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Gruppo di Pan ed Ermafrodito

Arte romana

Data
II sec. d.C
Collezione
Scultura
Tecnica
Marmo microcristallino (corpo dell’Ermafrodito), marmo mediocristallino (testa dell’Ermafrodito), marmo lunense (restauri moderni)
Dimensioni
h. 77 cm
Inventario
1914 n. 309

Il gruppo scultoreo composto dal satiro Pan e dall’Ermafrodito è un’opera appartenente alla collezione del Cardinal Leopoldo de’ Medici (1617 – 1675).

L’aspetto odierno che il gruppo assume è il prodotto di un ampio restauro di epoca moderna: l’unica parte originale è infatti quella corrispondente al torso dell’Ermafrodito, al panneggio che ne ricopre le gambe e a parte della roccia su cui è seduto; il satiro, invece, è stato quasi integralmente ricostruito. A proposito di quest’ultimo, un gusto squisitamente barocco è riscontrabile nella lavorazione della testa, in particolar modo nella capigliatura traforata dal trapano in grosse ciocche chiaroscurate e nel volto antinaturalistico e caratterizzato da un maligno sorriso sdentato. Bisogna tuttavia dire che è probabile che l’impostazione attuale di Pan non si discosti molto dall’originale: grazie a pochi ma fondamentali resti antichi, quali la mano e la porzione di avambraccio portati dietro la schiena dell’Ermafrodito e la parte inferiore della zampa destra, è stato infatti possibile fornire una ricostruzione verosimile. L’opera rappresenterebbe dunque l’Ermafrodito che, volgendosi con decisione e alzando la mano sinistra – priva del pollice, oggi perduto -, cerca di allontanare l’invadente ammiratore.

L’iconografia dell’Ermafrodito sembra essere una rielaborazione di un tipo statuario della metà del II secolo a.C. di figura femminile seduta su una roccia, caratterizzato da una torsione del busto e dall’impostazione incrociata delle gambe e che in età imperiale è spesso utilizzato per la rappresentazioni di ninfe la cui parte superiore del corpo è scoperta: un esempio di questo tipo di raffigurazione è presente proprio nella Galleria ed è la Nereide sul cavallo marino (inv. Sculture 1914 n. 208), a sua volta ricollegata a una Ninfa seduta conservata al Museo Nazionale Romano. Fatta dunque questa considerazione e analizzato l’uso del trapano e dei chiaroscuri, quest’opera è con molta probabilità di età antonina (138 – 161 d.C.), sebbene la resa delle pieghe del panneggio facciano piuttosto orientare per l’epoca adrianea (117 – 138 d.C.). In ogni caso, a rafforzare l’ipotesi di una cronologia imperiale vi è la presenza dei motivi a valenza erotica del flauto di Pan e della lotta delle lucertole, collocate sul bastone in prossimità del tronco che funge da appoggio per il dio dei boschi: pur essendo questo un elemento decorativo di epoca tardo-ellenistica (II – I secolo a.C.), esso ebbe ampia diffusione nel mondo romano di età imperiale tanto negli spazi pubblici quanto in quelli privati-

Sempre per quanto riguarda i restauri, la base su cui poggiano i due personaggi è moderna e tracce di rifacimenti post-antichi sono visibili sulla parte finale della zampa destra del satiro e sul pene dell’Ermafrodito; allo stesso modo, la testa dell’Ermafrodito – che riprende i modelli delle teste di Afrodite di tradizione prassitelica (nello specifico il grande fiocco che raccoglie i capelli sulla sommità della testa permette un’associazione con la testa del tipo dell’Afrodite Capitolina; Katalog der antiken Bildwerke 2011, 430 – 432, n. 85) - è antica ma non pertinente. Tutto ciò è ben constatabile analizzando i differenti tipi di marmo impiegati e dal fatto che la superficie antica sia molto consunta, in particolare sul volto dell’Ermafrodito.

Quest’opera, di buona fattura, presenta delle analogie con il gruppo dallo stesso soggetto conservato al Vaticano: entrambe le sculture sono infatti un pastiche, ossia il risultato della commistione di diversi tipi statuari e modelli. Questa scultura entrò in Galleria solo nel 1771, provenendo dalla Guardaroba di Palazzo Pitti

Esplora risorse

Modello 3D realizzato in collaborazione con Indiana University, Politecnico di Milano e Università di Firenze

http://www.digitalsculpture.org/florence/main/model/7291bcf3069b4b8489711ba629008484

 

Bibliografia
  1. G.Capecchi, La collezione di antichità del Cardinale Leopoldo dei Medici. I marmi, p. 131, in “Atti e memorie dell’accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria”, XLIV, n. s. XXX, pp. 125 – 145, 1979; A. Cecchi, C. Gasparri, La Villa Médicis. Volume 4. Le collezioni del Cardinale Ferdinando. I dipinti e le sculture, p. 292, n. 516, Roma, 2009; M. Cadario, L’immagine di Ermafrodito tra letteratura ed iconografia, p. 237, in Il gran poema delle passioni e delle meraviglie. Ovidio e il repertorio letterario e figurativo tra antico e passione per l’antico, atti del convegno (Padova, 15 – 17 settembre 2011), pp. 235 - 246, 2012b; A. Muscillo, Catalogo I. Leopoldo de’ Medici, n. 33, pp. 296 – 297 in V. Conticelli, R. Gennaioli, M. Sframeli (a cura di), Leopoldo de’ Medici. Principe dei collezionisti, catalogo della mostra, Sillabe, Livorno, 2017
Testo di
Ambra Famiglietti
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