Natura morta
Mino Maccari (Siena 1898 - Roma 1989)
La tela, datata 1926, documenta un temporaneo avvicinamento di Mino Maccari all’amico Ardengo Soffici e a quelle ricerche intorno alla forma che avevano segnato il primo dopoguerra dopo le “intemperanze” della stagione futurista. Il dipinto appare quasi un omaggio a Mele e calice di vino e Pere e bicchiere di vino, gli “ovalini” (così chiamati per via della sagoma), risalenti rispettivamente al 1919 e al 1920, nei quali Soffici torna a meditare su Cézanne non più come padre dell’avanguardia ma come modello di un realismo ancorato alla natura in una linea di tradizione che dai Macchiaioli risaliva indietro fino a Masaccio. Una visione che univa alla ricerca del vero e del semplice, un’aperta disposizione verso l’uomo comune e la massa, rimasti spesso estranei alle poetiche elitarie che avevano segnato il trapasso del secolo. Questa nuova sensibilità segna nel 1924 anche la nascita della rivista “Il Selvaggio” di cui Maccari fu il principale animatore fino al 1943, attraverso un’intensa produzione di disegni e incisioni, spesso a carattere satirico, in una perfetta aderenza tra immagine e testo. La vicinanza della tela ai modi di Soffici si inquadra peraltro nel giro di eventi risalenti al 1926 quando Maccari, a seguito del trasferimento della redazione de “Il Selvaggio” a Firenze, imprime alla rivista una svolta “strapaesana” che, sotto l’egida dell’amico, contempla l’esaltazione delle tradizioni e dei costumi della provincia rurale italiana. L’artista non rinuncia tuttavia ad affermare se stesso e nella visione silenziosa e preziosa del primo piano fa irrompere la scritta stampigliata “19 / ITALY” a ricordare, probabilmente con intento canzonatorio, i trascorsi futuristi (ora rinnegati) di molti degli alfieri del classicismo novecentesco.
L’opera venne acquistata per le collezioni della Galleria d’Arte Moderna nel 1961, proveniente da Corrado del Conte, proprietario della Galleria Il Fiore, storico spazio espositivo di via della Pergola che a cavallo del secondo conflitto costituiva un centro di aggiornamento per la città, esponendo le giovani promesse accanto ai maestri dell’arte moderna. La scelta della Commissione di acquisizione denotava la volontà di documentare la poliedrica personalità dell’artista anche al di là delle formulazioni di stampo espressionista fortemente caricaturali che contraddistinguono maggiormente la sua produzione.