Sala dei “Pappagalli”
A partire dai Lorena l’ambiente, in ragione della sua posizione, ha costituito lo snodo tra gli appartamenti privati affacciati sul cortile interno di palazzo Pitti, detto della Dispensa, riservati ai granduchi e poi al re, e quelli prospicienti la piazza, destinati prima alle granduchesse lorenesi, in periodo napoleonico a Maria Luisa di Borbone e a Elisa Baciocchi e infine alla regina.
Il nome è stato coniato con arguzia fiorentina e si riferisce ironicamente al motivo araldico delle aquile imperiali che ricorre nel parato murale francese del 1810 circa, portato a Firenze da Ferdinando III di Lorena nel 1814, all’epoca della Restaurazione. Pur legato quindi alla stagione del Bonaparte, ormai sconfitto ed esiliato, si continuò in seguito ad apprezzare la qualità del parato tanto da reimpiegarlo, senza più riferimento iconografico all’Impero. Con lo stesso spirito e disinvoltura venne modificato l’orologio della stessa stanza, disegnato nel 1812 da Pierre Philippe Thomire, che vide la sostituzione del busto di Napoleone con quello di Ferdinando III, corredato dall’immagine simbolica della Toscana lorenese.
Tra i dipinti di maggiore interesse della sala troviamo il piccolo dipinto eseguito da Jan Frans Van Douven nel 1695 raffigurante Anna Maria Luisa, l’ultima Medici, che danza in costume spagnolo con il marito l’Elettore Palatino. A fianco, il quadro di Martin van Meytens , mostra invece l’immagine della famiglia dei nuovi granduchi, Francesco I d’Austria e Pietro Leopoldo di Lorena, ribadendo l’alternanza delle fortune e il fluire ineluttabile della sorti del potere.
Non si può inoltre non citare la Fiera dell’Impruneta di Filippo Napoletano del 1619 circa, che rappresenta uno dei momenti di vita e festa del contado, e la placca in porcellana di Sèvres di Abraham Constantin, versione smaltata di una Allegoria della poesia di Carlo Dolci ed esempio di un genere di copie di celebri dipinti, souvenirs di lusso per viaggiatori facoltosi, divenuto di moda nell’Ottocento.