Ila e le ninfe
Francesco Furini (Firenze 1603-1646)
L'opera, unanimemente considerata dalla critica il capolavoro della prima maturità del fiorentino Francesco Furini, raffigura un episodio davvero raro nell’iconografia della pittura del Seicento che prende spunto dalle “Argonautiche” di Apollonio Rodio. Ila è il giovanissimo scudiero di Ercole al seguito della spedizione degli Argonauti verso la Colchide per la conquista del vello d'oro. La sua avventura però si conclude molto prima di raggiungere la meta perché, fermatosi a riempire una brocca d’acqua nei pressi di una sorgente, viene rapito dalle ninfe e scompare tra le acque. Furini raffigura con maestria compositiva, nel sensuale intreccio di corpi che sembrano torcersi a ritmo di danza, l'attimo in cui due ninfe cingono voluttuosamente il collo del giovane per trascinarlo nei flutti, mentre il gruppo di ninfe a destra mostra espressioni di delusione. La suggestiva ambientazione notturna, sotto un minaccioso cielo color lapislazzuli, e il sapiente gioco delle luci, che torniscono i sinuosi corpi nudi e esaltano il rosso della veste di Ila e della piuma di cigno del suo cappello, accentuano la drammaticità della scena. La grande tela, commissionata da un altro fiorentino, il facoltoso banchiere Agnolo Galli, rappresentò una svolta nella carriera di Furini, per l'equilibrata sintesi tra bellezza ideale e bellezza naturale come ricorda il biografo Filippo Baldinucci che così la descrive nel suo Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua: “troppo bello e troppo vero riuscì un quadro da sala per Agnolo Galli, ove egli rappresentò il giovanetto Ila e il bagno delle Ninfe tutte, quanto il naturale, in varie attitudini”. A seguito di complesse vicende collezionistiche il dipinto fu acquistato dallo stato italiano all’inizio del secolo (1910) e giunse in Galleria Palatina nel 1928.