I santi Vincenzo, Giacomo minore e Eustachio
Antonio del Pollaiolo (Firenze 1431–Roma 1498) e Piero del Pollaiolo (Firenze 1441–Roma 1496)
ISCRIZIONI: S. VINCENTIUS; S. IACOBUS AP; S. EUSTACIUS (nella cornice, in basso); VOBIS DATUM EST NOSSE MISTERIUM RENGNI DEI (nella cornice, in alto)
Davanti a un vasto paesaggio sono raffigurati tre santi, dei quali, in posizione preminente al centro in primo piano, è raffigurato l’apostolo Giacomo maggiore. Il bastone che reca e il cappello ai suoi piedi, ornato da una conchiglia, sono attributi dei pellegrini che si recavano a Santiago di Compostela, in Galizia, per visitare le reliquie dell’apostolo.
A sinistra è raffigurato il diacono Vincenzo, con il libro delle sacre scritture e la palma del martirio, le cui spoglie rimangono nella capitale portoghese Lisbona, di cui è patrono. Chiude la composizione il martire Eustachio, connotato come un raffinato uomo d’arme, con la spada legata al fianco, in riferimento alla tradizione secondo la quale, prima di convertirsi al cristianesimo, sarebbe stato un valoroso condottiero romano. Nella cornice, in basso, i nomi dei santi identificano ciascun personaggio, mentre in alto è trascritto un passo del Vangelo di Marco 4, 11 “A voi è dato conoscere il mistero del regno di Dio”. L’iscrizione è interrotta da un tondo di ottone inserito in una ghirlanda, sul quale è riprodotto lo stemma del cardinale Giacomo di Lusitania, membro della famiglia reale portoghese e vescovo di Lisbona. Cardinale diacono della chiesa di Sant’Eustachio a Roma, morì a Firenze nel 1459, all’età di venticinque anni, mentre era in viaggio verso Mantova. Per la sua sepoltura, venne edificata e decorata una cappella nella chiesa fiorentina di San Miniato al Monte, a cui lavorarono alcuni dei maggiori artisti del tempo che insieme realizzarono un vero e proprio scrigno rinascimentale, ancora oggi conservato. La pala dell’altare venne commissionata ai fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo che, pur ambientando la sacra rappresentazione in un paesaggio, posero le figure su una sorta di balconata con pavimento in marmi pregiati e una balaustra composta da colonne alternate a grate metalliche, riproducendo la ricchezza e la varietà dei materiali impiegati per la decorazione della cappella. L’immagine esprime opulenza, la luce accarezza le vesti preziose di seta e velluto, pietre preziose e gioielli arricchiscono gli abiti, incluso il cappello da pellegrino dell’apostolo Giacomo, il cui bastone ha l’aspetto di una preziosa oreficeria. La resa di questi dettagli è minuziosa e frutto dell’influenza della pittura fiamminga, a cui rimanda anche la veduta in lontananza del paesaggio e alcuni aspetti tecnici, come la scelta della pittura ad olio e l’impiego del legno di quercia per la costruzione del supporto.
La tavola dipinta è completata dalla splendida cornice lignea intagliata e dorata, opera di Giuliano da Maiano (Maiano, Firenze 1432–Napoli 1490). Per ragioni conservative, la pala d’altare fu rimossa dalla chiesa di San Miniato e portata agli Uffizi nel 1800.
A. Wright, The Pollaiolo brothers. The arts of Florence and Rome, New Haven 2005, pp. 192-204;A. Galli, I Pollaiolo, Milano 2005, pp. 22-23; A. Tartuferi in La stanza dei Pollaiolo. I restauri, una mostra, un nuovo ordinamento, a cura di A. Natali e A. Tartuferi, Firenze 2007, pp. 92-97