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Doppia coppa

Orafo fiorentino

Data
XV secolo (montatura seconda metà del XV secolo)
Tecnica
Diaspro verde; argento sbalzato, cesellato, inciso e dorato a fuoco; smalti
Dimensioni
30,5 cm (altezza)
Inventario
Gemme 1921 n. 800
Iscrizioni

·LAV·R·MED· (sulla coppa inferiore)

Il corpo del vaso è costituito da due coppe di diaspro: quella inferiore, di qualità molto alta, è di diaspro lucido verde scuro e marrone con riflessi dorati; quella superiore è percorsa da venature bianche, grigie e rosse. L’opera presenta un piede circolare, scandito da una elegante baccellatura che suddivide la superficie in nove spicchi ornati dall’insegna araldica della palla medicea e dall’emblema dell’anello con la punta di diamante; simili motivi sono riprodotti anche sul fusto e sul nodo, dalla forma schiacciata. Una fascia in argento con cornice baccellata nasconde l’orlo delle coppe. Il finale, anch’esso in argento, termina con l’emblema dell’anello con la punta di diamante che racchiude una sfera decorata dalle palle dell’arme Medici, originariamente smaltate di rosso e di azzurro.

Molto complessa si presenta la vicenda attributiva delle parti in diaspro del vaso, in passato ritenute antiche e oggi ricondotte, insieme alla montatura, a bottega fiorentina del XV secolo. Più precisamente, le parti in argento furono realizzate sicuramente dopo il 1465, in quanto sulla sfera del finale è riproposta più volte la palla azzurra con tre fiordalisi d’oro, figura araldica che fu aggiunta allo stemma Medici proprio in quell’anno per concessione del re Luigi XI di Francia a Piero de’ Medici e ai suoi eredi e successori.

La splendida Doppia coppa non è riconoscibile tra gli esemplari in diaspro descritti in modo sommario negli inventari medicei del XV secolo. Ciò nonostante, la presenza della sigla “·LAV·R·MED·” sulla coppa inferiore attesta che l’opera fece parte della collezione di Lorenzo il Magnifico, custodita nel palazzo di famiglia fino alla cacciata dei Medici da Firenze nel 1494, quando molti dei beni laurenziani furono dispersi. Come altri vasi in pietre dure del tesoro mediceo, anche questo fu riportato nella città toscana dal pontefice Clemente VII (al secolo Giulio de’ Medici, figlio naturale di Giuliano), il quale lo fece trasformare in una teca-reliquiario e lo donò nel 1532 alla basilica di San Lorenzo. Nella chiesa fiorentina esso rimase custodito nella Tribuna delle Reliquie eretta da Michelangelo fino al 1785, quando il granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo-Lorena ne ottenne il trasferimento presso il Gabinetto delle Gemme della Galleria degli Uffizi.

Testo di
Maria Sframeli
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