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Cavallo rampante o Cavallo Buontalenti

Arte romana

Data
Fine I sec. d.C. - inizi II sec. d.C.
Collezione
Scultura
Collocazione
A39 - Sala della Niobe
Tecnica
Marmo pentelico (Grecia)
Dimensioni
h. 2.58 m, p. 0.90 m, l. 2.82 m
Inventario
1914 n. 69

La statua raffigura un cavallo a dimensioni simili al vero che, imbizzarrito, si erge sulle zampe posteriori.

Custodita alle Gallerie degli Uffizi, quest’opera ha una vicenda collezionistica piuttosto complessa e strettamente legata a quella del gruppo dei Niobidi. La scultura, rinvenuta nel 1574 alle foci del Tevere, non lontano dall’antica Portus, già nel 1588 fu collocata nel Giardino di Villa Medici a Roma assieme al celebre ciclo scultoreo, scoperto nel 1583 nella vigna appartenuta a Gabriele e Tomaso Tommasini, posta a breve distanza da San Giovanni in Laterano, a Roma. L’associazione del cavallo ai Niobidi deriva da quanto descrive Ovidio nelle Metamorfosi a proposito di questo tragico mito: i figli maschi di Niobe, la moglie di Amphione re di Tebe colpevole di aver insultato Latona, furono infatti colpiti dalle frecce di Apollo, figlio della dea, mentre cavalcavano (Ov. Met. 6, 218 - 239). Data tuttavia la presenza nella raccolta di Ferdinando de’ Medici (1549 – 1609) di una seconda scultura di cavallo in marmo, della quale purtroppo si sono ormai perse le tracce, non è sempre semplice ricostruire le vicende della statua fiorentina.

Il cavallo è presente tra i Niobidi nella veduta di Villa Medici di Giacomo Lauro del 1625 (Lauro 1628, tav. 162) e questa collocazione è confermata nel 1680 dall’Inventario del Palazzo della Trinità de’ Monti di S.A.S. fatto da Pietro Lavoratorini. Nel 1761 la scultura fu spostata dal giardino nella Galleria di Villa Medici per restauro e, in seguito alla spoliazione della tenuta per volontà del granduca Pietro Leopoldo (1747 - 1792), giunse nello Stanzone di Palazzo Pitti a Firenze insieme a parte dei Niobidi nel 1770 per essere nuovamente oggetto di restauro. Dopo quest’ultimo intervento le statue entrano tutte a far parte delle collezioni degli Uffizi ma Luigi Lanzi, aiutante del direttore Giuseppe Pelli Bencivenni (in carica dal 1775 al 1793), considerando il cavallo non pertinente al ciclo statuario dei Niobidi lo separò dal gruppo e lo collocò nel Primo Corridoio, probabilmente per controbilanciare l’imponente Gruppo di Ercole e Nesso. Registrato nel Corridoio fino al 1798, il cavallo fu spostato prima nel Vestibolo d’ingresso insieme ad altre statue di animali, per poi essere ricongiunto agli inizi del Novecento con i Niobidi nella sala a loro dedicata dove rimase fino al 2006 posizionato di fronte al Vaso Medici. Infine la scultura, dopo una permanenza di circa un decennio nella Sala Buontalenti, è stata portata momentaneamente nei locali di Palazzo Pitti e oggi si trova nuovamente nella Sala della Niobe.

La posa odierna, che vede il cavallo impennarsi, è frutto dei numerosi interventi di restauro risalenti alla fine del Cinquecento: la muscolatura del petto e la posizione delle redini, abbandonate lungo il fianco dell’animale, suggeriscono infatti che l’andatura fosse originariamente al passo. Con molta probabilità questa scelta fu influenzata dal confronto con il cavallo presente sulla lato principale del sarcofago decorato con il tema della strage dei Niobidi all’epoca conservato a Villa Borghese a Roma (oggi Museo Archeologico Nazionale di Venezia, inv. 24). Inoltre, l’assenza di fori per eventuali elementi aggiuntivi in marmo o bronzo (come un collare o un pettorale) lasciano escludere che si tratti di un cavallo da tiro, mentre è più probabile – grazie al confronto con altre opere - che l’animale fosse accompagnato dalla statua di un personaggio a piedi, presumibilmente un auriga vittorioso.

Per quanto riguarda infine la datazione, lo stile impiegato risente della tradizione tardo classica; tuttavia proprio la diffusione e il successo di questo modello iconografico, oltre alla permanenza prolungata nel tempo in acqua e le levigature subite in età postantica, non permettono di collocare esattamente questa scultura da un punto di vista cronologico. Ad ogni modo, basandosi sul dato offerto dalla lavorazione a trapano e scalpello della criniera, si può ipotizzare che la statua risalga a un periodo compreso tra la tarda età augustea e la prima età antonina.

Esplora risorse

Modello 3D realizzato in collaborazione con Indiana University, Politecnico di Milano e Università di Firenze

http://www.digitalsculpture.org/florence/main/model/5cff8a0cb18d4c59b56a48469c0dfab7

Bibliografia

G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi. Le Sculture 1, p. 126, Roma, 1958; A. Cecchi, C. Gasparri, La Villa Médicis. Le collezioni del cardinale Ferdinando. I dipinti e le sculture 4, p. 326 n. 597, Roma, 2009;L. Camin, “Trovato in altro tempo ed in altro luogo”. La grande statua di cavallo delle Gallerie degli Uffizi in "Un'anima grande e posata" Studi in memoria di Vincenzo Saladino offerti dai suoi allievi, a cura di E. Bazzecchi, C. Parigi, pp. 21 – 33, Scienze e Lettere, Roma 2018; L. Camin in ‘A cavallo del tempo. L’arte di cavalcare dall’Antichità al Medioevo, catalogo della mostra (Firenze, Gallerie degli uffizi, Giardino di Boboli, Limonaia 26 giugno – 14 ottobre 2018) a cura di Lorenza Camin, Fabrizio Paolucci, Livorno 2018, pp, 318--320

Testo di
Ambra Famiglietti
Video
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