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Nadir

Corrado Cagli (Ancona 1910 - Roma 1976)

Data
1966 c.
Collocazione
Depositi
Tecnica
Pastelli cerosi ad olio su carta papier velour applicata su tela
Dimensioni
70 x 53 cm
Inventario
Giornale 2412

Pittore, scultore, ceramista, scenografo, costumista, disegnatore di arazzi, con un’attività di vasto impegno nel campo della grafica e dell’arte monumentale, Corrado Cagli fu un instancabile sperimentatore.

Negli anni Trenta fu al centro del dibattito artistico con l’appello “Muri ai pittori” e la poetica del primordio, intesa come un recupero dell’antico e del mito fuori dai ranghi della classicità di “Novecento”. Dalla fine degli anni Quaranta alternò invece figurazione e astrazione, polemizzando sulla sterile – ma imperante – contrapposizione dei due fronti. In un’intervista del 1965 di poco precedente all’esecuzione di Nadir, Cagli ribadiva infatti che la pittura è dotata di un’insita vitalità che rende possibile ogni esperienza; l’artista è perciò tenuto a saggiare una dialettica ben più complessa rispetto al dualismo astratto-figurativo così da perlustrare il “magma delle contraddizioni” per stupire se stesso e servire gli altri, come richiede quel senso di responsabilità verso la storia che lo spinge su terreni inesplorati.

Nadir racchiude nel breve spazio della tela una moltitudine di espressioni tutte di segno decorativo, scandite su piani sovrapposti: le greche geometrie dei patterns di fondo che riportano alla memoria le greche dei giocattoli di Alberto Savinio; i grafismi tratti da un alfabeto arcano e primordiale; l’ordito di luce, segno e colore che affiora in superficie.

L’opera venne presentata per la prima volta nel 1967 alla mostra di Arezzo e Roma “Burri, Cagli, Fontana, Guttuso, Moreni, Morlotti. Sei pittori italiani dagli anni 40 ad oggi” in occasione della quale la critica riaffermò la coerenza del percorso dell’artista tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Sessanta, sconfessando dunque il riduttivo inquadramento della sua arte entro la formula dell’eclettismo. Anche Nadir, che condivide forme e tematiche astronomiche con altre tele del periodo, prende in fondo le mosse da ricerche risalenti a venti anni prima e in particolare da una serie di disegni sulla quarta dimensione del 1948-1949.

La tela entra a far parte delle collezioni della Galleria d’Arte Moderna a seguito della vittoria ottenuta nel 1969 al Premio del Fiorino in un’edizione che, divenuta biennale e di respiro internazionale, riuniva più di centocinquanta espositori, scelti di proposito nei ranghi contrapposti dei “figurativi” e dei “non figurativi”. Nell’assegnare la vittoria a Cagli, il Premio conferma i tentativi di aggiornamento (pur moderato) attuati nelle edizioni del 1963 e del 1967 quando a trionfare erano stati Vinicio Berti e Sergio Scatizzi. Pur non essendo toscano, Cagli vantava comunque con Firenze uno stretto legame. Il Premio anticipava infatti di poco la rinnovata collaborazione dell’artista con il Maggio Musicale Fiorentino che nel 1970 lo vide autore di costumi e scene per Perséphone di Igor Stravinskij.

Testo di
Chiara Toti
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