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Esculapio

Arte romana

Data
metà del II secolo d.C.
Collocazione
Galleria delle Statue
Tecnica
marmo greco a grana media (parte antica)
Dimensioni
cm. 201
Inventario
OdA 1911 n. 669

Le parti integrate modernamente (il braccio sinistro, con la porzione inferiore della figura a partire dal lembo della veste) si debbono a Francesco Franchi e Giovan Battista Foggini i quali, fra il 1711 e il 1715, restaurarono l’opera in vista della sua sistemazione nel terzo corridoio della Galleria degli Uffizi. Nel 1794, l’opera, immeritatamente giudicata di bassa qualità, fu allontanata dal complesso vasariano per essere sistemata nella Galleria di Palazzo Pitti, dove si trova tutt’ora. Il dio della salute Asclepio (Esculapio per i Romani) è raffigurato in un atteggiamento pensoso, con il braccio sinistro portato al mento, in uno schema spesso utilizzato dagli artisti anche per la raffigurazione di filosofi e poeti. La necessità di dare alla figura degli elementi di sostegno ha portato già in tempi antichi all'inserimento di due elementi: un bastone da passeggio, frequentemente presente nella raffigurazione del dio, e un omphalos in parte restaurato sul retro; questo è una pietra scolpita che imita quella un tempo collocata nel tempio di Apollo a Delfi, presenza qui tanto più significativa se si considera che Asclepio è, secondo il mito, figlio di Apollo. La statua, un’ottima replica della piena età antonina, riproduce uno dei capolavori dello scultore Nikeratos, attivo fra la fine del III secolo a.C. e gli inizi del II secolo a.C., il quale realizzò a Roma l’originale per il tempio della Concordia, all'estremità occidentale del Foro, ai piedi del colle Capitolino: non è un caso che tutte le repliche note di questo tipo di Asclepio provengano da Roma, a conferma della grande fama a livello locale che questo compiuto esempio di arte ellenistica conobbe sino alla fine dell’antichità. Stando alla notizia riportata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia, la figura di Asclepio doveva essere affiancata nel tempio da quella della figlia Igea, personificazione della salute stessa, riprodotta secondo un tipo iconografico anch’esso destinato ad una grande fortuna in Occidente: la dea era rappresentata nell'atto di nutrire un serpente che le si avvolgeva intorno alle spalle. Le due immagini formavano così una coppia di statue di culto il cui effetto visivo ci è testimoniato ancora in un dittico d’avorio degli inizi del V secolo d.C.

Bibliografia

V. Saladino in G. Capecchi, D. Heikamp, A. Fara,  V. Saladino, Palazzo Pitti. La reggia rivelata, Catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 7 dicembre 2003-31 maggio 2004), Firenze 2003, p. 577, n. 125

 

Testo di
Alessandro Muscillo
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