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Polittico di Ognissanti

Giovanni da Milano (1320 Caversaccio, Como - notizie fino al 1369)

Data
1360 circa
Collezione
Pittura
Collocazione
A6. Il Trecento a Firenze
Tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
Santa Caterina d’Alessandria e Santa Lucia; Padre Eterno e il Caos nei tondi superiori cm. 131,7 x 38,5 Santo Stefano e San Lorenzo; La separazione della luce dalle tenebre nei tondi superiori San Pietro e San Benedetto; La creazione degli Astri, del Giorno e della Notte nei tondi superiori cm. 131,7 x 38,4 San Giacomo Maggiore e San Gregorio; La creazione degli animali nei tondi superiori cm. 131,7 x 38,4 Nel gradino di base: Coro delle Vergini, cm. 50,8 x 38,6 Coro dei Martiri, cm. 51 x 38,2 Coro degli Apostoli, cm. 51 x 39,4 Coro dei Patriarchi, cm. 51,5 x 38,8 Coro dei Profeti, 51,2 x 38,7
Inventario
1890 n. 459

Questa serie di scomparti faceva parte di un grandissimo polittico che il pittore Giovanni da Milano, nativo di Caversaccio, nel comasco, ma documentato a Firenze già nel 1346, eseguì per l’altar maggiore della chiesa di Ognissanti intorno al 1360.

Nel 1568 Giorgio Vasari, che aveva visto l’opera nel coro della chiesa di Ognissanti, l’aveva menzionata con la corretta attribuzione all’artista lombardo, forse basandosi su un’iscrizione perduta. La struttura dell’insieme doveva essere molto imponente e possiamo farcene un’idea confrontandola con quella del polittico del Museo Civico di Prato, eseguito dallo stesso Giovanni da Milano in anni molto vicini a questo degli Uffizi: infatti, a parte una vasta lacuna sulla figura della Madonna dello scomparto centrale, l’opera pratese è giunta fino a noi con la carpenteria originale quasi integra.

Il polittico di Ognissanti aveva verosimilmente al centro l’Incoronazione della Vergine, riconosciuta dagli studiosi in quella oggi al Museo Nazionale di Belle Arti di Buenos Aires. Ai lati stavano le tavole ora agli Uffizi raffiguranti coppie di Santi che sfilano in piedi come in una processione, recando ciascuno gli attributi che li rendono riconoscibili. Le loro vesti, dai colori cangianti e armoniosi, sono finemente decorate. Degni di particolare nota sono la dalmatica di broccato a motivi vegetali di Santo Stefano, il manto di seta violacea profilato d’oro di San Giovanni Battista, il raffinato tessuto pervinca decorato con rosoni che avvolge San Gregorio. Gli incarnati delle figure sono estremamente naturalistici e, osservati da vicino, mostrano di esser stati realizzati con un insieme fittissimo di minuscoli tratti incrociati, in punta di pennello.

I cinque pezzi del gradino racchiudono, ciascuno entro un arco a tutto sesto, gruppi di figure più piccole riuniti in cori: sono Vergini, Martiri, Apostoli, Patriarchi, Profeti.

Da una descrizione seicentesca del padre Antonio Tognocchi di Terrinca (1691), possiamo essere certi della mancanza di un sesto scomparto a destra con altri due santi e, probabilmente, della Creazione di Adamo ed Eva nei tondi superiori, scena quest’ultima che si accorderebbe alle altre superstiti, tutte tratte dalla Genesi. Lo stesso documento ricorda altre due parti ora perdute, ovvero il Coro dei Confessori, sotto i Santi Giacomo Maggiore e Gregorio e quello degli Angeli sotto lo scomparto centrale.

Il polittico di Ognissanti in origine era dunque una macchina imponente, alta circa quattro metri e larga più di tre. Inoltre, esso rispondeva ad un programma teologico coerente con il titolo della chiesa, dedicata alla Vergine e a tutti i Santi – Ognissanti appunto – e, allo stesso tempo, rispondente alle esigenze della comunità religiosa che lo aveva commissionato, i frati umiliati che risiedevano nel convento fiorentino.

La tavola era posta sopra la mensa dell’altare maggiore: se si considera dunque la struttura architettonica delle chiese medievali, essa dominava il coro dei frati, tipicamente chiuso da un tramezzo che lo separava dalla navata, e quindi era destinata ad assolvere alle esigenze di culto dei religiosi.

Proprio le trasformazioni apportate nel corso dei secoli all’interno della chiesa, oltre che il mutare del gusto, comportarono prima lo spostamento e poi lo smembramento del polittico, con la conseguente dispersione di molte parti e una forte compromissione del suo stato di conservazione. Le Gallerie fiorentine lo fecero restaurare fra il 1858 e il 1860, e successivamente lo acquistarono per la somma di 4480 lire: dal 1863 le tavole sono esposte nel museo.

 

Testo di
Simona Pasquinucci
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