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Carità educatrice

Lorenzo Bartolini (Savignano, Prato 1777 - Firenze 1850)

Data
1824 c.
Collocazione
Sala dell'Iliade
Tecnica
Marmo
Dimensioni
250 cm
Inventario
Oggetti d'arte Pitti 1911 n. 1538
Iscrizioni

Sul rotolo:

DILIGES DOMINUM DEUM TUUM, EX TOTO CORDE TUO / ET IN TOTA ANIMA TUA ET / IN TOTA MENTE TUA ET PRO / XIMUM TUUM SICUT T[E]I[PSUM]

La statua era destinata a decorare l'interno della Cappella della Villa del Poggio Imperiale a Firenze. In una supplica inviata al granduca nel settembre 1820 l’artista Lorenzo Bartolini scriveva di averne appena definito la composizione, basata su tre figure, ma bisognerà aspettare la metà del 1822 per la conclusione del modello in gesso. Due anni più tardi Pietro Giordani nel suo articolo su "Antologia" pubblicò un'incisione dell’opera elogiandone la composizione. Sappiamo però che ancora nel 1835 il gruppo ormai finito era ancora nello studio del Bartolini: il granduca Leopoldo II si era ivi recato per apprezzarne la qualità. Nella tarda primavera del 1836 l'opera di Bartolini venne portata a Pitti, e collocata al pianterreno, nella Sala cosiddetta dell'Udienza privata, dove risulta presente fin dal giugno di quell'anno, ma nel 1853, tre anni dopo la morte dell’autore, già se ne progettava il trasferimento nella Galleria Palatina. Sebbene tutto fosse stato già preparato, per motivi non documentati, il trasferimento non avvenne e la scultura rimase ancora per qualche anno al pianterreno. Solo tra il 20 e il 22 luglio del 1861 la Carità trovò la sua nuova collocazione all’interno della Sala dell’Iliade, dove tutt’oggi risiede.

Si tratta, per usare le parole dello stesso autore, di una “scultura politica”. Difatti già dagli anni Trenta dell’800 iniziò a diffondersi l’appellativo di “educatrice” per indicare il gruppo marmoreo. Questo perché così venne definito da Gabriele Pepe nella sua lettera a Gino Capponi, sia perché una incisione tratta dal gruppo figurava nel frontespizio della rivista “L’educatore” di Raffaello Lambruschini.

Inoltre, l’inserimento del fanciullo ritroso e forzato allo studio dalla madre, provvida anche all’educazione intellettuale della prole, rinnovava profondamente l’iconografia tradizionale della Carità. Intendeva infatti alludere alla paterna politica lorenese attenta ai bisogni dei sudditi, sia materiali che spirituali. Il Bartolini intendeva sottolineare anche quei valori di carità evangelici, come dimostrato dall’iscrizione sul cartiglio tenuto in mano dal fanciullo alla sinistra della donna: l’insegnamento della madre era rivolto a un totale amore verso Dio.

Nella composizione traspare una assidua e intensa ricerca del naturale, temperata solo dall’appassionato studio degli esemplari rinascimentali, grazie al quale lo scultore seppe creare un’opera la cui elevatezza e la severità dei significati etici espressi si fondeva con l’armonia compositiva.

Bibliografia

E. Spalletti, La Carità educatrice di Lorenzo Bartolini, in Palazzo Pitti. La reggia rivelata, Giunti Editore S.p.A., Firenze-Milano 2003, pp. 210-227.

Testo di
Federica Calabrese
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