Cristo Redentore fra i santi Pietro, Maria Vergine, Giovanni evangelista, Paolo
Meliore di Iacopo (Firenze, notizie 1260-1271)
S. PETRUS; ΜΡ ΘΥ ; Α Ω ; S.IOHANNES ; S.PAULUS:
MELIOR ME / PINXIT ; A D MCC/ LXXI
La Vergine Maria e i santi Pietro, Giovanni evangelista e Paolo affiancano Gesù Cristo benedicente, intercedendo in favore dell’umanità. La composizione sviluppa un soggetto particolarmente diffuso nel mondo bizantino noto come Deesis (δέησις), termine greco che significa supplica, intercessione.
L’opera presenta varie caratteristiche che la rendono piuttosto eccezionale nell’ambito della pittura del XIII secolo, a cominciare dall’iscrizione con il nome del pittore e la data di esecuzione: il nome di Meliore è inciso nel fondo oro dello scomparto centrale, mentre la data 1271, in cifre romane, è riportata nei riquadri con san Pietro (AD MCC) e san Paolo (LXXI). Innovativa, per l’epoca, è la forma della pala d’altare, rettangolare con cuspide sporgente centrale. Presenta figure a mezzo busto, inquadrate da archi trilobati che sembrano anticipare l’impaginazione dei polittici del secolo seguente. La foglia d’oro è riccamente lavorata, non solo in corrispondenza delle aureole, ma anche tramite l’incisione di fiori che spuntano dal basso e dagli elementi architettonici.
Le ghirlande con figure di cherubini inserite fra le arcate sono un’integrazione realizzata nel XV secolo da Cosimo Rosselli (Firenze, 1439 - 1507).
Il dipinto è opera di Meliore di Iacopo, pittore operoso a Firenze nel terzo quarto del XIII secolo, il cui nome compare nell’elenco dei cittadini fiorentini che combatterono contro i senesi alla battaglia di Montaperti, nel 1260. La ripresa di modelli bizantini di stampo classicheggiante e la ricchezza decorativa sono i tratti che più caratterizzano le sue pitture.
Si ignora quale fosse la destinazione del dossale d’altare oggi agli Uffizi, pervenuto nel XVIII secolo nella collezione di Alfonso Tacoli Canacci (1726-1801) a Firenze. Entrato poi a far parte della raccolta della Galleria Nazionale di Parma, il dipinto è pervenuto in scambio alle Gallerie fiorentine nel 1928 ed è agli Uffizi dal 1948.