Autoritratto
Domenico Beccafumi (Montaperti, Siena, 1486 circa-Siena 1551)
L’uomo barbato, dal capo avvolto da un panno bianco a mo’ di turbante è il pittore senese Domenico Beccafumi, anche autore del dipinto. Tutta la composizione fonda sul contrasto tra il bianco del copricapo e del colletto, l’ocra dell’incarnato e i vari toni bruni che cadenzano la barba, i capelli, la veste e il campo scuro di fondo. L’artista definisce le forme con larghi tratti di pennello e una pittura molto fluida. Proprio le accensioni improvvise di luci, intrecciate agli affondi d’ ombra, donano al protagonista una straordinaria vivacità: si guardi ad esempio il modo in cui sono in evidenza la fronte, gli zigomi, la lunga linea del naso.
L’autoritratto fu acquisito dal cardinale Leopoldo de’ Medici per incrementare la sezione dedicata a questa tipologia nelle sue collezioni. La pratica di raccogliere autoritratti di artisti era in auge presso le corti cinque e seicentesche, ma quella del cardinale Leopoldo si distinse sia per il numero, ottanta quadri censiti alla sua morte, che per la scrupolosità con cui gli esemplari furono selezionati, acquisiti ed esposti. Tale era la specificità della collezione, e l’attenzione ad essa dedicata dai discendenti del cardinale, che essa continuò ad arricchirsi nel tempo di ulteriori numeri e a tutt’oggi è una raccolta “aperta”, che accoglie sia dipinti donati da autori viventi, che autoritratti di epoche più antiche, destinati a integrare cronologicamente la serie preesistente.
D. Sanminiatelli, Domenico Beccafumi, Milano, 1967, p. 124; E. Baccheschi, L’opera completa del Beccafumi, con presentazione di G. Briganti, Milano, 1977, collana i “Classici dell’arte” n.90, p. 97; F. S. Santoro in, Giovanni Agosti, Domenico Beccafumi e il suo tempo, Milano, 1990, pp. 166-167, n. 24; P. Torriti, Beccafumi, con contributi critici di M. Di Giampaolo, G. Fattorini, F. Fumi Cambi Gato et alii, Milano 1998, p. 272 n. D64.