Allegoria della Fortuna
Jacopo Ligozzi (Verona 1547 – Firenze 1627)
La tavoletta, in origine lo sportello di un mobile o il retro di uno specchio, raffigura la dea Fortuna corredata di tutti i suoi attributi. La dea è rappresentata in equilibrio su un globo terrestre, simbolo dell’instabilità che la caratterizza. Le ali rosse al piede sinistro indicano la sua fuggevolezza. Alla sua destra cadono una corona con uno scettro, un calamaio, due libri e un regolo, tutti simboli di poteri e mestieri terreni soggetti alla volubilità della dea. Le monete che scivolano nel vaso da un borsellino e ne escono trasformate in farfalle rappresentano la fugacità della ricchezza. Una figura alata, possibile raffigurazione del Tempo o della Morte, porge alla Fortuna un vassoio con una clessidra e dei fiori, memento del tempo che scorre e della transitorietà delle cose terrene.
Il fragile vaso di vetro che la dea sorregge sul fianco destro potrebbe essere un omaggio all’interesse che il granduca Francesco I aveva per questo genere di manufatti. Ricordiamo a tal proposito che la fusione del vetro, che lo stesso Francesco praticava per diletto, era legata agli studi alchemici, di cui il granduca era un appassionato conoscitore. Inoltre Ligozzi, al tempo pittore di corte, era tra gli artisti incaricati di fornire modelli per vetri nelle più varie forme, da realizzare nelle fonderie medicee. Tra i molti disegni di questo tipo eseguiti dall’artista e conservati al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, ve n’è uno che ricorda da vicino il vaso dipinto nel quadretto. Questo particolare contribuisce ad avvalorare l’ipotesi che l’opera sia di mano dell’artista, attribuzione in passato messa in discussione dalla critica.
Il dettaglio delle farfalle, dipinte con attenta aderenza al vero, ci ricorda che la specialità del Ligozzi erano le illustrazioni botaniche e zoologiche che egli produsse in gran numero sia per il granduca che per lo studioso e naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi. La raffinatezza tecnica dell’artista gli valse il favore di Francesco I: il granduca lo nominò responsabile della decorazione pittorica della Tribuna degli Uffizi, oggi in parte perduta, che constava di una fantasiosa e variegata composizione di naturalia.