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Dioniso/Bacco con pelle di pantera e grappolo d’uva

Arte romana

Data
I sec. d.C. – II sec. d.C.
Collocazione
Deposito del Giardino di Boboli, cosiddetto Stanzonaccio
Tecnica
Marmo greco a grana media
Dimensioni
h. 176 cm (con plinto)
Inventario
Giardino di Boboli 220

Il giovane dio Bacco, il greco Dioniso, è qui ritratto di dimensioni di poco inferiori al vero con il braccio destro alzato mentre stringe un copioso grappolo d’uva e sulle spalle porta una pelle di pantera (pardalide), della quale tiene ferma un’estremità con la mano sinistra e che ricade sul tronco di sostegno. Il viso del dio, particolarmente apprezzato da Johann Joachim Winckelmann (1717 –1768) per il modellato morbido con cui fu realizzato, appare incorniciato da una benda e da grappoli d’uva che ricadono sulle tempie. Il torso, dalla muscolatura esile e giovanile, è caratterizzato da un sinuoso movimento e accompagna l’andamento della figura che riposa sulla gamba sinistra, mentre la destra, leggermente piegata, sembra suggerire un chiasmo ripreso dalla posizione delle braccia. Queste ultime sono frutto di un’integrazione moderna realizzata a partire da più frammenti, forse in parte antichi. Di restauro sono anche il naso, la parte superiore della testa, la nuca e il collo con la parte della pelle di pantera adiacente, la testa della pantera, i tasselli sui bordi della pardalide, la gamba destra dal ginocchio in poi, la gamba sinistra da metà coscia con plinto, tronco e bordo inferiore della pelle di pantera e il sesso (di cui resta oggi solo un perno in bronzo). L’archetipo sembrerebbe essere l’Efebo Westmacott risalente alla fine del V secolo a.C.

Un parallelo è offerto da una statua appartenente alle collezioni del Museo Nazionale Romano e conservata a Palazzo Massimo alle Terme a Roma (Inv. n. 113203), proveniente dalla zona dell’Angelicum sul Quirinale, nella quale però la pelle di pantera è disposta obliquamente sul torso. Un’altra opera simile è una statua di Bacco recentemente apparsa sul mercato antiquario e conservata a Roma in una collezione privata: qui l’ampia pardalide è condotta intorno al collo e drappeggiata alla vita con un cinto ornato di fiori, in maniera analoga a una statua acefala della collezione Ludovisi conservata a Bruxelles.

I numerosi restauri moderni non aiutano per la cronologia, tuttavia la resa morbida della chioma e le notevoli tracce di trapano che ivi si riscontrano, così come nel grappolo, oltre allo stile generale, sembrano richiamare soluzioni analoghe a quelle riscontrabili nei ritratti di Antinoo di epoca adrianea e soprattutto nelle reinterpretazioni fantasiose della tradizione e nei modelli eclettici tipici del periodo antonino.

La statua fiorentina, della quale non si conosce la provenienza, in ragione delle sue dimensioni ridotte era probabilmente esposta in un giardino, in un ninfeo o in un impianto termale; per alcuni, facendo un paragone con il Bacco romano, si potrebbe trattare invece di un arredo per un luogo di culto.

Questa scultura, che godette di grande fama tra il Seicento e il Settecento, è probabilmente menzionata per la prima volta nel 1584 in occasione della vendita di Capranica insieme ad altre due rappresentazioni di Bacco. Nel 1588 la statua sembra essere sistemata nella Sala Grande di Villa Medici a Roma insieme ad altre tre raffigurazioni con lo stesso soggetto e qui è registrata anche nel primissimo Settecento. Da un’incisione di Paolo Alessandro Maffei (1653 – 1716) degli inizi del XVIII secolo, la statua appare già restaurata nella forma odierna ed è esposta nei giardini della Villa, mentre negli inventari del 1740 e del 1774  è registrata tra le opere della Galleria della tenuta romana dove fu probabilmente trasferita intorno agli anni ’30 in seguito proprio al restauro di questo ambiente. Nel 1778 la scultura si trova ancora a Roma, dove Francesco Carradori si occupò del restauro del braccio sinistro e del ripristino della patina . Successivamente, inserito nell’elenco delle opere da trasferire a Firenze, il Bacco giunse in città nel 1788 e nel 1794 venne sistemata a Boboli per volere dell’allora direttore Tommaso Puccini. Attualmente, questo Bacco è conservato nel deposito del Giardino.

Bibliografia

G.Capecchi, L’antico a Boboli. Da Pietro Leopoldo di Lorena all’Unità in L. M. Medri, Il Giardino di Boboli, pp. 174 – 185, Cinisello Balsamo - Firenze, 2003; A. Cecchi, C. Gasparri, La Villa Médicis. Le collezioni del Cardinale Ferdinando: i dipinti e le sculture 4, pp. 53 – 55 cat. 39; pp. 1 – 4; p. 432, Roma 2009; E. Polito, Un Bacco da Roma a Firenze: Winckelmann e le oscillazioni del gusto in "Un'anima grande e posata" Studi in memoria di Vincenzo Saladino offerti dai suoi allievi, a cura di E. Bazzecchi, C. Parigi, pp. 221 – 235, Scienze e Lettere, Roma, 2018

Testo di
Ambra Famiglietti
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