Sarcofago con Eroti atleti
Il sarcofago, destinato ad accogliere una sepoltura infantile, è databile tra il 140 e il 150 d.C. e presenta una decorazione a fregio continuo sulla fronte e i lati brevi. La raffigurazione vede come soggetto una serie di Eroti impegnati in attività ginniche: sulla fronte si contano undici amorini suddivisi in tre scene distinte legate a giochi di lotta (scena di vittoria al centro e combattimenti in presenza di arbitro ai lati); sul lato corto sinistro due Eroti assistenti ne preparano un terzo alla lotta, prendendo un unguento (ceroma) da un vaso e cospargendolo sul corpo di questi; sul lato destro della cassa vi è invece raffigurata una scena di corsa.
Le figure sono organizzate in gruppi isolati, con masse vigorose, ma una resa morbida del modellato.
Gli Eroti, spesso raffigurati nella forma di fanciulli alati, diventano motivo costante dell’arte ellenistica, ma appaiono spesso anche nell’arte romana in forma appunto di Erotes, Cupido o di Amorini, e si trovano in numerosissimi sarcofagi e rilievi impegnati in una serie di attività: nelle composizioni di corse nel circo o nelle scene di vita campestre dove sono intenti a vendemmiare, a mietere o a raccogliere frutti; vi sono anche Eroti cacciatori, Eroti musici, Eroti cavalcanti delfini, o Eroti associati ad altre figure o a comporre scene continue che ornano la fronte dei sarcofagi. , Spesso, come in questo caso, gli Eroti vengono raffigurati in scene di palestra o intenti a giocare o a lottare. «Le innumerevoli figurazioni ellenistiche e romane di eroti o amorini (Eros viene chiamato a Roma Amor o Cupido) sono spesso simboli della vicenda del neofita durante l’iniziazione o dell’anima nell’aldilà, vicenda che si collega la favola di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nelle Metamorfosi.» (Antichità classica vol. I, Milano, 2005, p. 518).
Come per il Sarcofago con putti in scene atletiche che si trova a Parigi (Musée du Louvre inv. 329), probabilmente anche in questo caso non si tratta di una rappresentazione dell’oltretomba dove il defunto continua i suoi giochi preferiti, ma piuttosto di una metafora della vita umana: l’esercizio ginnico prepara alla beatitudine finale, in una sorta di eroizzazione del defunto analoga a quella realizzata per mezzo della cultura, e che si esprime nei sarcofagi con la rappresentazione di Filosofi o di Muse. Probabilmente anche in questo caso quindi, vi è sottesa una concezione filosofica che equipara l’educazione atletica a quella intellettuale, e che considera l’attività ginnica, con tutte le sue vittorie o cadute, uno specchio della vita.
Ben conservata è la decorazione a rilievo del sarcofago. Il fondo della cassa è moderno, mentre la presenza di un foro sul lato posteriore ne indica un probabile riutilizzo come vasca di fontana.
Tema e misure del manufatto fanno pensare che possa essere identificato con un’opera che in passato ha fatto parte della collezione romana Capranica - Della Valle e, così come un altro sarcofago proveniente dalla stessa collezione (Sarcofago con trionfo di Bacco, Gallerie degli Uffizi, Inv. 1914, n. 152), acquistato dal cardinale Ferdinando de’ Medici nel 1584 e sistemato nello stesso anno nel giardino di Villa Medici sul Pincio. Da Roma il pezzo viene poi trasferito a Firenze prima del 1704, anno in cui compare nell’Inventario delle Antichità degli Uffizi. Collocato nella Sala delle Iscrizioni, viene successivamente spostato nel deposito sculture degli Uffizi, dove tuttora è conservato.