Natività (La sera)
Pietro Bugiani (Pistoia 1905 - 1992)
Negli anni Venti, Pistoia vive un’intensa stagione artistica grazie a un gruppo di giovani talentuosi, raccolti nel gruppo del “Cenacolo”, che rifuggendo dagli stilemi decorativi della scuola pittorica locale trovano nell'architetto Giovanni Michelucci un mentore che li forgia all’esercizio del disegno. Tra questi anche Pietro Bugiani, che sulla lezione di Michelucci innerva anche la frequentazione dell’ambiente fiorentino e le conoscenze maturate durante fruttosi soggiorni a Torino, dove incontra Felice Casorati, e a Roma. Tornato a Pistoia nel 1927, l’artista dipinge a stretto giro un gruppo di cruciali paesaggi immersi in un’atmosfera incantata dei quali Natività costituisce una variante a carattere sacro. La capannuccia e la casa colonica sulla collina sono infatti le stesse protagoniste delle coeve vedute della campagna pistoiese, così come la luce tersa che in questo caso illanguidisce nel crepuscolo sottolineando la commozione del miracolo della nascita, umana e divina. L’asciuttezza dell’insieme a cui si contrappongono certe minuzie dei particolari mostra l’adesione di Bugiani alla lezione degli antichi e in particolare a Giotto e al Beato Angelico, entro un più vasto movimento di recupero dei cosiddetti primitivi che faceva capo alla rivista “Valori plastici” e che godeva in Toscana di particolare seguito. Natività trova infatti fin dall’inizio un vasto fronte di estimatori: se Giò Ponti la riproduce su “Domus” nel 1929 lodando le qualità formali e il nitore del disegno in coincidenza con le idee di Michelucci, il filosofo Lanza del Vasto e l’amico pittore Giovanni Costetti vi colgono una stretta consonanza con i valori dello spiritualismo di cui si fanno loro stessi portatori. Non è un caso infatti che Natività diventi una delle opere di punta della mostra organizzata nel 1931 alla galleria Porza di Berlino da Lanza del Vasto, che espone una serie di artisti accomunati appunto proprio dalla ricerca di un’arte interiore che aspira a valori superiori. “Hanno gridato alla rivelazione, al nuovo Beato Angelico”, scrive nell’occasione Lanza del Vasto, riportando i commenti della critica alla proprietaria dell’opera, Camilla Roatta, il cui padre l’aveva acquistata direttamente da Bugiani nel 1929. Sarà tra l’altro la stessa Roatta a venderla nel 1986 alla Galleria d’Arte Moderna in un momento di riscoperta critica della cosiddetta scuola di Pistoia di cui l’artista e Marino Marini costituiscono senza dubbio le punte più avanzate di ricerca.