Ecce Homo
Lodovico Cardi, detto il Cigoli (Cigoli, San Miniato 1559 - Roma 1613)
Il dipinto, forse il più noto di Ludovico Cigoli e considerato uno dei suoi capolavori, fu commissionato dal nobiluomo romano Massimo Massimi. La biografia del Cigoli, redatta dal nipote nel 1628, tramanda la notizia – un vero e proprio topos – della competizione promossa da Massimi che avrebbe messo a gara tre pittori, Caravaggio, Domenico Passignano e il Cigoli, chiamandoli a misurarsi su una tematica cristologica. Il Cigoli superò i suoi avversari con questo dipinto, in cui la preziosità della materia pittorica, dei damaschi, dei rasi e dei velluti, i ricercati effetti cromatici alla veneziana, si fondono con l’intenso naturalismo dei volti, ritratti dal vero. L'illusionismo prospettico creato dal parapetto marmoreo in primo piano imprime invece una forte teatralità alla scena, frutto dello scambio continuo tra pittura e scenografia nella Firenze del '600. La fama del dipinto è anche legata a questa storia, alla grande risonanza che l’opera ebbe come termine di confronto con il realismo caravaggesco, tanto nel contesto artistico romano che fiorentino. Già prima del 1630 l'opera era registrata nella collezione fiorentina di don Lorenzo de' Medici, per passare di lì a poco (1638 c.) nella raccolta del Granduca di Toscana Ferdinando II de' Medici. Da allora, salvo una breve parentesi spagnola e la temporanea alienazione a seguito delle requisizioni napoleoniche (1799-1815), la tela è rimasta sempre a Palazzo Pitti.