secondo dopoguerra nel Museo Civico di Pistoia, rientrò a Firenze nel 1980 a Palazzo della Signoria e poi alle Gallerie degli Uffizi.
M. Gregori, Ancora due tracce dell’‘Amico friulano del Dosso’, in “Paragone”, XI, 1960, 131, pp. 49-50; J. Shearman, The Early Italian Pictures in the Collection of Her Majesty the Queen, Cambridge 1983, pp. 165-167; A. Natali, Amico friulano del Dosso (attribuito), Allegoria, in Il restauro del ‘Leone X’ di Raffaello e di tre capi d'opera del Cinquecento, Gli Uffizi. Studi e Ricerche. I pieghevoli, 28, Firenze 1996; A. Bacchi, “Tempus elevat omnia”: la Verità dell’‘Amico friulano del Dosso’, in I veli del tempo. Opere degli Uffizi restaurate, a cura di A. Natali, Cinisello Balsamo (MI) 1997, pp. 40-64, figg. 1-2; M. Vervat, Nota sul restauro, in I veli del tempo. Opere degli Uffizi restaurate, a cura di A. Natali, Cinisello Balsamo (MI) 1997, pp. 65-74, figg. 1-14; Scena allegorica - Amico Friulano del Dosso, Catalogo Generale dei Beni Culturali (https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0900292816)