Renaioli sul Mugnone
Odoardo Borrani (Pisa 1833 – Firenze 1905)
Due renaioli, di cui uno giovanissimo, si apprestano ad iniziare il quotidiano lavoro lungo le rive del Mugnone. La luce cristallina delinea con ombre nette la superficie delle pietre; sullo sfondo - dietro le colorate chiome di alberi e cespugli - si intravedono alcuni casolari. Anche l’acqua, con il suo lento scorrere, sembra scandire il tempo.
Borrani amava molto dipingere in aperta campagna, detestava il rumore della città. Tutta la sua opera, ad esclusione degli esordi, è incentrata su soggetti che hanno come tratto comune il “silenzio”: quello dei chiostri delle chiese, dei campi coltivati, delle rive dei fiumi, dei buoi con l’aratro, delle sale di un museo. Un tempo sospeso che porta anche l’osservatore alla meditazione. L’uso della macchia serve a Borrani per scandire i piani di luce, per sintetizzare un’emozione e per rendere eterno un fugace istante.
Questo quadro rappresenta la maturità artistica di Odoardo, caratterizzata da lunghi studi grafici propedeutici alla realizzazione del dipinto e non totalmente en plein air come si potrebbe pensare.
Presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, ad esempio, è conservato il disegno preparatorio dei due renaioli dove sono annotati i colori dei vestiti e delle rocce, e a margine è riportata l’annotazione Giovanni Brunetti/Villa Gori, a testimonianza che il dipinto non era estemporaneo, ma il frutto di un meditato lavoro.
Di carattere riservato ed introverso, Odoardo Borrani è stato tra i fondatori del movimento macchiaiolo, anche se la sua fama non è pari a quella dei colleghi. La sua pittura, intimista e meditativa, riflette a pieno la sua personalità. Figlio di un modesto pittore, iniziò come apprendista nella bottega di Gaetano Bianchi, all’epoca uno fra i più attivi restauratori fiorentini. Negli stessi anni frequentò anche l’Accademia di Belle Arti vincendo, nel 1858, il primo premio di pittura del concorso triennale. Il suo esordio fu con opere legate alla corrente del romanticismo storico anche se, parallelamente, cominciò a sperimentare anche la pittura en plein air.
Gli stimoli maggiori giunsero negli anni di frequentazione di Telemaco Signorini (1835-1901) e Vincenzo Cabianca (1827-1902) presso il Caffè Michelangelo - luogo d’incontro e confronto dei macchiaioli - e successivamente a Castiglioncello, nella tenuta di Diego Martelli (1839-1896), dove sperimentò a pieno le novità tecniche e pittoriche, abbandonando definitivamente i dettami accademici. Gli anni più creativi e fruttuosi a livello artistico, furono quelli della così detta ‘Scuola di Piagentina’ che fondò nel 1863 con i colleghi Raffaello Sernesi (1838-1866), Silvestro Lega (1826-1895) e Giuseppe Abbati (1836-1868).