Ritratto femminile d’ignota (cd. Giulia figlia di Tito)
Arte romana
La scultura raffigura una dama privata, identificata dall’iscrizione sul peduccio come Iulia Titi, cioè Giulia figlia dell’imperatore Tito, il secondo dei flavi (79-81 d.C.). La fisionomia del volto si discosta però dal canone delle principesse flavie, mentre sembra più vicina a certi ritratti di Antinoo, il favorito del principe Adriano. La capigliatura è costituita da un basso toupet di riccioli di forma semicircolare che incornicia la fronte, mentre sul retro si sviluppa una crocchia, in parte di restauro, composta da ciocche ondulate. Quest’ultimo particolare trova confronto con l’acconciatura detta a turbante o a ciambella, datata tra il 128 e il 139 d.C., ricorrente nei ritratti di Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano, ma già nota nelle raffigurazioni monetali di Matidia Maggiore, madre di Sabina, e di sua nonna Marciana, sorella dell’imperatore Traiano, tra il 112 e il 120 d.C.
L’identificazione del ritratto con Giulia figlia di Tito è dovuta anche alla grande fama di questa matrona, fin dalla nascita al centro della propaganda della casa flavia, elevata ad Augusta in vita e divinizzata dopo la morte dallo zio Domiziano. Trattata dalla storiografia come modello negativo, soprattutto per le accuse di incesto con il fratello minore del padre, il principe Domiziano, Giulia scontò in tal modo il ruolo di figura simbolo della dinastia flavia.
Incerta è la provenienza del marmo, sebbene sia stato ipotizzato un acquisto nel 1581 da parte del cardinale Ferdinando de’ Medici. La presenza della scultura in collezione è accertata a partire dal 1753, ma è probabile che facesse parte di quel gruppo di marmi collocati nel Ricetto delle Iscrizioni sin dalla sua inaugurazione agli inizi del XVIII secolo.