Dedica del tempio di Terracina
Arte romana
Il calco riproduce in scala 1:1 la dedica del tempio eretto a Terracina in onore dell’imperatore Tiberio e di sua madre, Livia Drusilla, ormai Giulia Augusta, in quanto accolta nella gens Iulia per adozione testamentaria da parte del marito oltre che prima donna ad essere nominata Augusta.
La costruzione del tempio, finanziata dal cavaliere M. Giunio Proculo, è databile tra il 14 e il 29 d.C., cioè tra la salita al potere del nuovo principe e la morte di Livia, ma la sua dedica fu poi riadattata al momento del restauro, avvenuto dopo il 42 d.C., quando il nome della madre di Tiberio fu corretto nella forma Diva Augusta, a causa della divinizzazione voluta nel 42 d.C. dal principe Claudio, poco dopo la sua salita al potere. E proprio durante il regno di quest’ultimo (41-54 d.C.) si può ipotizzare anche l’intervento di restauro del tempio di Terracina, quando le figure di Tiberio, zio paterno del nuovo principe, e di sua nonna Livia, appena divinizzata, divennero elementi centrali nella presentazione del primo Claudio della dinastia, arrivato al soglio imperiale senza designazione ufficiale e dopo l’uccisione del predecessore, il nipote Gaio Caligola. È credibile che proprio in questa circostanza la città di Terracina avesse deciso di dare nuovo lustro al tempio che celebrava i più illustri antenati del principe; significativo è però che fosse stata una matrona, Pompeia Trebulla, e non un decurione o un membro dei due ordini maggiori, l’equestre e il senatorio, ad assumersi il compito di dimostrare la fedeltà della città alla casa imperiale. Trebulla dedicò a questo scopo un lasciato testamentario di ben 100.000 sesterzi, atto che dimostra sia la sua ricchezza sia la sua influenza nel panorama cittadino e che fornisce un esempio concreto delle nuove possibilità di intervento pubblico ormai consentite alle esponenti dell’élite sulla scia delle prerogative attribuite alle donne della casa imperiale.
Il tempio era ancora in piedi all’inizio del XVI secolo, quando Baldassarre Peruzzi lo riprodusse nel Taccuino dei viaggi; smembrato pochi anni dopo, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, e trasportato a Firenze, ne rimane come unica vestigia l’iscrizione onoraria conservata nel Cortile dei Fiorentini, all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Firenze (inv. 889).
Il calco è stato eseguito in occasione della mostra “Imperatrici, matrone, liberte. Volti e segreti delle donne romane”.