Natura morta dello sgabello
Fillide Giorgi Levasti (Firenze 1883-1966)
in basso a destra, “F. Giorgi - / LEVASTI 1918”
Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze con Giovanni Fattori e con Augusto Rivalta, la pittrice Fillide Giorgi si avvicina all’ambiente della rivista la “Voce” e stringe un forte legame con il pittore Giovanni Costetti. Probabilmente proprio per influenza di quest’ultimo, si orienta verso l’arte germanica e compie, tra 1906 e 1910, frequenti viaggi a Monaco, a Ginevra, a Lipsia dove può assorbire la particolare ricerca sull’uso del colore, maturata in ambito post impressionista e secessionista. Sposatasi nel 1914 con il filosofo di origini ebraiche Arrigo Levasti, continua a dipingere e a frequentare assiduamente artisti, musicisti, scrittori del mondo culturale e politico fiorentino: ma il risoluto antifascismo suo e del marito contribuiscono a emarginarla dai circuiti ufficiali della cultura italiana e a precluderle il successo meritato.
Nel corso degli anni Dieci, il soggetto prediletto è la natura morta, impostata su una solidità formale memore della lezione di Fattori ma assai vicina, nell’uso squillante e schietto del colore e nella resa sintetica dei volumi, al cezannismo di certa pittura toscana di questo periodo, esemplare nella ricerca del contemporaneo Oscar Ghiglia, cui certamente l’artista deve aver guardato. Così in questo dipinto, che guarda alla pittura post macchiaiola di Ghiglia pure nella raffinata scelta delle maioliche di elegante gusto liberty, oggetti quotidiani sono enfatizzati nelle loro componenti tridimensionali grazie a un uso calibrato della luce e del colore. La vista di scorcio dal basso rafforza sia il forte senso plastico che la tenuta della composizione, calibrata e armonica, come una fuga musicale (S. Ragionieri, 1999). Non a caso, il dipinto era in collezione del compositore e pianista Luigi Dallapiccola ed è stato donato alla Galleria d’arte moderna dalla figlia Annalibera nel 1996.