Natura morta: tre uccelli morti
Willelm van Aelst (Delft 1626-27 – Amsterdam post 1683)SSilvia M
Il dipinto fu acquisito dal cardinale Giovan Carlo de’ Medici, il maggiore mecenate dell’artista olandese nel suo periodo italiano, fra il 1649 e il 1657, che conservava nelle sue residenze ben quindici dipinti di questo autore. Il quadretto passò poi nella raccolta di opere in piccolo che il Gran Principe Ferdinando aveva allestito in un camerino della villa di Poggio a Caiano.
La tela presenta, su un piano sbrecciato di pietra, i corpi di tre uccelletti, due fringuelli e uno zigolo, e appare ai nostri occhi più che un trofeo di caccia un silenzioso omaggio alla fragile esistenza di creature dell’aria la cui vita è stata inutilmente sacrificata. Nello spazio di una composizione di ridottissime dimensioni, il cui spazio maggiore è occupato da un opprimente fondo di nero assoluto, il pittore pone davanti ai nostri occhi l’abbandono e la morbida arrendevolezza dei tre corpicini in cui i vividi colori delle piume e delle penne son resi ancor più smaglianti dalla luce radente che efficacemente li illumina e li definisce.
Pur nelle sue misure minimali, il dipinto conferma quelle qualità di imitazione della natura che ispirarono nei contemporanei molta ammirazione e parole di stima quali quelle del romano Fabrizio Piermattei che così scriveva al cardinale Giovan Carlo de’ Medici: “…Et invero io ho ammirato il maneggio dei colori condotto con tanta morbidezza che par che vada del passo con la natura”.