Madonna con Bambino in trono e i santi Pietro, Bernardo, Agostino e Ranieri, detta Madonna del Baldacchino
Raffaello (Urbino 1483 – Roma 1520)
L’esecuzione di questa pala, l’unica di grandi dimensioni e di destinazione pubblica che sia ad oggi nota del periodo fiorentino di Raffaello, è stata collegata ad alcuni documenti del 1506 che ricordano la commissione di una cappella patrocinata dalla famiglia Dei nella chiesa di Santo Spirito, a una lettera del 1508 in cui Raffaello afferma di stare dipingendo una tavola d’altare e alla testimonianza di Giorgio Vasari nella biografia dedicata all’Urbinate. Convocato dal papa Giulio II a Roma per dipingere negli appartamenti, Raffaello non portò a termine il lavoro, e più tardi nella cappella Dei fu posta la Sacra Conversazione di Rosso Fiorentino, oggi esposta nella Sala dell’Iliade. Dopo la morte di Raffaello la Madonna del Baldacchino fu acquistata da Baldassarre Turini, datario apostolico (cioè una sorta di ministro dell’economia, che si occupava dei proventi di benefici ecclesiastici ed altre tasse), che la destinò alla cappella della sua famiglia nel Duomo di Pescia. Qui rimase fino al 1697, anno nel quale fu comprata dal Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del granduca Cosimo III ed erede al trono granducale. La vendita scatenò violente reazioni da parte dei pesciatini, profondamente legati al culto della Vergine di Raffaello, tanto che fu necessario spostarla di notte per poterla trasportare a Firenze, sostituendola con una copia eseguita dal fiorentino Pier Dandini. Giunta a Palazzo Pitti, la pala fu appesa nell’appartamento di Ferdinando, nell’ala meridionale del primo piano (laddove oggi si estendono gli Appartamenti Reali e Imperiali) accanto al Salvator Mundi di Fra Bartolomeo, secondo un abbinamento rispettato anche più tardi, in epoca lorenese, allorché entrambe le tavole furono spostate nella Sala di Saturno dove si trovano a tutt’oggi. Per adattarla al contesto della collezione principesca e alla cornice lignea intagliata e dorata che ancora possiede, la pittura fu ampliata nella parte superiore dal pittore di corte Niccolò Cassana che aggiunse il coronamento del baldacchino a forma di cono e, sullo sfondo, la calotta a lacunari analoga a quella del Pantheon. L’originale composizione di Raffaello è incentrata sull’alto trono su cui siede Maria col Bambino, sormontato dal tendaggio sorretto da due angeli. Intorno alla madre e al figlio si raccolgono quattro santi, per ciascuno dei quali il pittore ha studiato un’espressione diversa. Fra loro si distingue in particolare Sant’Agostino, in primo piano a destra, perché, diversamente dagli altri, si rivolge direttamente allo spettatore indicando il sacro gruppo. Due angiolini, in basso al centro, srotolano un filatterio intonando canti di gloria. L’intera composizione spicca per l’armonia nella disposizione delle figure, per la straordinaria delicatezza dei sentimenti rappresentati nonché per la consapevole capacità di costruzione dello spazio, arioso e monumentale, ma al tempo stesso misuratissimo, che davvero dimostra quanto Raffaello fosse ormai pienamente padrone dei modelli appresi a Firenze, confrontandosi con il magistero di Fra Bartolomeo, di Leonardo e di Michelangelo. Sono qui già presenti alcune di quelle invenzioni, come gli angeli avvolti dal vento, che il pittore avrebbe poi sviluppato nelle opere romane degli anni successivi. Il restauro compiuto presso i laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure tra il 1987 e il 1991 ha stabilito che la pittura ha gradi diversi di avanzamento nell’esecuzione, ma in nessun punto è del tutto completa, confermando così l’antica testimonianza vasariana sul fatto che venne lasciata incompiuta dall’artista.
R. Spinelli in Il Gran Principe Ferdinando de' Medici (1663-1713). Collezionista e mecenate, catalogo della mostra (Firenze 26 giugno – 3 novembre 2013), a cura di R. Spinelli, Firenze, 2013, p. 268; S. Padovani in I dipinti della Galleria Palatina e degli Appartamenti Reali. Le Scuole dell’Italia Centrale 1450-1530, Firenze 2014, pp. 331-342