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Ritratto di Antinoo come Genius Frugiferus

Arte romana

Data
Prima metà II sec. d.C.
Collezione
Scultura
Collocazione
A23. Corridoio di mezzogiorno
Tecnica
Marmo microcristallino
Dimensioni
h. 48 cm; h. della parte antica 31 cm
Inventario
1914  n. 364

Questo busto è ricordato per la prima volta negli inventari del 1753, anche se doveva essere già presente da tempo nelle Gallerie, ma le vicende relative alla sua entrata nelle collezioni medicee sono ancora da indagare. Nel XVIII secolo sappiamo che l’opera era collocata nella Sala o Ricetto delle Iscrizioni, nella quale rimase fino allo smantellamento del 1930; in seguito, fu trasferita nei depositi dove rimase fino al 1973, quando fu esposta nel Corridoio Vasariano.

Se nel 1825 la scultura è ancora registrata come “ritratto di incognito”, nonostante la corretta identificazione già presente nel “Ristretto” di Giuseppe Bencivenni Pelli del 1783, attualmente - malgrado i restauri - gli studiosi concordano sull’identificazione con Antinoo, il giovane amato dall’imperatore Adriano. Questa rappresentazione idealizzata deriva forse da un prototipo commissionato dall’imperatore dopo la tragica morte di Antinoo, che si sarebbe lasciato annegare nel Nilo per salvare il Principe, come rivelato da un oracolo.

L’integrazione moderna più consistente riguarda il tassello che, nella parte mediana del volto, va dalla radice del naso al mento compresi, allargandosi lateralmente a comprendere i muscoli naso-labiali e l’orbicolare della bocca. Frutto di un restauro sono anche il collo, la parte centrale della corona e alcune piccole ciocche al di sotto dei fiori. La superficie presenta delle scheggiature e i segni di una pesante levigatura.

La testa è leggermente inclinata a sinistra e piegata in avanti e la fronte è quasi completamente coperta dalla folta capigliatura. Le sopracciglia, a rilievo e sottolineate da un minuto graffito, si dispongono quasi orizzontali ma leggermente sollevate verso l’alto. Gli occhi piccoli e sporgenti, con l’iride incisa, si caratterizzano per le palpebre allungate e sottili. Il naso, largo e dritto, sovrasta la bocca carnosa e il mento arrotondato. Il viso è segnato da un’espressione malinconica che allude al tragico destino del giovane. I capelli formano una massa compatta che quasi annulla la volumetria della testa e incornicia il volto; inoltre, essi sono resi a larghe ciocche ondulate e appiattite dalle estremità ricurve, che mostrano un largo utilizzo del trapano che restituisce un effetto quasi metallico di intenso chiaroscuro. Nella parte posteriore della testa i cappelli, già in origine lavorati in maniera più sommaria, mostrano numerose lacune e tracce di un intervento di epoca moderna. La corona che abbellisce la chioma è legata da una benda, un’estremità della quale ricade sul collo del giovane ed è ancora conservata sul lato destro.

Si noti il peduccio, non pertinente, messo in opera alla fine degli anni ’50 del Novecento in bardiglio nuvolato e recante l’iscrizione FAUSTINA SEN.

Seppur i restauri siano stati assai invasivi, il favorito di Adriano è riconoscibile soprattutto per i capelli resi da grandi ciocche mosse, qui decorati con una corona di fiori e spighe di grano, un dettaglio che distingue questo pezzo dalle altre repliche. La capigliatura, oltre a consentire di datare la testa agli ultimi anni del regno di Adriano (117 – 138 d.C.), consente di includere questo marmo tra gli esemplari della variante A dell’Haupttypus di Antinoo in ragione della piccola ciocca al di sopra del sopracciglio sinistro che è orientata in direzione opposta alle altre. Per di più, la chioma permette di mettere questa scultura in rapporto con un altro ritratto di Antinoo conservato agli Uffizi (inv. 1914, n. 327); al contrario il taglio delle sopracciglia e le forme del viso, più sfinate e allungate, ricordano il tipo dei Capitolini.

La particolare corona di spighe e fiori ha un parallelo nel bassorilievo di Villa Albani e ha indotto Mansuelli e Clairmont a considerare questa testa come una raffigurazione di Antinoo come Trittolemo, personaggio mitologico legato alla dea Demetra e all’agricoltura, in ragione anche del fatto che il giovane fu iniziato ai misteri eleusini e del ritrovamento di un’iscrizione in cui, dopo essere stato divinizzato, egli è definito Frugiferus, ossia ‘fruttifero’. Riconoscendo nella corona delle spighe, dei papaveri e dei fiori di melograno, Meyer ha invece avanzato l’ipotesi dell’assimilazione di Antinoo a un Genio stagionale personificazione dell’estate.

Bibliografia

G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi. Le sculture, vol. 2, p. 91, n. 99 con bibliografia precedente, 1961; C. Caneva, Il Corridoio vasariano agli Uffizi, p. 276 - 277, 2002; A. Galimberti, Adriano e Antinoo nelle fonti storiche, pp. 19 – 25, in Antinoo, pp. 15 – 29, 2012; Volti Svelati. Antico e passione per l’antico, pp. 90 – 91, n. II.19, catalogo della mostra (Firenze, Reali Poste, 15 dicembre 2011 – 29 gennaio 2012) a cura di V. Conticelli, F. Paolucci, Livorno, 2011

Testo di
Ambra Famiglietti
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