Tazza da brodo con piattino
Manifattura Ginori, Doccia
Tutte le manifatture europee hanno prodotto tazze di questo tipo fino almeno all’Ottocento. Esse avevano come caratteristiche comuni le notevoli dimensioni, un coperchio, e un piatto per contenere l’eventuale caduta del brodo. Appare evidente come il coperchio sia stato introdotto per mantenere calda la pietanza in quanto all’interno di queste tazze veniva servita una sorta di zuppa molto ricca, che doveva nutrire e riscaldare nell’arco della giornata, come avveniva nei paesi d’Oltralpe.
L’invenzione di questo genere di tazza trova fondamenti anche nella cultura italiana del Cinquecento quando il costoso dono del desco da parto, abilmente dipinto da artisti di fama e impiegato per portare nutrimento alla puerpera, venne sostituito con una tazza da ‘brodo ristretto’. È noto che la duchessa Eleonora di Toledo nel 1543 dopo la nascita di Don Giovanni abbia chiesto: “dua di quelle tazze mezzanotte di porcellana in le quali S. Ex.a suole mangiare le zuppe”. Le forme di queste tazze rappresentate in dipinti o illustrate da Cipriano Piccolpasso ne Li tre libri dell’arte del vasaio si sono evolute nel tempo, tuttavia mantenendo elementi ancora riscontrabili nei modelli prodotti fin dal Settecento dalle manifatture di porcellane europee.
L’esemplare qui presentato è stato realizzato nella Manifattura di Doccia fondata nel 1737 da un privato, il marchese Carlo Ginori. Questi, giunto a Vienna in rappresentanza del Senato fiorentino per omaggiare il nuovo granduca di Toscana Francesco Stefano di Lorena, rimase influenzato dalla visita compiuta alla Manifattura di porcellane di Claudius Innocentius Du Paquier fondata nel 1718, ma dal 1741 divenuta proprietà dell’Imperatore. Tornato in patria, in coincidenza con il declino della dinastia medicea, Ginori decise di dare avvio alla sua pionieristica impresa nella frazione di Doccia presso il Popolo di Colonnata nel Borgo Sesto (attuale comune di Sesto Fiorentino).
La nostra tazza rivela l’alto livello raggiunto dalla manifattura soprattutto nella rappresentazione scultorea dei fiori, che modellano il pomello del coperchio e le due anse e che incorniciano la raffinata decorazione pittorica proposta anche sul fondo della tazza. La sua storia collezionistica va ricercata nella committenza dei duchi Borbone di Parma, in quanto giunse a Palazzo Pitti solamente nel 1867 dal “Reale Palazzo di Piacenza” come rivelato dallo spoglio del Conservatore Generale Inventario dei Mobili di Palazzo Pitti.